Santa Messa 20-6-21
https://www.youtube.com/watch?v=9f9M2l_khaU
XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno B
La fede nella tempesta
Le domeniche precedenti ci hanno presentato un Gesù dominatore delle malattie e delle potenze demoniache. Oggi il suo potere si allarga fino ad abbracciare gli elementi della natura nella loro raffigurazione più grandiosa e potente: il mare. Il tema è fondamentalmente uguale, perché nel simbolismo della Bibbia, il mare, pur sottomesso al dominio di Dio, rimane un mondo carico di misteri e di pericoli, a motivo della profondità dei suoi abissi, dell’amarezza delle sue acque, del perpetuo fluttuare delle sue onde, della sua potenza distruttrice quando si scatena. Esso diventa perciò anche l’immagine più eloquente ed efficace delle forze del male, orgogliose e minacciose, che trovano una plastica raffigurazione nei mitici e favolosi mostri che la fantasia popolare colloca nei suoi abissi.
Dio, il Signore delle forze della natura
Eppure il mare, questa realtà potente e tumultuosa, è sottomessa a Dio. Dio era là quando nacque uscendo dal seno della terra; come un bambino indifeso lo avvolse di fasce (caligine) e lo vestì (nube). Il salmo responsoriale ed il vangelo, mentre sottolineano la signoria di Gesù sul mare, ci suggeriscono l’invocazione fiduciosa a Dio nel pericolo, e lo stupore e il timore di fronte alla potenza del Signore che comanda.
Entrambi i brani scritturistici presentano lo stesso schema letterario: la situazione di pericolo (lo scatenamento delle forze del mare), l’invocazione fiduciosa di Dio, l’intervento miracoloso del Signore, l’azione di grazie (salmo), lo stupore e il timore (vangelo). Il tema della fede-fìducia nelle prove diventa centrale nel vangelo. Gesù fa agli apostoli la domanda-rimprovero: « Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?».
È strano che Gesù rimproveri di mancanza di fede proprio quando essi gli si rivolgono pieni di fiducia. Evidentemente qui Gesù rimprovera non tanto la fiducia, quanto l’atteggiamento interessato per cui la fiducia è tutta rivolta ad ottenere qualcosa. Questa fede è troppo imperfetta.
Non il tutore dell’ordine naturale…
L’uomo primitivo aveva istintivamente il senso del sacro, viveva i suoi rapporti con la natura come se esseri divini presiedessero al divenire implacabile degli avvenimenti di cui lui si scopriva lo zimbello. Il mondo divino lo affascinava, ma gli ispirava una specie di sacro terrore. Cercava perciò di propiziarsi la divinità con riti magici. L’uomo moderno ha raggiunto un notevole dominio sulle forze naturali, e lo aumenta di giorno in giorno. La natura non gli incute più timore; vi si sente a suo agio, la sceglie come quadro e materia di un’opera storica da compiere con le sue proprie forze. L’atteggiamento dei suoi antenati gli appare come una sorgente di alienazione. Anche quando si trova dinanzi ad avvenimenti inattesi — un terremoto ad esempio — la sua reazione istantanea è quella di ricercarne la spiegazione scientifica e non più quella di rivolgersi al mondo divino.
Questo comporta un mutamento (ed una purificazione) dell’immagine stessa di Dio. Dio non è visto più soltanto o principalmente come fondamento, garante e vindice dell’ordine della natura. Il Dio della fede è «altro» dal mondo, sta al di là delle sue leggi e non può essere raggiunto a partire soltanto dal mondo e dai suoi eventi.
… ma il Dio che impegna nella fede
Il nostro Dio non è il dio delle false sicurezze umane. Non è la formula risolutiva delle nostre difficoltà e dei nostri problemi: sarebbe un dio alienante, un surrogato, il dio tappabuchi. La nostra fede in lui non è né fuga né disimpegno. Ci sarebbe da sospettare di una fede tranquilla, facile, senza difficoltà. La fede è impegno continuo, proprio perché crede nonostante le tempeste in cui viene continuamente messa alla prova.
Sarebbe una falsa fede quella che cercasse Dio solo come consolazione individuale e come soluzione diretta delle difficoltà nelle quali ci troviamo. Alla base di questa fede non ci sarebbe la disponibilità assoluta nei confronti di Dio, ma il tentativo di «utilizzare» Dio ai fini della nostra sicurezza. Aver fede significa abbandonarsi a Dio anche quando lui «dorme», perché sappiamo che nessuna difficoltà può vincerci; Dio le ha già vinte. Questo, però, non ci isolerà dal mondo fino a saltare i problemi del mondo, perché sappiamo che il piano di Dio è quello di liberare il mondo dal male, e che in questo processo di liberazione il cristiano è chiamato a collaborare, lottando al suo fianco, prendendo sul serio i problemi del mondo, senza perdersi di coraggio.
Cristo re e sacerdote in eterno
Dal trattato «Sulla Trinità» di Faustino Luciferiano, sacerdote
(Nn. 30-40; CCL 69, 340-341)
Il nostro Salvatore divenne veramente «Cristo» secondo la carne e nello stesso tempo vero re e vero sacerdote. Egli è l’una e l’altra cosa insieme, perché nulla manchi al Salvatore di quanto aveva come Dio.
Egli stesso afferma la sua dignità regale, quando dice: Io sono stato consacrato re da lui sul suo santo monte Sion (cfr. Sal 2, 6). Il Padre inoltre attesta la dignità sacerdotale del Figlio con le parole: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek» (Sal 109, 4).
Nell’antica legge il primo ad essere consacrato sacerdote col crisma dell’unzione fu Aronne. Non si dice però «secondo l’ordine di Aronne», perché non si creda che anche il sacerdozio del Salvatore gli sia stato conferito per successione. Il sacerdozio di Aronne si trasmetteva per via ereditaria, non così invece quello del Cristo, perché egli stesso resta eternamente sacerdote. Si dice infatti: «Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedek».
Il Salvatore dunque, secondo la carne, è re e sacerdote. L’unzione però da lui ricevuta non è materiale, ma spirituale. Infatti coloro che presso gli Israeliti erano consacrati re e sacerdoti con l’unzione materiale dell’olio, diventavano re e sacerdoti, non però tutte e due le cose insieme, ma ciascuno di loro era o re o sacerdote. Solo a Cristo compete la perfezione e la pienezza in tutto, poiché era venuto ad adempiere la legge. Quantunque tuttavia nessuno di loro fosse re e sacerdote insieme, quelli che erano consacrati con l’unzione materiale, o re o sacerdoti, erano chiamati «cristi». Il Salvatore però, che è il vero Cristo, fu unto dallo Spirito santo, perché si adempisse quanto era stato scritto di lui: Per questo «Dio, il tuo Dio ti ha consacrato con olio di letizia a preferenza dei tuoi eguali» (Sal 44, 8).
La sua unzione eccelle al di sopra di quella di tutti i suoi compagni perché egli è stato unto con l’olio di letizia, che altro non significa se non lo Spirito Santo.
Che questo sia vero lo sappiamo dallo stesso Salvatore, il quale, preso il libro di Isaia e avendovi letto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione» (Lc 4, 18), proclamò davanti a quelli che lo ascoltavano che la profezia si era adempiuta allora nella sua persona. Anche Pietro, principe degli apostoli, dichiara che quel crisma, da cui il Salvatore è stato manifestato, è lo Spirito Santo, cioè la stessa potenza di Dio, quando negli Atti degli Apostoli tra le altre cose dice al centurione Cornelio, uomo pieno di fede e di misericordia: «Incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni, Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che erano sotto il potere del diavolo» (At 10, 37-38).
Anche Pietro, dunque, come hai potuto renderti conto, afferma che Gesù uomo è stato unto di Spirito Santo e di potenza. E’ vero perciò che lo stesso Gesù è diventato «Cristo» in quanto uomo, perché con l’unzione dello Spirito Santo è stato consacrato re e sacerdote in eterno.
MESSALE
Antifona d’Ingresso Sal 27,8-9
Il Signore è la forza del suo popolo
e rifugio di salvezza per il suo Cristo.
Salva il tuo popolo, Signore,
benedici la tua eredità,
e sii la sua guida per sempre.
Dóminus fortitúdo plebis suæ,
et protéctor salutárium Christi sui est.
Salvum fac pópulum tuum, Dómine,
et bénedic hereditáti tuæ,
et rege eos usque in sæculum.
Colletta
Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore. Per il nostro Signore…
Sancti nóminis tui, Dómine, timórem páriter et amórem fac nos habére perpétuum, quia numquam tua gubernatióne destítuis, quos in soliditáte tuæ dilectiónis instítuis. Per Dóminum.
Oppure:
Rendi salda, o Signore, la fede del popolo cristiano, perché non ci esaltiamo nel successo, non ci abbattiamo nelle tempeste, ma in ogni evento riconosciamo che tu sei presente e ci accompagni nel cammino della storia. Per il nostro Signore…
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima lettura Gb 38,1.8-11
Qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde.
Dal libro di Giobbe
Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano:
«Chi ha chiuso tra due porte il mare,
quando usciva impetuoso dal seno materno,
quando io lo vestivo di nubi
e lo fasciavo di una nuvola oscura,
quando gli ho fissato un limite,
gli ho messo chiavistello e due porte
dicendo: “Fin qui giungerai e non oltre
e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”?».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 106
Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre.
Coloro che scendevano in mare sulle navi
e commerciavano sulle grandi acque,
videro le opere del Signore
e le sue meraviglie nel mare profondo.
Egli parlò e scatenò un vento burrascoso,
che fece alzare le onde:
salivano fino al cielo, scendevano negli abissi;
si sentivano venir meno nel pericolo.
Nell’angustia gridarono al Signore,
ed egli li fece uscire dalle loro angosce.
La tempesta fu ridotta al silenzio,
tacquero le onde del mare.
Al vedere la bonaccia essi gioirono,
ed egli li condusse al porto sospirato.
Ringrazino il Signore per il suo amore,
per le sue meraviglie a favore degli uomini.
Seconda lettura 2 Cor 5,14-17
Ecco, son nate cose nuove.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, l’amore del Cristo ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro.
Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
Canto al Vangelo Lc 7, 16
Alleluia, alleluia.
Un grande profeta è sorto tra noi,
e Dio ha visitato il suo popolo.
Alleluia.
Vangelo Mc 4,35-41
Chi è costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?
Dal Vangelo secondo Marco
In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».