Messa quotidiana

Santa Messa 19-5-20

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SAN CRISPINO DA VITERBO

Crispino nacque a Viterbo, nella contrada detta del Bottarone, il 13 novembre 1668; fu battezzato il 15 dello stesso mese nella chiesa di S. Giovanni Battista con il nome di Pietro. Il padre Ubaldo Fioretti era un artigiano e aveva sposato Marzia (la mamma) già vedova e con una figlia. Pietro rimane orfano di padre in ancor età, e la mamma vedova per la seconda volta si sposa con il fratello di Ubaldo Francesco, un calzolaio a lui molto affezionato e che al nipotino fece frequentare le scuole dei gesuiti e che quindi accolse come apprendista nella sua bottega di calzolaio.

Pietro indossò l’abito cappuccino nel convento della Palanzana di Viterbo il 22 luglio 1693, festa di S. Maria Maddalena, assumendo il nome Crispino da Viterbo, dopo l’anno di noviziato, il 22 luglio 1694, fu trasferito a Tolfa, dove rimase tre anni, per qualche mese rimase a Roma e fino al 1703 dimorò ad Albano, da qui fu trasferito a Monterotondo dove rimase per oltre sei anni, fino 1709; da quest’anno e per quaranta anni rimase ad Orvieto, dove fu ortolano fino al gennaio de1 1710, e poi questuante.

Fra Crispino era veramente esigente con i religiosi, ma non era pessimista nei confronti dell’Ordine Cappuccino: reputava una grande grazia poter in esso servire Dio. Incontrando un fanciullo orvietano, Girolamo, figlio di Maddalena Rosati, gli prediceva che sarebbe stato cappuccino, cantarellandogli: “Senza pane e senza vino, fraticello di fra Crispino”. Il ragazzo si fece frate col nome di Giacinto da Orvieto e mori ancor chierico a Palestrina, appena ventunenne, nel 1749.

Vi sono poi degli aforismi adatti all’indole di fra Crispino. Con essi egli scherza allegramente su fatti e situazioni spesso penosi, con un inesauribile senso di humour: Il droghiere orvietano Francesco Barbareschi, tormentato dalla podagra, era da fra Crispino invitato lepidamente “a prender l’asta d’Achille, cioè la vanga, e faticare nella villa Crispigniana, chiamando così il suo orticello, ove seminava l’insalata e piantava gli erbaggi per i benefattori”. Bruciante come una frustata in faccia, la risposta data ad un altro che gli chiedeva di esser guarito dallo stesso male: “Il vostro male è più di chiragra che di podagra, perché… non pagate chi deve avere: li vostri operai e servitori piangono…”. Alla principessa Barberini, che voleva veder guarito subito il figlio Carlo rispose: “Eh, non ti basta che guarisca nell’Anno Santo? …Eh, che vuoi pigliare il Signore per la barba? Bisogna ricevere da Dio le grazie quando lui le vuol fare”. A Cosimo Puerini, dispiacente di dare in elemosina una fiasca di vino buono, Crispino dice: “Eh, che vuoi fare il sacrificio di Caino?”. Dopo che un cappuccino era scampato per miracolo alla morte nel tentativo di attraversare un fiume in piena, fra Crispino cantarellò: “Torbida si vede, torbida si lassa; son un gran matto, se si passa”.
A fra Crispino capitava spesso di dover parlare di se agli altri, per aiutarli a farsi sul suo conto un’idea più rispondente alla realtà. Diceva spesso: “Sono peggiore dei merangoli, da’ quali pure se ne ricava un poco di sugo, ma da me cosa vogliono ricavare?”. Per sottrarsi a lodi ed ammirazione, fra Crispino ricorreva spesso ad immagini e similitudini. A chi gli diceva di non rovinare la minestra con l’assenzio rispondeva: “Ogni amaro tenetelo caro”, oppure “Questo assenzio se non è secondo il gusto, è secondo lo spirito”. A chi lo commiserava vedendolo camminare sotto la pioggia, diceva: “Amico, io cammino tra una goccia e l’altra”, oppure tirava in ballo la sua “sibilla ” che gli teneva “l’ombrella sopra il capo” o gli portava le pesanti bisacce.
Essendo andato a visitare il cardinale Filippo Antonio Gualtieri, questi gli chiese perché mai, per l’occasione, non avesse indossato un abito e un mantello un poco migliori. E Crispino rispose, allargando il mantello, che questo riluceva da tutte le parti, volendo significare che era logoro e sbucato. A chi si esaltava per i suoi miracoli, diceva: “Eh via, di che vi meravigliate? Non è già cosa nuova che Dio faccia miracoli”; “E non sai, amico, che san Francesco li sa fare i miracoli?”. A Montefiascone, al popolo che gli tagliuzzava il mantello per farne reliquie, gridava: “Ma che fate, o povera gente! Quanto sarebbe meglio che tagliaste la coda ad un cane! Che siete matti? Tanto fracasso per un asino che passa! Andate in chiesa a pregare Iddio!”. L’umile bestia da soma tornava spesso nei discorsi di fra Crispino. Un giorno disse al p. Giovanni Antonio: “Padre guardiano, fra Crispino è un asino, ma la capezza che lo guida sta nelle vostre mani; però, quando volete che vada o si fermi, tirategli o allentategli la capezza”. Quando si faceva aiutare a porsi sulle spalle le bisacce, tutto allegro e gioviale egli diceva: “Carica l’asino e va alla fiera”; e a chi gli chiedeva perché mai non si coprisse il capo contro la pioggia o il sole, rispondeva: “Non sai che l’asino non porta il cappello? E che io sono l’asino dei cappuccini?”. Ma alcune volte soggiungeva con serietà: “Sai perché non porto la testa coperta? Perché rifletto che sempre sto alla presenza di Dio”.

Il peregrinare di fra Crispino per le campagne orvietane durò quasi quarant’anni, con due brevi interruzioni che lo portarono per alcuni mesi a Bassano e per altri a Roma. Lasciò definitivamente Orvieto il 13 maggio 1750, diretto verso l’infermeria di Roma dove morì il 19 maggio 1750.

Fra Crispino fu beatificato il 7 settembre 1806 da papa Pio VII, canonizzato il 20 giugno 1982 da papa Giovanni Paolo II (è stato il primo santo canonizzato da questo papa).


Autore:
Carmelo Randello

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura   At 16, 22-34
Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia.

Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, la folla [degli abitanti di Filippi] insorse contro Paolo e Sila, e i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli e, dopo averli caricati di colpi, li gettarono in carcere e ordinarono al carceriere di fare buona guardia. Egli, ricevuto quest’ordine, li gettò nella parte più interna del carcere e assicurò i loro piedi ai ceppi.
Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli. D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti.
Il carceriere si svegliò e, vedendo aperte le porte del carcere, tirò fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gridò forte: «Non farti del male, siamo tutti qui». Quello allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando cadde ai piedi di Paolo e Sila; poi li condusse fuori e disse: «Signori, che cosa devo fare per essere salvato?». Risposero: «Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia». E proclamarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa.
Egli li prese con sé, a quell’ora della notte, ne lavò le piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio. 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 137 
La tua destra mi salva, Signore.

Oppure:
Signore, il tuo amore è per sempre.

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.

La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani. 

Canto al Vangelo  Gv 16,7.13
Alleluia, alleluia.

Manderò a voi lo Spirito di verità, dice il Signore;
egli vi guiderà a tutta la verità.
Alleluia.

Vangelo    Gv 16, 5-11
Se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore.

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore.
Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi.
E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».