Messa quotidiana

Santa Messa 20-10-21

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BEATO CONTARDO FERRINI

A Milano, c’erano furori patriottici e venti di guerra, quando il 4 aprile 1859, nacque Contardo, figlio di Rinaldo Ferrini e di Luigia Buccellati. Nella sua famiglia, però, c’era soltanto un grandissimo amore a Gesù e alla Chiesa, anche quando attorno suonavano le fanfare contro l’Austria per il nascente regno dei Savoia.
I suoi genitori lo educarono alla fede e alla preghiera. Lo spirito integerrimo del papà, intessuto di fede e di azione, fin da bambino lo condusse verso l’alto. Contardo, già da ragazzo sentì crescere in sé il desiderio di amare soltanto il Signore, in verginale dedizione, corrispondendo al suo amore con una vita interiore intensa di meditazione, di Confessione e di Comunione frequenti e regolari.

Un ragazzo prodigio

Avviato agli studi, assai intelligente, si impegnò con grandissimo profitto, conseguendo la licenza liceale presso il collegio delle Orsoline di Sant’Ambrogio nel 1876 a soli 17 anni. Nel tempo del positivismo, negatore di Dio e del Cattolicesimo, apparve come uno studioso maturo e un cattolico coerente, a fronte alta, con il nome di Gesù non solo nella mente ma anche sulle labbra.
Per continuare gli studi, ottenne un posto gratuito al Collegio Borromeo di Pavia, dove si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza di quella celebre Università. I professori e i condiscepoli si trovarono presto urtati dalla sua professione di fede aperta e sicura e qualcuno prese a deriderlo soprannominandolo “San Luigi” in segno di scherno.
Ma Contardo rispondeva con la sua tempra: colto, preparatissimo, sempre con risultati brillanti agli esami, forte nella fede e disinvolto e gioioso nel suo stile di vita. Delicato e gentile, amava la poesia, soprattutto nella contemplazione del grande libro della natura, scalando le vette delle Alpi.
Nel 1880, a 21 anni, battendo ogni primato, conseguì la laurea con una tesi sul contributo che lo studio dei poemi di Omero e di Esiodo diedero alla storia del diritto penale. La commissione d’esame si trovò davanti non un allievo, ma un maestro, nonostante la sua giovanissima età.
Contardo sarà, da quel giorno, un modello di laico cattolico, nella fede vissuta e nella profonda preparazione e competenza professionale.

Illustrissimo professore

Scoprì subito la sua vocazione scientifica: lo studio del diritto antico, particolarmente quello romano. Ottenuta una borsa di studio, si recò a perfezionarsi all’Università di Berlino: lì si legò d’amicizia ai giovani cattolici tedeschi, ammirandone la preparazione culturale, sociale e politica, l’azione caritativa in mezzo ai più poveri e la fede luminosa.
Nel 1883, il professor Ferrini conseguì la libera docenza in diritto romano e iniziò il suo insegnamento nell’Università di Pavia. Sulla cattedra portò la sua serietà di studioso e la passione del docente, nel far vedere con la scienza e con la vita come il diritto centrato sulla dignità della persona alla luce di Dio, contribuisce all’organizzazione di una società che riflette l’immagine stessa di Dio.
Dottissimo e amabile, si impose all’ammirazione dei colleghi e degli studenti per la profondità della sua cultura e per la chiarezza dell’esposizione. La parola era nobile e fluente, e il sorriso sempre buono e fraterno. La sua persona con il volto incorniciato dalla barba e dai capelli biondi, spirava una luce di superiorità intellettuale e spirituale che affascinava.
Nel 1887, insegnò a Messina, nel 1890 a Modena, ritornò a Pavia nel 1894 e vi rimase fino alla morte, risiedendo con i genitori a Milano. In campo scientifico importantissimi e ancora oggi molto conosciuti sono i suoi scritti; in particolare il suo trattato sul diritto penale romano rimarrà per allievi e studiosi testo fondamentale. Il professore manifestava il suo sapere con grande umiltà e ritrosia: negli studi spazia dal diritto alla filosofia, dalla glottologia alla letteratura italiana e straniera; in particolare era un appassionato ed esperto cultore del pensiero umanistico tedesco.
A chi gli domandava: “Perché non ti sposi?” e gli proponeva vantaggiose sistemazioni, rispondeva: “Io ho sposato la scienza”. In realtà, Contardo aveva sposato la causa di Gesù e della Chiesa come laico consacrato nel mondo, aprendo insieme con altri nobilissimi laici (pensiamo al suo collega il professor Giulio Salvadori) la via ai consacrati degli Istituti secolari del XX secolo. Preferì, dunque, rimanere celibe, ciononostante coltivò un elevato concetto del matrimonio sia come sacramento sia come istituto indispensabile nella società civile.
Gesù, l’unico della sua vita. Per Lui e per la sua gloria, tutto l’impegno della cattedra che gli fruttò ben duecento scritti che vanno dalle edizioni critiche di preziosi testi giuridici, agli articoli per riviste specializzate e varie voci per enciclopedie. Molti scritti minori sono poi stati raccolti in cinque volumi.

Uomo di Dio

La sua è opera originale, sia nell’esplorare le fonti, sia nell’indagare problemi ancora insoluti, segnando un tale progresso da far dire a Teodoro Mommsen che “Il secolo XX per gli studi di romanistica si sarebbe intitolato al professor Ferrini” e che “per suo merito il primato degli studi di romanistica passava dalla Germania all’Italia”. Dov’è allora, l’oscurantismo di cui ancora oggi viene accusato il Cattolicesimo, se ha uomini così?
Contardo ci ha pure lasciato elevatissime pagine ascetiche e mistiche nella sua corrispondenza con gli amici e nei suoi diari personali. Come quando, ancora giovanissimo, scriveva: “Io non saprei concepire una vita senza preghiera, uno svegliarsi al mattino senza incontrare il sorriso di Dio; un reclinare il capo la sera, senza il pensiero a Dio. Una tal vita dovrebbe assomigliare a notte tenebrosa, arida per un tremendo anatema di Dio… come si possa durarla in tale stato è per me un mistero. Io supplico il Signore che la preghiera non abbia mai a morire sulle mie labbra. Sì, perché quel giorno che tacesse la preghiera, vorrebbe dire che Dio mi ha abbandonato”.
In terra tedesca scriveva: “Divino potere della fede. Ignorando i confini di nazione e di lingua, ci consideriamo fratelli. Tanto è ammirabile l’universalità del Cristo; tanto è vero che in Lui non c’è greco, né barbaro, né scita, ma siamo tutti affratellati in Lui”. E poi quella pagina mirabile sull’Eucaristia: “È l’assimilazione dell’uomo a Dio. Chi sa dire a quale punto di santità giunga l’anima che spesso, con devozione ed affetto e con somma riverenza, si ciba di questo Pane purissimo, che è Gesù Cristo, e incorpora e immedesima in sé il prezzo della Redenzione? Ecco quindi qui il segreto della santità: grazie a Gesù, Pane di vita, noi vivremo e non morremo mai”.
Con questo spirito, Contardo Ferrini si interessò dei problemi sociali del suo tempo, aderendo alle attività caritative, come le Conferenze di San Vincenzo e partecipando alle competizioni elettorali civiche. Nel 1895 venne eletto consigliere comunale di Milano e per quattro anni si impegnò con scrupolo e competenza come amministratore pubblico e difese e promosse l’insegnamento della religione nelle scuole primarie.
Lo appassionava il rapporto tra scienza e fede che il materialismo imperante scioglieva nell’ateismo o nell’indifferenza. Coltivò, tra i primi in Italia, il progetto di una Università Cattolica. Non la vide; l’Università Cattolica nata a Milano nel 1921, lo riconobbe però suo precursore e ispiratore.

Modello del laicato

Sul finire dell’estate 1902, quando aveva solo 43 anni, e villeggiava a Suna sul Lago Maggiore, Contardo Ferrini fu colpito da un gravissimo tifo. Quando era ancora un giovane professore a Modena, quasi profeticamente aveva confidato a un amico: “Quanto a me, preferirei morire nella mia Suna. Se la morte mi cogliesse qui in Modena disturberei troppe persone, il rettore dell’università, i professori, le autorità dovrebbero scomodarsi in mille modi; a Suna mi accompagnerebbero all’ultima dimora soltanto gl’intimi, la gente del paese, i bambini, i poveri, quelli che soffrono, quelli che pregano, quelli che veramente giovano all’anima”.
Il 17 ottobre 1902, quando stava per iniziare l’anno accademico nella sua Università e i suoi studenti lo attendevano, brillante ed esemplare come sempre, andò incontro a Dio nella luce della santità dei vergini e dei martiri delle prime generazioni cristiane.
Mons. Achille Ratti, futuro Papa Pio XI che gli fu amico, anche per la comune passione per la montagna, disse di lui: “Mi parve quasi miracolo la sua fede e la sua vita cristiana, al suo posto e nei tempi nostri”.
Papa Pio XII lo beatificò il 13 aprile 1947, definendolo: “Il modello dell’uomo cattolico dei nostri giorni”.
Maria Santissima, alla quale Contardo aveva affidato la sua vita fin dalla fanciullezza, lo aveva condotto per mano nel mondo, nell’itinerario della perfetta configurazione a Cristo: studioso, docente, apostolo.
Nella diocesi di Pavia la sua memoria si celebra il 6 novembre.

Autore: Paolo Risso

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura   Rm 6, 12-18
Offrite voi stessi a Dio come viventi, ritornati dai morti.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, il peccato non regni più nel vostro corpo mortale, così da sottomettervi ai suoi desideri. Non offrite al peccato le vostre membra come strumenti di ingiustizia, ma offrite voi stessi a Dio come viventi, ritornati dai morti, e le vostre membra a Dio come strumenti di giustizia. Il peccato infatti non dominerà su di voi, perché non siete sotto la Legge, ma sotto la grazia.
Che dunque? Ci metteremo a peccare perché non siamo sotto la Legge, ma sotto la grazia? È assurdo! Non sapete che, se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale obbedite: sia del peccato che porta alla morte, sia dell’obbedienza che conduce alla giustizia?
Rendiamo grazie a Dio, perché eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quella forma di insegnamento alla quale siete stati affidati. Così, liberati dal peccato, siete stati resi schiavi della giustizia.   

Salmo Responsoriale   Dal Salmo 123 
Il nostro aiuto è nel nome del Signore.


Se il Signore non fosse stato per noi
– lo dica Israele –,
se il Signore non fosse stato per noi,
quando eravamo assaliti,
allora ci avrebbero inghiottiti vivi,
quando divampò contro di noi la loro collera.

Allora le acque ci avrebbero travolti,
un torrente ci avrebbe sommersi;
allora ci avrebbero sommersi
acque impetuose.
Sia benedetto il Signore,
che non ci ha consegnati in preda ai loro denti.

Siamo stati liberati come un passero
dal laccio dei cacciatori:
il laccio si è spezzato
e noi siamo scampati.
Il nostro aiuto è nel nome del Signore:
egli ha fatto cielo e terra.
 
Canto al Vangelo
 Mt 24,44
Alleluia, alleluia.

Vegliate e tenetevi pronti,
perché, nell’ora che non immaginate,
viene il Figlio dell’uomo.
Alleluia.

Vangelo   Lc 12, 39-48
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto.

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».