Omelia 5-1-16
GesĂą rendici degni di Te
BEATO DIEGO GIUSEPPE DA CADICE
Esser frate è l’ultima cosa che può pensare o desiderare: prova una grande ripugnanza (lo dirà lui stesso) per la vita religiosa in genere e per quella cappuccina in particolare. Nato a Cadice (Spagna) il 30 marzo 1743, ad appena 9 anni è già orfano di mamma e quella che ne prende il posto appartiene alla schiera delle donne velenose e spietate. Il bambino non sa cosa siano gli slanci devozionali con cui una certa agiografia dipinge santi ancora in fasce; a scuola non è certo un “secchione” e si accontenta del minimo necessario alla promozione.
Eppure la sua adolescenza comincia ad essere caratterizzata da “sussulti” (lui li chiamerà proprio così), che sono delle autentiche incursioni di Dio nella sua vita. Il primo di questi lo prova a 13 anni e, quasi per uno scherzo del destino, proprio in una chiesa cappuccina, in cui è entrato per consolarsi di un’interrogazione di filosofia andata male. I frati stanno cantando in coro la Liturgia delle Ore e la sensazione provata dal ragazzino è indescrivibile: non se ne torna a casa senza prima essersi fatto prestare le vite di San Fedele e di San Giuseppe da Leonessa.
Sarà per queste letture, o più facilmente perchè Dio è entrato prepotentemente nel suo cuore, fatto sta che l’anno dopo già veste l’abito cappuccino, proprio quello per il quale aveva provato tanta ripugnanza e, allo scoccare dei 15 anni, inizia il noviziato.
Ma l’inaspettato slancio spirituale non si accompagna ad un maggior impegno scolastico e il novizio sembra più interessato alla poesia castigliana che agli studi teologici. Ed ecco un altro “sussulto”, questa volta decisivo, che improvvisamente viene a ravvivare una lezione di teologia stancamente seguita. Nel giovanotto si sveglia un inaspettato desiderio di conoscere Dio, e in maniera tale da poterlo far conoscere agli altri. Che non sia fuoco di paglia, lo dimostra il fatto che a 23 anni è pronto per l’ordinazione sacerdotale e, subito dopo, a tuffarsi nell’apostolato attivo.
Siamo negli ultimi trent’anni del 1700 e il giovane cappuccino si sente mandato a “dichiarar guerra al dominante libertinaggio e oscurissimo illuminismo di questo secolo tenebroso”. Lo fa, con crescente successo, utilizzando il sistema delle missioni parrocchiali, delle quali egli diventa il predicatore ricercato ed efficace che sa scuotere le coscienze, muovere a conversione, richiamare i lontani, riscaldare i tiepidi. Nella celebrazione di avvio è solito “mandare avanti” la Madonna, la sua “Divina Pastora”, quasi a farsi aprire da lei la strade delle coscienze e l’intelligenza degli uditori. Poi è lui a riscaldarsi nella predicazione contro l’illuminismo ateo, senza risparmiare la cattiva stampa, le corride, i balli, le commedie e i commedianti. Si fa un sacco di nemici, anche in ambito ecclesiastico, perché nel denunciare il male e nel richiamare a conversione non guarda in faccia nessuno, fossero pure i ricchi preti che hanno il coraggio di defraudare i poveracci.
Esiliato da una città , va a predicare in un’altra; perseguitato in una provincia va ad esporsi pubblicamente in un’altra; confinato per anni in un convento, appena libero si spinge fino in Portogallo ed anche nella parte settentrionale del Marocco, per essere ovunque “missionario della misericordia”. A farne le spese è la sua salute, indebolita sempre più dalle fatiche dei viaggi e dai dispiaceri patiti.
Si spegne, non ancora sessantenne, il 24 marzo 1801 e nel 1894 Leone XIII proclama beato Diego Giuseppe da Cadice: incredibile a dirsi, malgrado dalla morte siano passati piĂą di 90 anni, il suo ricordo e la notizia della sua beatificazione disturbano ancora il sonno (e la coscienza) degli eredi dei suoi nemici di un tempo.
Autore:Â Gianpiero Pettiti
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura   1 Gv 3, 11-21
Noi siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli.
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo
Figlioli, questo è il messaggio che avete udito da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Non come Caino, che era dal Maligno e uccise suo fratello. E per quale motivo l’uccise? Perché le sue opere erano malvagie, mentre quelle di suo fratello erano giuste.
Non meravigliatevi, fratelli, se il mondo vi odia. Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida ha più la vita eterna che dimora in lui.
In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità , gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità .
In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio.
Salmo Responsoriale    Dal Salmo 99 Â
Acclamate il Signore, voi tutti della terra.
Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.
Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.
Varcate le sue porte con inni di grazie,
i suoi atri con canti di lode,
lodatelo, benedite il suo nome.
Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltĂ di generazione in generazione.Â
Canto al Vangelo  Â
Alleluia, alleluia.
Un giorno santo è spuntato per noi:
venite, popoli, adorate il Signore,
oggi una grande luce è discesa sulla terra.
Alleluia.
Vangelo   Gv 1, 43-51
Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele.
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsà ida, la città di Andrea e di Pietro.
Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nà zaret». Natanaèle gli disse: «Da Nà zaret può venire qualcosa di buono». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità ». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In veritĂ , in veritĂ io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo». Â