Santa Messa 24-10-21
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XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno B
Il cammino della fede
La descrizione profetica del ritorno gioioso degli esuli in patria (1a lettura) è letta dalla liturgia in chiave evangelica. È Gesù Cristo che chiama tutti, anche i deboli, gli zoppi, i ciechi al grande ritorno e li colma di consolazione e di gioia.
Tra le righe della 1a lettura diventa, così, facile leggere, come in filigrana, i tratti della conversione alla quale siamo noi pure chiamati continuamente. Essa è un ritorno: si tratta di fare a ritroso il cammino percorso nell’allontanarci da Dio. È la liberazione da una schiavitù umiliante, la riscoperta di una gioia, prima dimenticata: quella di sentirci circondati dalle braccia amorose del Padre che ci accoglie di nuovo nel suo amore.
Se la 1a lettura mette in evidenza un aspetto dell’itinerario della conversione, quello della gratuita e preveniente iniziativa di Dio, il vangelo sottolinea la partecipazione e la risposta attiva dell’uomo, proponendo la guarigione del cieco nel quadro di un rituale catecumenale, del quale descrive le tappe successive.
L’iniziazione alla fede
Questa incomincia con una manifestazione di Gesù nella vita dell’uomo: è necessario che Cristo passi di là (cf Mt 20,30). Ma questa manifestazione è misteriosa: il cieco che rappresenta l’uomo sulla via della fede, non vede Gesù; intuisce soltanto la presenza del Signore negli avvenimenti (v. 47a), ma esprime già la sua fede rimettendosi alla iniziativa salvifica di Dio (v. 47b). Questa apertura a Dio è subito contestata dal mondo che lo circonda (v. 48a) ed è necessario tutto il coraggio per mantenere il proposito di apertura all’uomo-Dio (v. 48b).
Il candidato alla fede si sente così oggetto della attenzione di alcuni che gli rivelano la chiamata di Dio, lo incoraggiano e lo invitano a convertirsi («alzarsi» o risuscitare, e «gettare via il mantello» o spogliarsi del vecchio uomo: vv. 49 e 50). Allora si intreccia il dialogo finale: «Che vuoi?…» (v. 51). Si tratta dell’impegno definitivo, presentato sotto forma di domanda e di risposta, per mettere bene in risalto la libertà totale delle due parti che contraggono l’alleanza.
Infine, la vista è restituita al cieco come una visione della fede (vv. 51-52) che lo impegna immediatamente a «seguire» Cristo «per la strada».
Il cammino della fede non è mai facile
Seguire la chiamata di Dio ha sempre voluto dire lasciare qualcosa dietro di sé, andare verso l’ignoto (Abramo), rinnegare la logica della carne e delle sicurezze umane per affidarsi totalmente al Dio delle promesse.
Questo diventa più difficile oggi. Se nel passato la fede poteva costituire una spiegazione o una interpretazione dell’universo, un luogo di sicurezza di fronte alle assurdità della storia e al mistero del mondo, oggi non è più così. «I movimenti di idee, il progresso tecnologico, la espansione dei consumi, la mobilità migratoria e turistica, l’urbanizzazione crescente e caotica con le conseguenti enormi difficoltà di integrazione comunitaria, l’aggressione della pubblicità, l’instabilità politica, economica e sociale, con tutti i problemi connessi, concorrono ad acuire la lacerazione interiore, ancor più sensibile negli uomini di cultura. In questo quadro la carenza di una fede cosciente e robusta, favorisce il dissolversi della religiosità, sino ad una rottura totale con la pratica religiosa» (Documento dell’Episcopato Italiano, La fede oggi, 1971).
Non c’è più posto per una fede anonima
In un mondo come il nostro non c’è più posto per una fede anonima, formalistica, ereditaria. È necessaria una fede fondata sull’ approfondimento della parola di Dio, sulla scelta e sulle convinzioni personali. Una fede consapevolmente abbracciata e non passivamente ricevuta in eredità.
Tutto questo comporta un nuovo modo di affrontare il problema della iniziazione cristiana, un nuovo modo di considerare l’evangelizzazione e la sacramentalizzazione.
Un immenso campo di azione si apre alla pastorale in genere e a quella, catechistica in particolare. Il cristiano dovrà percorrere (o ripercorrere, se si tratta di un adulto) non tanto un cammino fatto di tappe e di gesti sacramentali, quanto piuttosto un itinerario di fede, un catecumenato restaurato, senza del quale non hanno senso né efficacia i gesti sacramentali donati a scadenze fisse.
Dio ordina il mondo con armonia e concordia
e fa del bene a tutti
Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa
(Capp. 19, 2 – 20, 12; Funk, 1, 87-89)
Fissiamo lo sguardo sul padre e creatore di tutto il mondo e immedesimiamoci intimamente con i suoi magnifici e incomparabili doni di pace e con i suoi benefici. Contempliamolo nella nostra mente e scrutiamo con gli occhi dell’anima il suo amore così longanime. Consideriamo quanto si dimostri benigno verso ogni sua creatura.
I cieli, che si muovono sotto il suo governo, gli sono sottomessi in pace; il giorno e la notte compiono il corso fissato da lui senza reciproco impedimento. Il sole, la luce e il coro degli astri percorrono le orbite prestabilite secondo la sua disposizione senza deviare dal loro corso, e in bell’armonia. La terra, feconda secondo il suo volere, produce a suo tempo cibo abbondante per gli uomini, le bestie e tutti gli esseri animati che vivono su di essa, senza discordanza e mutamento alcuno per rapporto a quanto egli ha stabilito. Gli stessi ordinamenti regolano gli abissi impenetrabili e le profondità della terra. Per suo ordine il mare immenso e sconfinato si raccolse nei suoi bacini e non oltrepassa i confini che gli furono imposti, ma si comporta così come Dio ha ordinato. Ha detto: «Fin qui giungerai e non oltre e qui si infrangerà l’orgoglio delle tue onde» (Gb 38, 11). L’oceano invalicabile per gli uomini e i mondi che si trovano al di là esso sono retti dalle medesime disposizioni del Signore.
Le stagioni di primavera, d’estate, d’autunno e d’inverno si succedono regolarmente le une alle altre. Le masse dei venti adempiono il loro compito senza ritardi e nel tempo assegnato. Anche le sorgenti perenni, create per il nostro godimento e la nostra salute, offrono le loro acque ininterrottamente per sostentare la vita degli uomini. Persino gli animali più piccoli si stringono insieme nella pace e nella concordia. Tutto questo il grande creatore e Signore di ogni cosa ha comandato che si facesse in pace e concordia, sempre largo di benefici verso tutti, ma con maggiore abbondanza verso di noi che ricorriamo alla sua misericordia per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. A lui la gloria e l’onore nei secoli dei secoli. Amen.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Ger 31, 7-9
Riporterò tra le consolazioni il cieco e lo zoppo.
Dal libro del profeta Geremia
Così dice il Signore:
«Innalzate canti di gioia per Giacobbe,
esultate per la prima delle nazioni,
fate udire la vostra lode e dite:
“Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d’Israele”.
Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione
e li raduno dalle estremità della terra;
fra loro sono il cieco e lo zoppo,
la donna incinta e la partoriente:
ritorneranno qui in gran folla.
Erano partiti nel pianto,
io li riporterò tra le consolazioni;
li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua
per una strada dritta in cui non inciamperanno,
perché io sono un padre per Israele,
Èfraim è il mio primogenito».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 125
Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.
Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.
Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.
Seconda Lettura Eb 5, 1-6
Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek.
Dalla lettera agli Ebrei
Ogni sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati.
Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo.
Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato», gliela conferì come è detto in un altro passo: «Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek».
Canto al Vangelo Gv 8,12
Alleluia, alleluia.
Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte
e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.
Alleluia.
Vangelo Mc 10, 46-52
Rabbunì, che io veda di nuovo!
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me! ».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.