Omelia 4-7-15
Vieni e resta con noi, Signore Gesù
SANTA ELISABETTA
REGINA DI PORTOGALLO
Nacque a Saragozza, in Aragona (Spagna), nel 1271. Figlia di re, è normale che debba sposare un re. E questo lo decidono naturalmente gli altri, quando Elisabetta (Isabel in portoghese) ha soltanto dodici anni. Suo padre, il re Pietro III di Aragona, la dà in moglie a Dionigi re del Portogallo: Dom Dimìs, come lo chiamano i sudditi. Un re con molti meriti: sviluppa infatti l’economia portoghese, crea una flotta, fonda l’università di Lisbona (che sarà successivamente trasferita a Coimbra). Dionigi è un buon sovrano, ma anche un pessimo marito, sempre impelagato con altre donne e padre via via di altri figli, oltre ai due che gli dà Elisabetta.
E lei, malgrado le continue offese e i tradimenti del marito, gli rimane impeccabilmente fedele, tutta dedita ai figli Alfonso e Costanza, come ai sofferenti per malattie “brutte” in Lisbona. Ma non solo: Elisabetta si prende anche molta cura dei bambini messi al mondo dal marito con altre donne. Un’opera da cristiana autentica. Da grande regina. E l’infedele Dionigi deve pur avvertire la sua superiorità morale; tant’è che più tardi, quando il figlio Alfonso gli si ribella, è l’autorità di Elisabetta a evitare lo scontro armato tra padre e figlio.
Poi quel fatto le procura l’accusa di parteggiare per il figlio Alfonso contro Dionigi, e allora la confinano nella cittadina di Alenquer, a nord di Lisbona. Ma presto il marito la richiama. Ora la vuole vicina, ha bisogno di lei e del suo consiglio. Elisabetta torna, riprende serenamente il suo posto accanto al re. E quando una malattia mortale lo colpisce, è lei a curare in prima persona il marito, fino all’ultimo giorno.
Dopo la morte del re, avvenuta nel 1325, sale al trono suo figlio Alfonso IV, ed Elisabetta non resta a fare la regina madre a Lisbona. Si fa pellegrina e penitente, con l’abito di terziaria francescana, andando fino al santuario di San Giacomo di Compostella a piedi nudi. Poi viene accolta dalle Clarisse nel monastero di Coimbra, fondato da lei, e ne condivide la vita, senza però pronunciare i voti (lo farà poco prima di morire).
Il monastero diventa la sua casa per sempre; ma una volta deve uscirne, perché c’è nuovamente bisogno di lei: deve riconciliare suo figlio Alfonso IV col re Ferdinando di Castiglia che è suo genero (è il marito di Costanza). Elisabetta ha ormai 65 anni, il suo fisico è indebolito dalle dure penitenze, e in piena estate il viaggio è troppo faticoso per lei. Incontra il figlio e la nuora, fa sosta nella cittadina di Estremoz, ma non riesce ad andare più avanti: la stanchezza e le febbri troncano rapidamente la sua vita.
Il suo corpo viene riportato al monastero di Coimbra, e nel 1612 lo si troverà incorrotto, durante un’esumazione, collegata al processo canonico per proclamarla santa. Ma già nei primi tempi dopo la morte c’erano pellegrinaggi alla sua tomba e circolavano voci di miracoli. Finché, nel 1625, papa Urbano VIII celebrerà, infine, la sua solenne canonizzazione a Roma.
Autore: Domenico Agasso
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Gn 27, 1-5. 15-29
Giacobbe soppiantò il fratello e carpì la benedizione che aspettava a lui.
Dal libro della Gènesi
Isacco era vecchio e gli occhi gli si erano così indeboliti che non ci vedeva più. Chiamò il figlio maggiore, Esaù, e gli disse: «Figlio mio». Gli rispose: «Eccomi». Riprese: «Vedi, io sono vecchio e ignoro il giorno della mia morte. Ebbene, prendi le tue armi, la tua farètra e il tuo arco, va’ in campagna e caccia per me della selvaggina. Poi preparami un piatto di mio gusto e portamelo; io lo mangerò affinché possa benedirti prima di morire». Ora Rebecca ascoltava, mentre Isacco parlava al figlio Esaù. Andò dunque Esaù in campagna a caccia di selvaggina da portare a casa.
Rebecca prese i vestiti più belli del figlio maggiore, Esaù, che erano in casa presso di lei, e li fece indossare al figlio minore, Giacobbe; con le pelli dei capretti rivestì le sue braccia e la parte liscia del collo. Poi mise in mano a suo figlio Giacobbe il piatto e il pane che aveva preparato.
Così egli venne dal padre e disse: «Padre mio». Rispose: «Eccomi; chi sei tu, figlio mio?». Giacobbe rispose al padre: «Io sono Esaù, il tuo primogenito. Ho fatto come tu mi hai ordinato. Àlzati dunque, siediti e mangia la mia selvaggina, perché tu mi benedica». Isacco disse al figlio: «Come hai fatto presto a trovarla, figlio mio!». Rispose: «Il Signore tuo Dio me l’ha fatta capitare davanti». Ma Isacco gli disse: «Avvicìnati e lascia che ti tocchi, figlio mio, per sapere se tu sei proprio il mio figlio Esaù o no».
Giacobbe si avvicinò a Isacco suo padre, il quale lo toccò e disse: «La voce è la voce di Giacobbe, ma le braccia sono le braccia di Esaù». Così non lo riconobbe, perché le sue braccia erano pelose come le braccia di suo fratello Esaù, e lo benedisse. Gli disse ancora: «Tu sei proprio il mio figlio Esaù?». Rispose: «Lo sono». Allora disse: «Servimi, perché possa mangiare della selvaggina di mio figlio, e ti benedica». Gliene servì ed egli mangiò, gli portò il vino ed egli bevve.
Poi suo padre Isacco gli disse: «Avvicìnati e baciami, figlio mio!». Gli si avvicinò e lo baciò. Isacco aspirò l’odore degli abiti di lui e lo benedisse:
«Ecco, l’odore del mio figlio
come l’odore di un campo
che il Signore ha benedetto.
Dio ti conceda rugiada dal cielo,
terre grasse, frumento
e mosto in abbondanza.
Popoli ti servano
e genti si prostrino davanti a te.
Sii il signore dei tuoi fratelli
e si prostrino davanti a te i figli di tua madre.
Chi ti maledice sia maledetto
e chi ti benedice sia benedetto!».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 134
Lodate il Signore, perché il Signore è buono.
Lodate il nome del Signore,
lodatelo, servi del Signore,
voi che state nella casa del Signore,
negli atri della casa del nostro Dio.
Lodate il Signore, perché il Signore è buono;
cantate inni al suo nome, perché è amabile.
Il Signore si è scelto Giacobbe,
Israele come sua proprietà.
Sì, riconosco che il Signore è grande,
il Signore nostro più di tutti gli dèi.
Tutto ciò che vuole
il Signore lo compie in cielo e sulla terra,
nei mari e in tutti gli abissi.
Canto al Vangelo Gv 10,27
Alleluia, alleluia.
Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore,
e io le conosco ed esse mi seguono.
Alleluia.
Vangelo Mt 9, 14-17
Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro?
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».