Omelia 28-5-17
ASCENSIONE DEL SIGNORE
Anno A – SolennitĂ
Il destino dell’uomo nuovo
San Luca ci ha lasciato due racconti dell’Ascensione, che presentano lo stesso avvenimento in una luce diversa: nel vangelo il racconto costituisce quasi una dossologia: il finale glorioso della vita pubblica di Gesù; negli Atti l’Ascensione è vista come il punto di partenza dell’espansione missionaria della Chiesa (questa è pure la prospettiva degli altri due sinottici: Mt 28 e Mc 16).
Un’umanità nuova inaugurata da Cristo Signore
L’insieme delle letture invita ad andare al di là dell’avvenimento dell’Ascensione descritto in termini spazio-temporali: la «elevazione» al cielo del Signore risorto, i «quaranta giorni» dopo la Pasqua, sono solo un modo per indicare la conclusione di una fase della storia della salvezza e l’inizio di un’altra.
Quel Gesù con il quale i discepoli hanno «mangiato e bevuto» continua la sua permanenza invisibile nella Chiesa. Essa è chiamata a continuare la missione e la predicazione di Cristo e riceve il compito di annunciare il Regno e rendere testimonianza al Signore. Per questo gli angeli, dopo l’Ascensione del Risorto, invitano gli apostoli a non attardarsi a guardare il cielo: l’avvenimento a cui hanno assistito non coinvolge solamente loro; al contrario, da esso prende il via un dinamismo universale, «salvifico» e «missionario» che sarà animato dallo Spirito Santo (cf prima lettura, v. 5).
Per la forza di questo Spirito, il Cristo glorificato e costituito Signore universale (cf seconda lettura A, vv. 20-2 1), capo del Corpo-Chiesa e del Corpo-umanità (vv. 22-23), attira a sé tutte le sue membra perché accedano, con lui e per lui, alla vita presso il Padre.
Anzi, egli stesso anima questi uomini nella loro ricerca di libertà , di dignità , di giustizia, di responsabilità ; il loro desiderio di «essere di più», la loro volontà di costruire un mondo più giusto e più unito. Così, la comunità dei credenti, consapevole di aver ricevuto un potere divino, piena di slancio missionario e di gioia pasquale, diventa nel mondo testimone della nuova realtà di vita realizzata in Cristo Signore.
RealtĂ terrestri e impegno dei credenti
La riflessione conciliare sul rapporto Chiesa-mondo si è espressa nella Costituzione Gaudium et Spes con alcuni testi fondamentali: Reazione ad una presentazione alienante della religione: «Tra le forme dell’ateismo moderno non va trascurata quella che si aspetta la liberazione dell’uomo soprattutto dalla sua liberazione economica e sociale. Si pretende che la religione sia di ostacolo, per natura sua, a tale liberazione, in quanto, elevando la speranza dell’uomo verso una vita futura e fallace, la distoglie dall’edificazione della città terrena» (GS 20).
Un nuovo equilibrio da ritrovare: «Certo, siamo avvertiti che niente giova all’uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso. Tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell’umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del Regno di Dio, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l’umana società , tale progresso è di grande importanza per il Regno di Dio» (GS 39; cf anche GS 43 e 57).
L’assemblea liturgica, testimonianza viva della presenza di Cristo Signore
Gesù è presente in mezzo ai suoi principalmente in forma mentale ed ecclesiale; da questa presenza del Signore scaturisce la responsabilità e la missione della evangelizzazione.
Tutto ciò si realizza ed è per così dire «ritualizzato» nella celebrazione eucaristica. L’assemblea che si riunisce per l’azione liturgica è già una testimonianza e un annuncio del Signore Gesù; egli è presente con la Parola e l’Eucaristia, realizzando la promessa: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo».
Nella liturgia della Parola si adempie il comando di Gesù: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura». La parola proclamata suscita, nel «Credo», la risposta di fede nel mistero di Cristo. E colui che presiede proclama a nome dell’assemblea la speranza comune di essere un giorno, per sempre, uniti nella gloria al Signore Gesù, vincitore del peccato e della morte (cf prefazio).
La sua presenza in noi è pegno che parteciperemo come con lui e con lui alla vita presso il Padre; anzi, la realtà sacramentale già ce lo fa pregustare oggi. Una assemblea liturgica che celebra con sincera adesione questi aspetti del mistero, diventa testimonianza viva dell’azione di Cristo nella sua Chiesa e dell’umanità nuova da lui inaugurata con la sua «ascensione» presso il Padre.
Nessuno è mai salito al cielo, fuorchĂ© il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo (Disc. sull’Ascensione del Signore, ed. A. Mai, 98, 1-2; PLS 2, 494-495) Oggi nostro Signore GesĂą Cristo è asceso al cielo. Con lui salga pure il nostro cuore. Ascoltiamo l’apostolo Paolo che proclama: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassĂą, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio. Pensate alle cose di lassĂą, non a quelle della terra» (Col 3, 1-2). Come egli è asceso e non si è allontanato da noi, così anche noi giĂ siamo lassĂą con lui, benchĂ© nel nostro corpo non si sia ancora avverato ciò che ci è promesso. Cristo ormai esaltato al di sopra dei cieli, ma soffre qui in terra tutte le tribolazioni che noi sopportiamo come sue membra. Di questo diede assicurazione facendo sentire quel grido: «Saulo, Saulo, perchĂ© mi perseguiti?» (At 9, 4). E così pure: «Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare»(Mt 25, 35). PerchĂ© allora anche noi non fatichiamo su questa terra, in maniera da riposare giĂ con Cristo in cielo, noi che siamo uniti al nostro Salvatore attraverso la fede, la speranza e la caritĂ ? Cristo, infatti, pur trovandosi lassĂą, resta ancora con noi. E noi, similmente, pur dimorando quaggiĂą, siamo giĂ con lui. E Cristo può assumere questo comportamento in forza della sua divinitĂ e onnipotenza. A noi, invece, è possibile, non perchĂ© siamo esseri divini, ma per l’amore che nutriamo per lui. Egli non abbandonò il cielo, discendendo fino a noi; e nemmeno si è allontanato da noi, quando di nuovo è salito al cielo. Infatti egli stesso dĂ testimonianza di trovarsi lassĂą mentre era qui in terra: Nessuno è mai salito al cielo fuorchĂ© colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo, che è in cielo (cfr. Gv 3, 13). Questa affermazione fu pronunciata per sottolineare l’unitĂ tra lui nostro capo e noi suo corpo. Quindi nessuno può compiere un simile atto se non Cristo, perchĂ© anche noi siamo lui, per il fatto che egli è il Figlio dell’uomo per noi, e noi siamo figli di Dio per lui. Così si esprime l’Apostolo parlando di questa realtĂ : «Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo» (1 Cor 12,12). L’Apostolo non dice: «Così Cristo», ma sottolinea: «Così anche Cristo». Cristo dunque ha molte membra, ma un solo corpo. Perciò egli è disceso dal cielo per la sua misericordia e non è salito se non lui, mentre noi unicamente per grazia siamo saliti in lui. E così non discese se non Cristo e non è salito se non Cristo. Questo non perchĂ© la dignitĂ del capo sia confusa nel corpo, ma perchĂ© l’unitĂ del corpo non sia separata dal capo. |
LITURGIA DELLA PAROLAPrima Lettura At 1,1-11 Fu elevato in alto sotto i loro occhi. Dagli atti degli apostoli Salmo Responsoriale Dal Salmo 46 Popoli tutti, battete le mani! Ascende Dio tra le acclamazioni, Perché Dio è re di tutta la terra, |