Santa Messa 4-7-21
XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno B
Il peccato: rifiutare Cristo
Se l’idolatria caratterizza le nazioni pagane, l’incredulità tocca lo tesso popolo di Dio. Tutta la storia di Israele è costellata di incredulità, di rifiuti, di nostalgie e di ritorni verso gli idoli, di fiducia negli dèi dei popoli vicini, oppure di fiducia nelle grandi alleanze con i popoli pagani. Espressione toccante di questo rifiuto è la condizione del profeta, sempre ostacolato dal popolo, non accettato, spesso inseguito e perseguitato: «Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati» (Mt 23,37). L’incredulità del popolo è sempre stata uno scandalo.
Gesù e la sua gente
II rapporto di Gesù con il suo popolo è stato un rapporto allo stesso tempo tenero e tempestoso: « Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! » (Mt 23,37).
Come i loro padri si erano comportati con i profeti, così gli Israeliti si comportano con Gesù; sono un «popolo di ribelli… sono figli testardi e dal cuore indurito» (1a lettura).
Molte sono le ragioni del fallimento e del rifiuto del popolo eletto. Anzitutto gli errori di interpretazione della Legge. Il popolo ha soffocato nella lettera un documento pieno di tensione escatologica; ha ridotto la missione e la figura del Messia alle dimensioni di un quadro troppo umano e troppo nazionalista. Alcuni strati del popolo hanno creduto di poter essere sufficienti a se stessi e si sono chiusi ad ogni iniziativa di Dio. Accecati dalla preoccupazione di vantaggi terreni, altri Ebrei hanno trascurato i segni che Dio loro mandava. Anche il culto è stato deformato nel formalismo e il tempio è divenuto un luogo di prestazioni cultuali senza un vero impegno personale.
In questo contesto l’incidente di Nazaret (vangelo) assume un significato emblematico. Gesù si presenta al suo paese non come semplice cittadino che fa una visita alla sua famiglia; egli ci va con i suoi discepoli nel pieno esercizio della sua qualità di Rabbi dotato di sapienza e di autorità fuori del comune. Tali sue qualità eccezionali sono poste in netto contrasto con la sua origine; la sua gente «si scandalizza di lui» e non lo accetta per quello che lui veramente è. San Paolo dice che un Messia come Gesù «è follia per i Greci e scandalo per i Giudei» (1 Cor 1,23).
Il pericolo dell’autosufficienza.
Una gran parte di Ebrei non ha riconosciuto il Cristo, ma le ragioni che spiegano questo rifiuto toccano anche noi: anche noi siamo continuamente in pericolo di volerci salvare da soli, di riporre la nostra fiducia solo nei mezzi esterni, di portare nel nostro culto più formalismo che interiorità, di restringere, con le nostre interpretazioni troppo umane e troppo legate ad un particolare ambiente, l’universalità della nostra religione. Soprattutto, anche noi siamo nella continua tentazione di far tacere i profeti perché ci scomodano dalle nostre posizioni acquisite e fanno saltare le nostre sicurezze. Gesù non è venuto per confermarci nelle nostre sicurezze; la sua persona è sempre un segno di contraddizione, la sua parola provoca a fare delle scelte, a comprometterci. Eppure noi sappiamo prendere le giuste distanze, sappiamo metterci al di sopra delle parti, per non scomodare nessuno, per non provocare reazioni e rifiuti… Il profeta ci obbliga ad uscire dalla nostra posizione di equilibrio, a scuotere la nostra tranquillità: per questo è spesso urtante. Una costante di tutti i profeti è la difficoltà d’impatto della loro persona e del loro messaggio con i loro immediati uditori. In un mondo che cerca di vivere nella tranquillità, di approfittare egoisticamente dell’oggi, il profeta diventa per forza un segno di contraddizione.
Rifiutare Dio è disgregarsi
Con il peccato l’uomo, pretendendo di essere simile a Dio, vuoi fare e decidere da sé ciò che è bene e ciò che è male. Da questa illusoria pretesa di autosufficienza e di rifiuto di Dio, risulta distrutta l’immagine stessa dell’uomo, smarrito il senso della sua vita, diviso in se stesso e dagli altri. Quanto più l’uomo rifiuta la comunione con Dio, infatti, tanto più diviene incapace di comunione con gli altri. Il peccato si trasforma sempre in esperienza di separazione,divisione, lotta, contrasto e solitudine. È una profonda incapacità a comunicare, a vivere in una unità d’amore, a comprendere e ad accogliere l’altro nelle sue aspirazioni ed esigenze (cf CdA, pagg. 470-471).
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo (Disc. 19, 2-3; CCL 41, 252-254)
Davide ha confessato: «Riconosco la mia colpa» (Sal 50, 5). Se io riconosco, tu dunque perdona. Non presumiamo affatto di essere perfetti e che la nostra vita sia senza peccato. Si adatta alla condotta quella lode che non dimentichi la necessità del perdono. Gli uomini privi di speranza, quanto meno badano ai propri peccati, tanto più si occupano di quelli altrui. Infatti cercano non che cosa correggere, ma che cosa biasimare. E siccome non possono scusare se stessi, sono pronti ad accusare gli altri. Non è questa la maniera di pregare e di implorare perdono da Dio, insegnataci dal salmista, quando ha esclamato: «Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi» (Sal 50, 5). Egli non stava a badare ai peccati altrui. Citava se stesso, non dimostrava tenerezza con se stesso, ma scavava e penetrava sempre più profondamente in se stesso. Non indulgeva verso se stesso, e quindi pregava sì che gli si perdonasse, ma senza presunzione.
Vuoi riconciliarti con Dio? Comprendi ciò che fai con te stesso, perché Dio si riconcili con te. Poni attenzione a quello che si legge nello stesso salmo: «Non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non lì accetti» (Sal 50, 18). Dunque resterai senza sacrificio? Non avrai nulla da offrire? Con nessuna offerta potrai placare Dio? Che cosa hai detto? «Non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti» (Sal 50, 18). Prosegui, ascolta e prega: «Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi» (Sal 50, 19). Dopo aver rigettato ciò che offrivi, hai trovato che cosa offrire. Infatti presso gli antichi offrirvi vittime del gregge e venivano denominate sacrifici. «Non gradisci il sacrificio»: non accetti più quei sacrifici passati, però cerchi un sacrificio.
Dice il salmista: «Se offro olocausti, non li accetti». Perciò dal momento che non gradisci gli olocausti, rimarrai senza sacrificio? Non sia mai. «Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi» (Sal 50, 19). Hai la materia per sacrificare. Non andare in cerca del gregge, non preparare imbarcazioni per recarti nelle più lontane regioni da dove portare profumi. Cerca nel tuo cuore ciò che è gradito a Dio. Bisogna spezzare minutamente il cuore. Temi che perisca perché frantumato? Sulla bocca del salmista tu trovi questa espressione: «Crea in me, o Dio, un cuore puro» (Sal 50, 12). Quindi deve essere distrutto il cuore impuro, perché sia creato quello puro.
Quando pecchiamo dobbiamo provare dispiacere di noi stessi, perché i peccati dispiacciono a Dio. E poiché constatiamo che non siamo senza peccato, almeno in questo cerchiamo di essere simili a Dio: nel dispiacerci di ciò che dispiace a Dio. In certo qual modo sei unito alla volontà di Dio, poiché dispiace a te ciò che il tuo Creatore odia.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Ez 2, 2-5
Sono una genìa di ribelli, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro.
Dal libro del profeta Ezechiele
In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava.
Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”.
Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 122
I nostri occhi sono rivolti al Signore.
A te alzo i miei occhi,
a te che siedi nei cieli.
Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni.
Come gli occhi di una schiava
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi.
Pietà di noi, Signore, pietà di noi,
siamo già troppo sazi di disprezzo,
troppo sazi noi siamo dello scherno dei gaudenti,
del disprezzo dei superbi.
Seconda Lettura 2 Cor 12, 7-10
Mi vanterò delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia.
A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza».
Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.
Canto al Vangelo Cf Lc 4,18
Alleluia, alleluia.
Lo Spirito del Signore è sopra di me:
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio.
Alleluia.
Vangelo Mc 6, 1-6
Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.