Santa Messa 28-6-23
SANT ‘IRENEO DI LIONE
Questo Padre della Chiesa occupa un posto preminente tra i teologi del II secolo. E considerato, difatti, il migliore espositore della dogmatica cattolica basata sulla scrittura. Egli nacque nell’Asia Minore, probabilmente a Smirne o nei suoi dintorni perché in gioventù vide e ascoltò S. Policarpo (+155), vescovo di quella città e discepolo di S. Giovanni, nonché altri numerosi presbiteri, discepoli immediati degli Apostoli, il che rende importantissime le sue testimonianze dottrinali.
Ignoriamo quando S. Ireneo si sia trasferito in Occidente con altri missionari desiderosi di portare o di estendere la fede cristiana. Sappiamo soltanto che nel 177 o 178, durante la persecuzione scatenata da Marco Aurelio, egli si trovava a Lione come sacerdote di quella chiesa che il vescovo S. Fotino aveva fondato. I martiri sopravvissuti alla persecuzione in parte originari dell’Asia Minore come Ireneo, informati dell’agitazione prodotta dal movimento del neofita Mentano in Frigia, scrissero una lettera ai fratelli dell’Asia e un’altra al papa Eleuterio affinchè riconducesse la pace nelle comunità turbate dall’eresia che esigeva dai suoi ardenti maggior austerità, penitenza rigorosa per i peccati commessi dopo il Battesimo, digiuni severi e prolungati, rinunzia alle seconde nozze e prontezza assoluta al martirio. S. Ireneo fu incaricato di portare la lettera a Roma, e raccomandato al papa come sacerdote “pieno di zelo per il testamento del Signore”. Probabilmente durante la sua assenza morì martire, nel 178, il quasi nonagenario Potino al quale egli successe per il grande influsso che esercitava in quell’importante centro religioso e politico dell’impero.
Dell’attività del suo episcopato conosciamo soltanto la composizione degli scritti e la parte che egli svolse nella controversia della festa di Pasqua. Mentre le chiese dell’Asia la celebravano come i giudei il quattordici di Nisan (mese di marzo lunare), Roma la rimandava alla domenica seguente. La questione era già stata dibattuta senza successo nel 154 tra il papa Aniceto e S. Policarpo.La discussione riprese verso il 190 sotto il pontificato di Vittore. Quando costui lanciò la scomunica contro quei vescovi che non accettavano la data romana, S. Ireneo, il cui nome significa ‘pace’, intervenne in loro favore. Giudicando quella misura eccessiva, egli scrisse: “Non esiste Dio senza bontà”. Più tardi anche le chiese orientali si conformarono all’uso romano.
S. Ireneo lavorò pure per estendere il cristianesimo nelle province vicine a Lione. Le chiese di Besançon e di Valence gli attribuiscono, infatti, il primo annunzio del Vangelo. Tuttavia l’opera fondamentale di lui è costituita dallo studio di tutte le eresie per combatterle e assicurare il trionfo della fede. Il suo merito principale, e quindi la sua gloria, è soprattutto la lotta da lui fatta allo gnosticismo con l’opera in cinque libri intitolata Contro le Eresie. Fu scritta in greco ed è preziosa non solo dal lato teologico in quanto mostra già formata la teoria sull’autorità dottrinale della Chiesa, ma anche dal lato storico, perché è ben documentata e porge un vivo quadro delle lotte contro le eresie pullulanti.
Secondo gli ideatori di questo gnosticismo, strano sistema, Dio è un essere inaccessibile , incapace di creare. Opposta a lui, eterna, c’è la materia, cattiva per natura. Tra Dio e la materia esiste il mondo intermedio soprasensibile abitato da coni o esseri emanati o generati da Dio, disposti a coppie. Uno degli eoni, il Demiurgo, il Dio dei Giudei, elaborò la materia nella forma attuale del mondo. Una scintilla del mondo superiore cadde un giorno nella materia (l’anima) e vi rimase a soffrire come in una prigione. Un altro degli eoni, Cristo, discese nel mondo con un corpo apparente (docetismo), e visse e morì per liberare lo spirito dalla materia. S. Ireneo avrebbe potuto facilmente far uso dell’ironia a proposito di simili fantastiche generazioni di eoni; preferì invece tendere agli erranti le mani per convertirli. “Dio, scrisse, spinto dall’immenso amore che ci portava, si è fatto ciò che noi siamo per farci ciò che Egli è”.
Senza trascurare la teologia razionale, S. Ireneo confutò i diversi sistemi gnostici basandosi sulla ragione, sui detti del Signore, dei profeti e in modo speciale sull’insegnamento degli Apostoli. “La tradizione apostolica è manifesta nel mondo intero; non c’è che da contemplarla in ogni chiesa per chiunque vuole vedere la verità.
Noi possiamo enumerare i vescovi che sono stati istituiti dagli Apostoli, e i loro successori fino a noi: essi non hanno insegnato nulla, conosciuto nulla che rassomigliasse a queste follie… Essi esigevano perfezione assoluta, irreprensibile, da coloro che succedevano loro e ai quali affidavano, al loro posto, il compito d’insegnare… Sarebbe troppo lungo enumerare i successori degli Apostoli in tutte le Chiese; ci occuperemo soltanto della maggiore e più antica, conosciuta da tutti, della chiesa fondata e costituita a Roma dai due gloriosissimi Apostoli Pietro e Paolo; noi mostreremo che la tradizione che ricevette dagli Apostoli e la fede che ha annunciato agli uomini sono pervenute fino a noi per mezzo delle regolari successioni dei vescovi… E con questa Chiesa Romana, a motivo dell’autorità della sua origine, che dev’essere d’accordo tutta la Chiesa, cioè tutti i fedeli venuti da ogni parte; ed è in essa che tutti questi fedeli hanno conservato la tradizione apostolica” (Adv. Haer., 1. III, c. III, 1-2).
S. Ireneo ha scritto pure un libriccino intitolato Dimostrazione della predicazione apostolica, scoperto nel 1904 in traduzione armena. E’ un’apologia delle principali verità cristiane basate sull’adempimento delle profezie dell’Antico Testamento. Tuttavia, il centro di tutto il pensiero teologico del Santo è costituito dalla dottrina della ricapitolazione della carne umana e della totalità del mondo materiale nel Cristo, prototipo dell’umanità ed esemplare iniziale della creazione.
Questa grandiosa concezione abbraccia tanto i disegni nascosti di Dio, quanto la loro realizzazione storica per mezzo dell’Incarnazione redentrice del Figlio suo. In essa si inseriscono le tesi care a S. Ireneo del Cristo nuovo Adamo, di Maria novella Eva, della divinizzazione dell’uomo totale mediante la grazia, della sua salvezza finale in un mondo materiale completamente restaurato.
Secondo la tradizione S. Ireneo avrebbe trovato la morte il 28-6-202- 203 in un massacro generale dei cristiani lionesi sotto l’imperatore Settimio Severo. La Chiesa lo onora come martire sulla testimonianza di S. Girolamo il quale, nel 410, per primo gli diede questo titolo. Le reliquie del santo vescovo furono disperse nel 1562 dai calvinisti.
Autore: Guido Pettinati
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Gn 15, 1-12.17-18
Abramo credette a Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia. E il Signore concluse un’alleanza con lui.
Dal libro della Gènesi
In quei giorni, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande».
Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede».
Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle»; e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.
E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo».
Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò.
Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi.
In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram:
«Alla tua discendenza
io do questa terra,
dal fiume d’Egitto
al grande fiume, il fiume Eufrate».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 104
Il Signore si è sempre ricordato della sua alleanza.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
A lui cantate, a lui inneggiate,
meditate tutte le sue meraviglie.
Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto.
Voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
È lui il Signore, nostro Dio:
su tutta la terra i suoi giudizi.
Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco.
Canto al Vangelo Gv 15,4.5
Alleluia, alleluia.
Rimanete in me e io in voi, dice il Signore;
chi rimane in me porta molto frutto.
Alleluia.
Vangelo Mt 7, 15-20
Dai loro frutti li riconoscerete.
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete.
Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete».