Santa Messa 8-6-22
BEATO NICOLA DA GESTURI
È l’ultima figura francescana, in ordine di tempo e vissuta a Cagliari, a raggiungere la gloria degli altari, dopo s. Salvatore da Horta (1520-1567) frate Minore, taumaturgo e s. Ignazio da Laconi (1701-1781) cappuccino e questuante.
Nello stesso convento di Cagliari e con lo stesso compito della questua di s. Ignazio, visse santamente il cappuccino fra’ Nicola da Gesturi, beatificato il 3 ottobre 1999 da papa Giovanni Paolo II.
Il suo nome da laico era Giovanni Medda, nacque il 5 agosto 1882 a Gesturi (Cagliari) archidiocesi di Oristano, sesto dei sette figli di Giovanni Medda e Priama Cogoni Zedda, di umili condizioni sociali ma onesti e religiosi.
A quattro anni nel 1886, secondo le usanze del tempo, ricevette la Cresima; nella famiglia entrò ben presto il lutto e la miseria, Giovanni aveva appena cinque anni quando morì il padre e tredici anni quando morì la madre.
Il ragazzo allora venne affidato al suocero di sua sorella Rita, il benestante padrone lo tenne come servo, senza paga alcuna e ricevendo solo alloggio e sostentamento, Giovanni trascorreva le sue giornate tra il lavoro dei campi e il custodire il bestiame.
Morto il suo padrone, passò stabilmente in casa della sorella, sempre come servitore puntuale ed onesto; dopo le prime classi elementari iniziò la vita del contadino.
A 14 anni, il 18 dicembre 1896 Giovanni Medda ricevette la Prima Comunione e da allora prese a vivere tutto teso verso la virtù e la santificazione.
Anche dal cognato per il quale lavorava, non volle ricompensa in denaro, accontentandosi del poco vitto e dell’alloggio in un bugigattolo. La mortificazione in cui viveva fu lo stimolo ad aspirare alla vita sacerdotale, ma la povertà era un’ostacolo insormontabile.
Trascorsero così altri anni, lavorando e coltivando in sé la vocazione che avvertiva sempre più forte; Giovanni Medda aveva 29 anni quando nel marzo 1911, presentato da un’ottima relazione del parroco di Gesturi, entrò nel convento cappuccino di S. Antonio a Cagliari, come Terziario oblato.
Dopo due anni, il 30 ottobre 1913 vestì l’abito cappuccino prendendo il nome di fra’ Nicola; qualche mese dopo fu trasferito al convento di Sanluri, dove fece l’anno di noviziato ed emise la prima professione solenne, fu altalenante fra il convento cappuccino di Sanluri (CA), quelli di Sassari, Oristano, Cagliari, di nuovo a Sanluri; era sempre addetto alla cucina, anche se non suscitava la soddisfazione dei confratelli.
Infatti su segnalazione di un frate, fu esonerato dalla cucina e nel 1924 trasferito a Cagliari, con l’incarico della questua in città.
E per 34 anni svolse questo delicato compito con tenacia e pazienza; sempre percorrendo a piedi con ogni tempo, pioggia, freddo, caldo, chilometri e chilometri; chiedendo la carità in nome di s. Francesco, sempre con le stesse parole, ricevendo l’offerta per i bisogni del convento e per la carità francescana, ma anche offese, ingiurie e prese in giro, da chi vedeva nel questuante un fannullone e un buono a nulla.
Dopo i primi tempi, fra Nicola da Gesturi non chiese più nulla, perché i cagliaritani avevano compreso che quel silenzioso umile frate era una persona eccezionale e le offerte in denaro o in natura, venivano date spontaneamente.
Man mano che gli anni passavano la sua figura divenne sempre più popolare per Cagliari e paesi vicini; molti lo avvicinavano per chiedere consigli, domandavano preghiere, lo invitavano ad entrare in casa e negli ospedali, per dare conforto agli ammalati; si verificarono guarigioni improvvise e aumentò così la sua fama.
Era diventato l’amico e il confidente di tutti e fermato in continuazione, per cui non riusciva più a coprire l’intero territorio, che di solito prima percorreva in un giorno.
La sua era diventata ormai una “presenza” indispensabile; ascoltava tutti ma i privilegiati erano i poveri che visitava anche nelle loro misere case.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la città di Cagliari divenne una delle più bombardate d’Italia, tutti quelli che potevano se ne allontanavano, anche i frati del convento di S. Antonio furono trasferiti altrove, meno quattro fra i quali il Superiore e frate Nicola che non volle allontanarsi.
Tolta la clausura al convento, furono accolti sfollati e persone rimaste sole, curate e sfamate e frate Nicola da Gesturi si faceva in quattro per aiutare e consolare tutti.
Ma la sua benemerita opera non fu circoscritta al convento, andò a soccorrere la folla di miserabili e cenciosi che si erano rifugiati nelle tante grotte sparse per la città; come dopo ogni bombardamento egli accorreva sui luoghi disastrati per portare aiuto ai feriti, consolare i danneggiati, seppellire i morti, per i cittadini di Cagliari egli assunse la figura silenziosa di una visione.
Il silenzio fu la sua costante caratteristica, sia quando riceveva che quando dava, l’interrompeva soltanto per ricordare la volontà di Dio. Il 1° giugno 1958, stremato nel fisico, si presentò al Padre Guardiano e gli disse: “Padre non ne posso più” e chiese di essere esonerato dalla questua.
Il Superiore intuì subito che frate Nicola si avvicinava alla fine; il giorno dopo fu ricoverato in clinica e operato d’urgenza.
Ma tutto fu inutile, dopo quattro giorni, dopo aver ricevuto l’unzione degli infermi e il Viatico, si spense serenamente l’8 giugno 1958 a 76 anni.
La fama della sua santità era grande e i funerali videro l’imponente partecipazione del popolo; decine di migliaia di persone di ogni ceto sociale, resero omaggio alla sua salma e i funerali del giorno 10 furono un’apoteosi.
Dal 1966 al 1971 si ebbe il primo processo per la sua beatificazione avvenuta nel 1999; il 6 giugno 1980 i suoi resti furono traslati e tumulati nella Cappella dell’Immacolata della Chiesa di S. Antonio del Convento dei Cappuccini a Cagliari. La sua celebrazione liturgica è l’8 giugno.
Autore: Antonio Borrelli
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura 1 Re 18, 20-39
Questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!
Dal primo libro dei Re
In quei giorni, [il re] Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti [di Baal] sul monte Carmelo. Elìa si accostò a tutto il popolo e disse: «Fino a quando salterete da una parte all’altra? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!». Il popolo non gli rispose nulla.
Elìa disse ancora al popolo: «Io sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Ci vengano dati due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Invocherete il nome del vostro dio e io invocherò il nome del Signore. Il dio che risponderà col fuoco è Dio!». Tutto il popolo rispose: «La proposta è buona!».
Elìa disse ai profeti di Baal: «Sceglietevi il giovenco e fate voi per primi, perché voi siete più numerosi. Invocate il nome del vostro dio, ma senza appiccare il fuoco». Quelli presero il giovenco che spettava loro, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: «Baal, rispondici!». Ma non vi fu voce, né chi rispondesse. Quelli continuavano a saltellare da una parte all’altra intorno all’altare che avevano eretto.
Venuto mezzogiorno, Elìa cominciò a beffarsi di loro dicendo: «Gridate a gran voce, perché è un dio! È occupato, è in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà». Gridarono a gran voce e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agirono da profeti fino al momento dell’offerta del sacrificio, ma non vi fu né voce né risposta né un segno d’attenzione.
Elìa disse a tutto il popolo: «Avvicinatevi a me!». Tutto il popolo si avvicinò a lui e riparò l’altare del Signore che era stato demolito. Elìa prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei figli di Giacobbe, al quale era stata rivolta questa parola del Signore: «Israele sarà il tuo nome». Con le pietre eresse un altare nel nome del Signore; scavò intorno all’altare un canaletto, della capacità di circa due sea di seme. Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna. Quindi disse: «Riempite quattro anfore d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla legna!». Ed essi lo fecero. Egli disse: «Fatelo di nuovo!». Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: «Fatelo per la terza volta!». Lo fecero per la terza volta. L’acqua scorreva intorno all’altare; anche il canaletto si riempì d’acqua.
Al momento dell’offerta del sacrificio si avvicinò il profeta Elìa e disse: «Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola. Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!».
Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. A tal vista, tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse: «Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 15
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu,
solo in te è il mio bene».
Moltiplicano le loro pene
quelli che corrono dietro a un dio straniero.
Io non spanderò le loro libagioni di sangue,
né pronuncerò con le mie labbra i loro nomi.
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.
Canto al Vangelo Sal 24,4
Alleluia, alleluia.
Insegnami, mio Dio, i tuoi sentieri,
guidami nella tua fedeltà e istruiscimi.
Alleluia.
Vangelo Mt 5, 17-19
Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.
In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».