Messa quotidiana

Santa Messa 19-3-24

SAN GIUSEPPE SPOSO DELLA BEATA VERGINE MARIA
PATRONO DELLA CHIESA UNIVERSALE
Solennità

San Giuseppe ha unito Gesù alla discendenza di Davide. Gesù ha quindi potuto rivendicare questo titolo messianico preannunciato dalla Scrittura. Questa funzione di Giuseppe è messa particolarmente in rilievo dalla doppia genealogia di Gesù, che ci hanno lasciato Matteo e Luca (Mt 1,1,-17; Lc 3,23-38).
Giuseppe è, inoltre, il patriarca il cui trova compimento il tema biblico dei «sogni» (Mt 1,20-24; 2,13-19) con i quali Dio ha spesso comunicato gli uomini le sue intenzioni.  Come Giovanni il Battista è l’ultimo dei profeti, perché indica a vista (Gv 1,29) colui che le profezie annunciavano. Così Giuseppe è l’ultimo patriarca biblico che ha ricevuto  il dono dei «sogni» (Gn 28,10-20); 37, 6-11). Questa somiglianza con gli antichi patriarchi risalta ancora di più nel racconto della fuga in Egitto con la quale Giuseppe rifà il viaggio dell’antico Giuseppe, affinché si compia in lui e in Gesù, suo figlio, il nuovo esodo (Mt 2,13-23; Os 11,1; Gn 37; 50,22-26).
Infine Giuseppe è il capo della modestissima famiglia, nella quale vediamo realizzato il mistero dell’incarnazione del Verbo, e scopriamo la grandezza delle ultime realtà temporali di cui Dio si serve per attuare il suo piano.
Giuseppe, sposo di Maria, è l’ultimo dei giusti dell’Antico Testamento che vive di fede. Per la fede meritò di custodire la «promessa» ormai realizzata dal «mistero di salvezza».
Il vangelo presenta Giuseppe come figura fondamentale  nel disegno di amore del Padre, con un compito di «segno» privilegiato della paternità di Dio. La devozione popolare, decretando tanta venerazione a san Giuseppe, riconosce che Dio sceglie nella sua venerazione a san Giuseppe, riconosce che Dio sceglie nella sua opera le persone più adatte e il momento più giusto.
Colui che presiede la liturgia eucaristica svolge come san Giuseppe un compito di «custode» e amministratore del mistero di salvezza.
Lo spirito di servizio dei ministri di culto deva, in fondo, rendere credibile la maternità della Chiesa, la paternità di Dio. Le scelte del Padre sono fondamentalmente «giuste» e non andranno deluse dai singoli fallimenti, legati al rischio della libertà umana che Dio sempre rispetta.

Il fedele nutrizio e custode

Dai «Discorsi» di san Bernardino da Siena, sacerdote (Disc. 2 su san Giuseppe; Opera 7,16.27-30)
Regola generale di tutte le grazie singolari partecipate a una creatura ragionevole è che quando la condiscendenza divina sceglie qualcuno per una grazia singolare o per uno stato sublime, concede alla persona così scelta tutti i carismi che le sono necessari per il suo ufficio. Naturalmente essi portano anche onore al prescelto. Ecco quanto si è avverato soprattutto nel grande san Giuseppe, padre putativo del Signore Gesù Cristo e vero sposo della regina del mondo e signora degli angeli. Egli fu scelto dall’eterno Padre come fedele nutrizio e custode dei suoi principali tesori, il Figlio suo e la sua sposa, e assolse questo incarico con la più grande assiduità. Perciò il Signore gli dice: Servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore (cfr. Mt 25,21).
Se poni san Giuseppe dinanzi a tutta la Chiesa di Cristo, egli è l’uomo eletto e singolare, per mezzo del quale e sotto il quale Cristo fu introdotto nel mondo in modo ordinato e onesto. Se dunque tutta la santa Chiesa è debitrice alla Vergine Madre, perché fu stimata degna di ricevere Cristo per mezzo di lei, così in verità dopo di lei deve a Giuseppe una speciale riconoscenza e riverenza.
Infatti egli segna la conclusione dell’Antico Testamento e in lui i grandi patriarchi e i profeti conseguono il frutto promesso. Invero egli solo poté godere della presenza fisica di colui che la divina condiscendenza aveva loro promesso.
Certamente Cristo non gli ha negato in cielo quella familiarità, quella riverenza e quell’altissima dignità che gli ha mostrato mentre viveva fra gli uomini, come figlio a suo padre, ma anzi l’ha portata al massimo della perfezione.
Perciò non senza motivo il Signore soggiunge: «Entra nella gioia del tuo Signore». Sebbene sia la gioia della beatitudine eterna che entra nel cuore dell’uomo, il Signore ha preferito dire: «Entra nella gioia», per insinuare misticamente che quella gioia non solo è dentro di lui, ma lo circonda ed assorbe da ogni parte e lo sommerge come un abisso infinito.
Ricòrdati dunque di noi, o beato Giuseppe, ed intercedi presso il tuo Figlio putativo con la tua potente preghiera; ma rendici anche propizia la beatissimo Vergine tua sposa, che è Madre di colui che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna nei secoli infiniti. Amen.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  2 Sam 7,4-5.12-14.16
Il Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo padre.

Dal secondo libro di Samuèle
In quei giorni, fu rivolta a Natan questa parola del Signore:
«Va’ e di’ al mio servo Davide: Così dice il Signore: “Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno.
Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio.
La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”». 

Salmo Responsoriale  
Dal Salmo 88
In eterno durerà la sua discendenza.


Canterò in eterno l’amore del Signore,
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».

«Ho stretto un’alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide, mio servo.
Stabilirò per sempre la tua discendenza,
di generazione in generazione edificherò il tuo trono».

«Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza”.
Gli conserverò sempre il mio amore,
la mia alleanza gli sarà fedele».

Seconda Lettura   Rm 4,13.16-18.22
Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, non in virtù della Legge fu data ad Abramo, o alla sua discendenza, la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede.
Eredi dunque si diventa in virtù della fede, perché sia secondo la grazia, e in tal modo la promessa sia sicura per tutta la discendenza: non soltanto per quella che deriva dalla Legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi – come sta scritto: «Ti ho costituito padre di molti popoli» – davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che non esistono.
Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: «Così sarà la tua discendenza». Ecco perché gli fu accreditato come giustizia.

Canto al Vangelo   Sal 83,5
Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio.
Beato chi abita nella tua casa, Signore:
senza fine canta le tue lodi.
Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio.

  

Vangelo  Mt 1,16.18-21.24a
Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.

Dal vangelo secondo Matteo
Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.

Oppure:

Vangelo  Lc 2,41-51
Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo.

Dal vangelo secondo Luca
I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso.