Messa quotidiana

Omelia 5-11-17

L’eterno riposo dona loro, o Signore, splenda ad essi la Luce perpetua, riposino in pace. Amen.

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno A

L’autenticità cristiana

La violenza del linguaggio che Gesù adopera verso quei farisei che si erano seduti sulla cattedra di Mosè può sorprendere, a prima vista, ma è proporzionata alla gravità dello stravolgimento della vita religiosa che essi avevano provocato. Il rimprovero più sferzante che Gesù rivolge loro è quello dell’ipocrisia. Questi farisei erano dei credenti che si erano personalmente impegnati nell’avventura della fede e nella ricostruzione della vita religiosa del loro tempo. Sapevano benissimo che la fedeltà all’alleanza non si riduce a delle prestazioni cultuali, che, al contrario, importa precise esigenze morali. Conoscevano che esistono prescrizioni più importanti della Legge, quelle che riguardano la giustizia e la misericordia. Ma la paura di perdersi e di presentarsi a Dio a mani vuote, li conduceva a cercare all’interno stesso dell’avventura della fede un terreno di sicurezza dove operare la loro giustizia. Per arri­vare a questo non c’era nulla di più facile che ridurre la fedeltà a Dio all’osservanza della Legge, la fede alla religione. A questo punto è possibile scoprirsi automaticamente migliori degli altri; le raffinatezze della casistica permettono di accentuare ancora di più il sentimento di superiorità; gli altri vengono caricati di fardelli insopportabili, mentre si può approfittare delle risorse della casistica per raggirare la legge. Qui l’ipocrisia è manifesta: chi ha spirito farisaico mente a se stesso e inganna gli altri. Egli ha tutta l’apparenza della vera fedeltà a Iahvè, ma in realtà la religione che testimonia è estranea all’avventura della fede, e anziché condurre a Dio gli uomini non fa che attirare gli sguardi su di sé; senza neppure avvedersene egli in tutto ciò che fa cerca soltanto di farsi notare.

La reazione di Cristo
Davanti a simili perversioni si comprende la reazione forte di Gesù. Non c’è niente, infatti, di più estraneo alla religione dell’amore, che il legalismo farisaico col suo corteo di conseguenze. È un atteggiamento e una tentazione corrosiva. Quando nella coscienza del credente si infiltra il legalismo, il dinamismo proprio dell’avventura della fede viene bloccato, anche se le apparenze sono salve.

Un’insidia nascosta
Perché l’accusa di ipocrisia viene rivolta più sovente ai cristiani che non agli altri? L’ideale cristiano è certamente molto elevato, ma perché si accusano i cristiani di affermare con le parole quello che smentiscono poi con i fatti? Forse perché l’ipocrisia costituisce la tentazione per eccellenza di tutti coloro che vogliono percorrere l’avventura della fede.
L’ipocrisia ha impedito al popolo giudaico di varcare la soglia che doveva portarlo al riconoscimento del vero Messia. È un pericolo che corre anche il popolo cristiano: di snaturare il volto stesso del regno di Dio. I cristiani non sono premuniti più dei Giudei contro il rischio dell’ipocrisia, perché l’orgoglio sottile, da una parte, e una certa inerzia spirituale dall’altra, continuano a lavorare in mezzo a loro. Più che di una vera ipocrisia soggettiva e cosciente, spesso si tratta di una ipocrisia oggettiva che è insita in fatti e in comportamenti poco chiari e decisi. Paolo riprese Pietro per un atteggiamento poco franco nella questione dei rapporti con i cristiani provenienti dal paganesimo (Gal 2,14). L’atteggiamento di Pietro non era ipocrita ma prudenziale, però, data la sua posizione di autorità, esso contribuiva a mantenere un equivoco che l’universalismo cristiano non poteva tollerare. Proprio coloro che hanno responsabilità sono, più degli altri, in pericolo di comportarsi con una certa ipocrisia. Per stare sopra le parti, per non prendere decisioni che possono dispiacere, sono tentati di non intervenire, di rispondere in maniera evasiva anche quando si esigerebbe da loro una scelta chiara, una presa di posizione decisa, anche se rischiosa e impopolare.

Un dialogo franco e sincero
Anche nell’attuale questione ecumenica può infiltrarsi l’atteggiamento ambiguo, mentre si richiede chiarezza e precisione perché il dialogo ne guadagni in oggettività. Le posizioni sfumate, le dichiarazioni fumose, un falso irenismo che elude i problemi, servono solo a creare illusioni e a spostare sempre più in là l’incontro fraterno e leale. «Bisogna assolutamente esporre con chiarezza tutta intera la dottrina» (UR 11).
Vale l’esortazione del Vaticano II a tutti i cristiani: «Spinti dalla carità che viene da Dio, i laici operano il bene verso tutti, in modo speciale verso i fratelli nella fede (cf Gal 6,10), eliminando “ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza” (1 Pt 2,1), attraendo così gli uomini a Cristo» (AA 4f).

Promuovere la pace

Dalla Costituzione pastorale «Gaudium et spes» del Concilio ecumenico Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo  (Nn. 78)
La pace non è semplicemente assenza di guerra, né si riduce solamente a rendere stabile l’equilibrio delle forze contrastanti e neppure nasce da un dominio dispotico, ma si definisce giustamente e propriamente «opera della giustizia» (Is 32, 17). Essa è frutto dell’ordine impresso nella società umana dal suo fondatore. E’ un bene che deve essere attuato dagli uomini che anelano ad una giustizia sempre più perfetta.
Il bene comune del genere umano è regolato nella sua sostanza dalla legge eterna, ma, con il passare del tempo, è soggetto, per quanto riguarda le sue esigenze concrete, a continui cambiamenti. Perciò la pace non è mai acquisita una volta per tutte, ma la si deve costruire continuamente. E siccome per di più la volontà umana è labile e, oltre tutto, ferita dal peccato, l’acquisto della pace richiede il costante dominio delle passioni di ciascuno e la vigilanza della legittima autorità.
Tuttavia questo non basta ancora. Una pace così configurata non si può ottenere su questa terra se non viene assicurato il bene delle persone e se gli uomini non possono scambiarsi in tutta libertà e fiducia le ricchezze del loro animo e del loro ingegno. Per costruire la pace, poi sono assolutamente necessarie la ferma volontà di rispettare gli altri uomini e gli altri popoli, l’impegno di ritener sacra la loro dignità e, infine, la pratica continua della fratellanza. Così la pace sarà frutto anche dell’amore, che va al di là quanto la giustizia da sola può dare.
La pace terrena, poi, che nasce dall’amore del prossimo, è immagine ed effetto della pace di Cristo che promana da Dio Padre. Infatti lo stesso Figlio di Dio, fatto uomo, principe della pace, per mezzo della sua croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio e, ristabilendo l’unità di tutti in un solo popolo e in un solo corpo, ha distrutto nella sua carne l’odio (cfr. Ef 2, 16; Col 1, 20. 22). Nella gloria della sua risurrezione ha diffuso nei cuori degli uomini lo Spirito di amore.
Perciò tutti i cristiani sono fortemente chiamati a «vivere secondo la verità nella carità» (Ef 4, 15) e a unirsi con gli uomini veramente amanti della pace per implorarla e tradurla in atto.
Mossi dal medesimo Spirito, non possiamo non lodare coloro che, rinunziando ad atti di violenza nel rivendicare i loro diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa che sono del resto alla portata anche dei più deboli, purché questo si possa fare senza ledere i diritti e i doveri degli altri o della comunità.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  Ml 1,14-2,2.8-10
Avete deviato dalla retta via e siete stati d’inciampo a molti con il vostro insegnamento.

Dal libro del profeta Malachia
Io sono un re grande – dice il Signore degli eserciti – e il mio nome è terribile fra le nazioni.
Ora a voi questo monito, o sacerdoti. Se non mi ascolterete e non vi darete premura di dare gloria al mio nome, dice il Signore degli eserciti, manderò su voi la maledizione.
Voi invece avete deviato dalla retta via
e siete stati d’inciampo a molti
con il vostro insegnamento;
avete distrutto l’alleanza di Levi,
dice il Signore degli eserciti.
Perciò anche io vi ho reso spregevoli
e abietti davanti a tutto il popolo,
perché non avete seguito le mie vie
e avete usato parzialità nel vostro insegnamento.
Non abbiamo forse tutti noi un solo padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l’uno contro l’altro, profanando l’alleanza dei nostri padri?

Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 130
Custodiscimi, Signore, nella pace.

Signore, non si esalta il mio cuore
né i miei occhi guardano in alto;
non vado cercando cose grandi
né meraviglie più alte di me.

Io invece resto quieto e sereno:
come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è in me l’anima mia.

Israele attenda il Signore,
da ora e per sempre.

Seconda Lettura  1 Ts 2,7-9.13
Avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi
Fratelli, siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari.
Voi ricordate infatti, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio.
Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti.

Canto al Vangelo
  Mt 23,9.10
Alleluia, alleluia.

Uno solo è il Padre vostro, quello celeste
e uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Alleluia.

   
Vangelo  Mt 23,1-12

Dicono e non fanno

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».