Poesie

Santa Giuseppina Bakhita

Vergine – Oglassa (Darfur – Sudan) 1868
+ Schio (Vi) 8 febbraio 1947

Fu rapita da bambina e ven- duta schiava più volte nei mercati africani.
Furono i suoi rapitori a chia- marla Bakhita che significa “for- tunata”.
Liberata a Venezia, divenne cristiana e poi religiosa presso le Figlie della Carità Canossiane, con il nome di Giuseppina.
Cuoca, sacrestana, portinaia furono le sue mansioni.
Visse sempre nella città di Schio prodigandosi per tutti.
La chiamavano “La Madre Moretta”.
Amò con cuore umile e sincero piccoli e grandi. Prima di morire a causa di una polmonite, disse: – Me ne vado con due valigie: una contiene i miei peccati, l’al- tra ben più pesante, i meriti infiniti di Gesù Cristo -.
Papa Giovanni Paolo II, che la beatificò il 17 maggio 1992 e la canonizzò il 1 ottobre 2000, la definì: “Sorella universale”.

Bakhita, non conosci
chi ti ha generato,
qual è la tua famiglia,
e neppure il tuo nome.

Conosci i tuoi padroni,
quelli che sul mercato
dai sette anni in poi
ti hanno rivenduta.

Che dramma la tua vita!
Bakhita, sei nessuno!
E chi ti compra e vende
ti chiama: “Fortunata!”.

Rapita da bambina;
esposta sui mercati:
tu segui i tuoi padroni
e mangi solo lacrime.

El Obeid e Khartoum,
la truppa degli schiavi,
nei polsi le catene:
la sorte delle bestie.

O dimmi, mia Bakhita,
nel buio della notte,
chi t’asciugava il pianto,
chi dava a te speranza?

Un giorno capirai
che tu parlavi a Dio,
al Dio sconosciuto,
che diede a te la vita.

Bakhita liberata!
Bakhita battezzata!
– Qui son diventata figlia! –
dirai baciando il fonte.

Adesso insieme a te
è libero Gesù
di donarti il suo amore
e avere tutto il tuo.

Adesso sei l’amata
di Colui che ti creò.
Ora, sì, sei “Fortunata”
perché sposata a Lui.

Dimentica, Bakhita,
i lacci e lo scudiscio,
il pan che mai fu pane
e l’urlo dei padroni.

Or Suora Giuseppina,
non c’è più differenza
tra il vivere e il morire,
perché tua vita è Dio.

P.G.Alimonti OFM cap, Vento impetuoso, vol VII, pp 14-15-16