Messa quotidiana

Santa Messa 13-3-22

https://www.youtube.com/watch?v=5rqw1pMyAvk

II DOMENICA DI QUARESIMA
Anno C

Dio si fa «alleato» dell’uomo

Scegliere una strada impegnativa implica coraggio e sacrificio. Nella famiglia, nel lavoro, nella professione o in una missione non si raggiungono obiettivi senza pagare un prezzo in sacrificio e in generosa dedizione. A poco prezzo, a breve scadenza, senza sforzo non si ottiene e non si costruisce molto. Su ogni realizzazione autenticamente umana c’è il marchio della croce. Ma quando il risultato non ripaga lo sforzo si è tentati di abbandonare il pro­getto e di lasciarsi prendere dalla sfiducia.

Un’alleanza che impegna
Quando Dio irrompe nella vita di un uomo sconvolge piani, sra­dica sicurezze, domanda la rinuncia a progetti e ambizioni personali, chiede incrollabile fiducia nelle sue proposte. Ma ciò che egli prospetta supera ampiamente ogni attesa e previsione umana. Abramo e Cristo, non a caso scelti come personaggi-chiave di questa domenica, nella loro disponibilità e obbedienza sperimentano la risposta di Dio: la luminosa teofania incoraggia entrambi ad affrontare il cammino che resta da percorrere fino al possesso della terra (prima lettura), fino alla gloria della risurrezione (vangelo). A coloro che accettano con fiducia il suo piano, Dio si lega con un solenne vincolo di alleanza, apre un futuro di luce e di speranza. La Chiesa di fronte all’impegno di rinnovamento ne intravede le modalità è il traguardo. La fede e la fiducia nelle promesse di Dio sono condizione indispensabile per arrivare alla meta della trasfigurazione pasquale che anticipa e prefigura la trasfigurazione di tutto l’uomo nella gloria finale (seconda lettura).

La preghiera fonte di luce
Dio lascia all’uomo la fatica di scoprire il suo disegno, di cercare il senso della sua volontà nello svolgersi dell’esistenza. Per la vita cristiana l’esperienza della preghiera diventa momento illuminante. Luca annota come la trasfigurazione di Gesù avvenga durante la preghiera, ne sia quasi la conseguenza. Tutta la vita di Gesù è intessuta di preghiera, e Luca registra il fatto soprattutto nei momenti decisivi: al battesimo (3,12), prima della scelta dei dodici (6,12), prima della confessione di Pietro (9,18), al monte della trasfigurazione (vangelo), nel Getsemani (22,39-46), sulla croce (23,34.46).
Il significato e l’orientamento della vita di Gesù sono inequivocabili: Mosè ed Elia parlano con lui del prossimo «esodo» che dovrà sostenere a Gerusalemme; la voce del Padre lo indica Figlio che, come il Servo di Iahvè (cf Is 42,1-8), è destinato al sacrificio. Ma oltre la sofferenza ci sarà l’epilogo della risurrezione.
Questa luminosa manifestazione, scaturita dalla preghiera, suggerisce qualche spunto sul significato che la preghiera assume nella nostra vita. L’orazione cristiana non può essere l’ultima spiaggia o l’estremo rimedio dei disperati, né una specie di contratto sindacale. Essa è invece «espressione di un’esistenza debitrice» (W. Kasper), momento in cui si approfondisce la comunione con il Padre e si esprime la relazione filiale nell’ascolto e nel dialogo; momento di confronto, di decisioni coraggiose e di conversione. Il cristiano che prega, infatti, prende le distanze dall’autosufficienza del mondo, consente a Dio di trasformargli il cuore, si lascia guidare dallo Spirito per essere plasmato a immagine del Figlio. Se si confronta con disponibilità la propria vita con la logica che ha guidato Cristo alla solidarietà con gli uomini e con la sua obbedienza al Padre, senza malinconici ripiegamenti su se stessi, si esce cambiati e si ritorna ai fratelli con il segno dell’incontro con Dio. Può essere che non si ottengano risultati tangibili. L’unico risultato, che però non è matematicamente misurabile, è un più profondo senso di fiducia nel Padre con la certezza che egli guida la nostra storia in senso positivo.

Verso in trasfigurazione finale.
«Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto… Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi, Dio della mia salvezza…» (salmo responsoriale). La preghiera di chi rinuncia alla propria sufficienza diventa accorata invocazione, aperta alla speranza. Solo chi non ha nulla da difendere è in grado di affidarsi a Dio. Chi invece ripone fiducia solo nei propri mezzi e nella propria potenza non ha nĂ© futuro, nĂ© speranza e conoscerĂ  il giudizio negativo di Dio, ossia il proprio fallimento (seconda lettura).
Il cristiano, consapevole del proprio inserimento in Cristo, se vive la propria vocazione senza sottostare alla tentazione di installarsi nel possesso delle cose e si apre all’attesa fedele e perseverante, conoscerà la sorte gloriosa del risorto, la trasfigurazione totale della persona. Un anticipo della condizione finale è offerto alla comunità nell’eucaristia che è assimilazione al Corpo risorto del Signore e partecipazione alla sua gloria.

La legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la veritĂ  vennero per mezzo di GesĂą Cristo

Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa  (Disc. 51, 3-4. 8; PL 54, 310-311. 313)
Il Signore manifesta la sua gloria alla presenza di molti testimoni e fa risplendere quel corpo, che gli è comune con tutti gli uomini, di tanto splendore, che la sua faccia diventa simile al fulgore del sole e le sue vesti uguagliano il candore della neve.
Questa trasfigurazione, senza dubbio, mirava soprattutto a rimuovere dall’animo dei discepoli lo scandalo della croce, perchĂ© l’umiliazione della Passione, volontariamente accettata, non scuotesse la loro fede, dal momento che era stata rivelata loro la grandezza sublime della dignitĂ  nascosta del Cristo.
Ma, secondo un disegno non meno previdente, egli dava un fondamento solido alla speranza della santa Chiesa, perché tutto il Corpo di Cristo prendesse coscienza di quale trasformazione sarebbe stato soggetto, e perché anche le membra si ripromettessero la partecipazione a quella gloria, che era brillata nel Capo.
Di questa gloria lo stesso Signore, parlando della maestĂ  della sua seconda venuta, aveva detto: «Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro» (Mt 13, 43). La stessa cosa affermava anche l’apostolo Paolo dicendo: «Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrĂ  essere rivelata in noi» (Rm 8, 18). In un altro passo dice ancora: «Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterĂ  Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria» (Col 3, 3. 4).
Ma, per confermare gli apostoli nella fede e per portarli ad una conoscenza perfetta, si ebbe in quel miracolo un altro insegnamento. Infatti Mosè ed Elia, cioè la legge e i profeti, apparvero a parlare con il Signore, perché in quella presenza di cinque persone di adempisse esattamente quanto è detto: «Ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni» (Mt 18, 16).
Che cosa c’è di piĂą stabile, di piĂą saldo di questa parola, alla cui proclamazione si uniscono in perfetto accordo le voci dell’Antico e del Nuovo Testamento e, con la dottrina evangelica, concorrono i documenti delle antiche testimonianze?
Le pagine dell’uno e dell’altro Testamento si trovano vicendevolmente concordi, e colui che gli antichi simboli avevano promesso sotto il velo viene rivelato dallo splendore della gloria presente. PerchĂ©, come dice san Giovanni: «La Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la veritĂ  vennero per mezzo di GesĂą Cristo» (Gv 1, 17). In lui si sono compiute le promesse delle figure profetiche e ha trovato attuazione il senso dei precetti legali: la sua presenza dimostra vere le profezie e la grazia rende possibile l’osservanza dei comandamenti.
All’annunzio del Vangelo si rinvigorisca dunque la fede di voi tutti, e nessuno si vergogni della croce di Cristo, per mezzo della quale è stato redento il mondo.
Nessuno esiti a soffrire per la giustizia, nessuno dubiti di ricevere la ricompensa promessa, perchĂ© attraverso la fatica si passa al riposo e attraverso la morte si giunge alla vita. Avendo egli assunto le debolezze della nostra condizione, anche noi, se persevereremo nella confessione e nell’amore di lui, riporteremo la sua stessa vittoria e conseguiremo il premio promesso.
Quindi, sia per osservare i comandamenti, sia per sopportare le contrarietà, risuoni sempre alle nostre orecchie la voce del Padre, che dice: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo» (Mt 17, 5).


LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  Gn 15,5-12.17-18
Dio stipula l’alleanza con Abramo fedele.

Dal libro del Gènesi
In quei giorni, Dio condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.
E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo».
Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò.
Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscuritĂ  lo assalirono.
Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram:
«Alla tua discendenza
io do questa terra,
dal fiume d’Egitto
al grande fiume, il fiume Eufrate».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 26
Il Signore è mia luce e mia salvezza.

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?

Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietĂ  di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito:
«Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco.

Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.

Sono certo di contemplare la bontĂ  del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

Seconda Lettura  Fil 3,17-4,1
Cristo ci trasfigurerĂ  nel suo corpo glorioso.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi
Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra.
La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.
Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!

Canto al Vangelo    Mc 9,7
Lode e onore a te, Signore GesĂą!

Dalla nube luminosa, si udì la voce del Padre:
«Questi è il mio Figlio l’amato: ascoltatelo».
Lode e onore a te, Signore GesĂą.

  
Vangelo  Lc 9,28b-36

Mentre GesĂą pregava, il suo volto cambio d’aspetto.

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò GesĂą solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto. Â