Messa quotidiana

Santa Messa 13-7-21


SANT’ENRICO ii

Nella storia della Chiesa riscontriamo non poche coppie di sposi ascese alla gloria degli altari, vicende di santità coniugale sovente purtroppo poco conosciute, come quella di Cunegonda ed Enrico, quest’ultimo singolarmente festeggiato in data odierna nell’anniversario della sua morte. Le notizie sul suo conto ci provengono da due versioni della sua Vita, attribuite ad Adalberto di Utrecht ed Adalberto di Bamberga.
Nato nel 972 dal duca bavarese Enrico il Litigioso e Gisella di Borgogna, Enrico fu istruito dal vescovo di Ratisbona, San Volfango. Enrico ebbe un fratello, Bruno, che rinunciò agli agi della vita di corte per divenire pastore d’anime come vescovo di Augusta, nonché due sorelle: Brigida, che si fece monaca, e Gisella, che andò in sposa al celebre Santo Stefano d’Ungheria. Nel 995 Enrico II succedette al padre quale duca di Baviera e nel 1002 al cugino Otone III come re di Germania. Contro Enrico insorse il celebre Arduino d’Ivrea, che dopo tante fatiche aveva ottenuto la corona d’Italia, ma questi lo sconfisse con un’armata e poi raggiunse Roma con sua moglie Cunegonda per ricevere la corona imperiale da Papa Benedetto VIII, che lo pose così a guida del Sacro Romano Impero.
Enrico si mostrò in vari modi enefattore della Chiesa, restaurando le sedi di Hildeshein, Magdeburgo, Strasburgo e Meersburg. Nel 1006 fondò la diocesi di Bamberga ed in tale città fece edificare la cattedrale ed un monastero, onde rafforzare il suo potere in quella parte della Germania. In questa sua opera fu osteggiato dai vescovi di Wurzburg ed Eichstatt, che perdettero parte del territorio delle loro diocesi. Il sovrano pensò bene di ottenere al riguardo l’approvazione pontificia e lo stesso Benedetto VIII officiò nel 1020 la consacrazione della nuova cattedrale.
Il santo imperatore sostenne la riforma cluniacense, in particolare Sant’Odilone di Cluny e Riccardo di Saint-Vanne, e fu lui inoltre a sollecitare l’introduzione della recita del Credo nella Messa festiva, pur restando un potente sovrano intento ad estendere la sua influenza ed il suo potere. Alcune delle sue azioni politiche appaiono infatti equivoche, se analizzate da un punto di vista del bene del cristianesimo: rovesciò infatti la politica dei suoi predecessori nei confronti dell’Oriente cristiano e, come ebbe ad evidenziare il Dvornik, per la prima volta “il capo dell’impero del cristianesimo occidentale prende le armi contro un paese [la Polonia], il cui carattere cristiano è stato così apertametne e solennemente benedetto dal suo predecessore”.
Pur di perseguire i suoi scopi, strinse alleanze con alcune popolazioni pagane, consentendo loro di praticare le loro religioni apertamente e di portare in battaglia i loro stendardi ed i loro dei. A molti suoi contemporanei tale atteggiamento parve in assoluto contrasto con quello tradizionale dell’imperatore in dovere di convertire i pagani. Fu perciò aspramente criticato da San Bruno di Querfurt, missionario proprio in terra pagana: “E’ giusto perseguitare una nazione cristiana e concedere amicizia ad una nazione pagana? In che modo può Cristo avere relazione con Satana? In che modo possiamo paragonare la luce al buio? Non è meglio combattere i pagani per il bene del cristianesimo, piuttosto che far torto ai cristiani per onori terreni?”.
Queste sono solo alcune delle ragioni per cui pare fu problematico, agli occhi dei suoi primi biografi, dipingere Enrico II come un santo ed a tal fine non restò che creare, forse artificiosamente edificanti leggende che lo descrissero come un governante riluttante ed un monaco sincero, intento a condurre uno stile di vita ascetico, vivendo il matrimonio in castità. Si trattò però in gran parte di esagerazioni volte ad esaltare oltre misura la sua opera pubblica e la sua vita privata.
Enrico tornò nuovamente in Italia nel 1021, per una spedizione in Puglia contro i bizantini, ma si ammalò e sulla via del ritorno fu portato a Montecassino, ove secondo la leggenda guarì miracolosamente pregando sulla tomba di San Benedetto. Restò tuttavia storpio per il resto dei suoi giorni, fino alla morte avvenuta a Bamberga il 13 luglio 1024. Sua moglie Cunegonda si ritirò in un monastero benedettino da lei fondato ed infine fu sepolta accanto al marito nella cattedrale di Bamberga.
L’imperatore Enrico II, forse innanzitutto per il suo aperto appoggio concesso al papato, fu canonizzato nel 1152, o secondo altre fonti autorevoli nel 1146 dal papa Beato Eugenio III, ma solo nel 1200 fu raggiunto nel canone dei santi dalla moglie Cunegonda.

Da una «Vita antica» di sant’Enrico.

Questo santo servo di Dio, ricevuta l’unzione regale, non fu contento delle ristrettezze di un regno terreno, ma, per conseguire la corona della vita immortale, si propose di militare sotto le insegne del sommo Re. Servire lui è regnare! Perciò usò grandissima diligenza nel diffondere l’amore alla religione, nell’assicurare alle chiese benefici e suppellettili preziose. Stabilì nel suo stesso palazzo la sede episcopale di Bamberga sotto i titoli dei principi degli apostoli Pietro e Paolo e del glorioso martire Giorgio. Ne fece omaggio con diritti particolari alla santa Chiesa di Roma, per rendere alla prima Sede l’onore dovutole per diritto divino. Con questo alto patronato diede solide basi alla sua fondazione.
Perché poi a tutti sia noto con quale vigilanza quest’uomo santo abbia provveduto la sua nuova chiesa dei beni della pace e della tranquillità anche per i tempi futuri, inseriamo qui, a conferma, una sua lettera: «Enrico per divina Provvidenza re, a tutti i figli della Chiesa presenti e futuri. Siamo invitati e ammoniti dai salutari insegnamenti della Sacra Scrittura di abbandonare i beni temporali e le comodità di questa terra e cercare con ogni mezzo di conseguire le dimore eterne dei cieli. Infatti il godimento della gloria presente è transitorio e vano, a meno che non sia orientato all’eternità celeste. E la misericordia di Dio provvide al genere umano un utile rimedio quando stabilì che i beni della terra fossero il prezzo della patria celeste.
Perciò a noi, memori di questa clemenza e ben sapendo di essere stati innalzati alla dignità regale per una gratuita disposizione della misericordia di Dio, è parsa cosa buona non solo di ampliare le chiese costruite dai nostri predecessori, ma di costruirne delle nuove a maggior gloria di Dio e dotarle di benefici e favori in segno della nostra devozione. Perciò, porgendo vigile ascolto ai comandamenti del Signore e osservando i divini consigli, desideriamo mettere in serbo in cielo i tesori elargiti dalla generosa liberalità divina; in cielo dove i ladri non sfondano né rubano, né il tarlo o la tignola li consumano; in cielo dove, mentre ora ci diamo premura di raccogliervi tutte le nostre cose, anche il nostro cuore possa rivolgersi più spesso con desiderio e con amore.
Pertanto vogliamo che tutti i fedeli sappiano che noi abbiamo innalzato alla dignità di prima sede episcopale una località che si chiama Bamberga, lasciataci in eredità dal nostro padre, perché là si mantenga un solenne ricordo di noi e dei nostri genitori e si offra continuamente il sacrificio di salvezza per tutti i fedeli».

ORAZIONE

O Dio, che hai colmato dei tuoi doni Sant’Enrico
e dalla regalità terrena lo hai innalzato alla corona eterna,
assisti e proteggi i tuoi fedeli, perchè tra le vicende del mondo
corrano incontro a te nella giustizia e nella santità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen.


Autore: 
Don Fabio Arduino

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  Es 2, 1-15
Lo chiamò Mosè perché l’aveva tratto dalle acque; cresciuto in età, egli si recò dai suoi fratelli.

Dal libro dell’Èsodo
In quei giorni, un uomo della famiglia di Levi andò a prendere in moglie una discendente di Levi. La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre, prese per lui un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece, vi adagiò il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. La sorella del bambino si pose a osservare da lontano che cosa gli sarebbe accaduto.
Ora la figlia del faraone scese al Nilo per fare il bagno, mentre le sue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Ella vide il cestello fra i giunchi e mandò la sua schiava a prenderlo. L’aprì e vide il bambino: ecco, il piccolo piangeva. Ne ebbe compassione e disse: «È un bambino degli Ebrei». La sorella del bambino disse allora alla figlia del faraone: «Devo andare a chiamarti una nutrice tra le donne ebree, perché allatti per te il bambino?». «Va’», rispose la figlia del faraone. La fanciulla andò a chiamare la madre del bambino. La figlia del faraone le disse: «Porta con te questo bambino e allattalo per me; io ti darò un salario». La donna prese il bambino e lo allattò.
Quando il bambino fu cresciuto, lo condusse alla figlia del faraone. Egli fu per lei come un figlio e lo chiamò Mosè, dicendo: «Io l’ho tratto dalle acque!».
Un giorno Mosè, cresciuto in età, si recò dai suoi fratelli e notò i loro lavori forzati. Vide un Egiziano che colpiva un Ebreo, uno dei suoi fratelli. Voltatosi attorno e visto che non c’era nessuno, colpì a morte l’Egiziano e lo sotterrò nella sabbia.
Il giorno dopo uscì di nuovo e vide due Ebrei che litigavano; disse a quello che aveva torto: «Perché percuoti il tuo fratello?». Quegli rispose: «Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi? Pensi forse di potermi uccidere, come hai ucciso l’Egiziano?». Allora Mosè ebbe paura e pensò: «Certamente la cosa si è risaputa».
Il faraone sentì parlare di questo fatto e fece cercare Mosè per metterlo a morte. Allora Mosè fuggì lontano dal faraone e si fermò nel territorio di Madian.


Salmo Responsoriale
   Dal Salmo 68
Voi che cercate Dio, fatevi coraggio.

Affondo in un abisso di fango,
non ho nessun sostegno;
sono caduto in acque profonde
e la corrente mi travolge.

Ma io rivolgo a te la mia preghiera,
Signore, nel tempo della benevolenza.
O Dio, nella tua grande bontà, rispondimi,
nella fedeltà della tua salvezza.

Io sono povero e sofferente:
la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro.
Loderò il nome di Dio con un canto,
lo magnificherò con un ringraziamento.

Vedano i poveri e si rallegrino;
voi che cercate Dio, fatevi coraggio,
perché il Signore ascolta i miseri
e non disprezza i suoi che sono prigionieri. 

Canto al Vangelo  Sal  94 
Alleluia, alleluia.

Oggi non indurite il vostro cuore,
ma ascoltate la voce del Signore.

Alleluia.

Vangelo   Mt 11, 20-24
Nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne e la terra di Sòdoma saranno trattate meno duramente di voi.

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite:
«Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te».