Omelia 26-1-18
SANTI TIMOTEO e TITO
VESCOVI, DISCEPOLI DI S. PAOLO (sec. I)
Timoteo, colui al quale Paolo «il primo dei peccatori» aveva confidato: «La grazia di nostro Signore ha sovrabbondato in me, con la fede e la carità che è in Cristo Gesù» (1 Tm 1,12-17), fu il discepolo prediletto dell’Apostolo delle Genti. Forse venne convertito da Paolo stesso durante il suo primo viaggio missionario. Era figlio di padre pagano e di madre giudea. La comunità di Listra raccomandò Timoteo a Paolo ed egli lo prese come compagno nel suo secondo e terzo viaggio; ma, poiché era figlio d’una ebrea per facilitargli l’apostolato fra i giudei, lo circoncise. Gli affidò numerosi incarichi e in vane circostanze le comunità di Tessalonica, della Macedonia e di Corinto. L’Apostolo gli indirizzò per lo meno due lettere, incorporate net canone del Nuovo Testamento. Timoteo si trovava presso Paolo durante la sua prima prigionia. In seguito lo troviamo a Efeso ad esercitare la funzione di vescovo. Paolo, prigioniero per la seconda volta, richiese la sua compagnia a Roma.
L’altro collaboratore di san Paolo, Tito, era di famiglia pagana. Pare che l’apostolo l’abbia convertito a Cristo durante il primo viaggio missionario. Tito accompagnò Paolo e Barnaba a Gerusalemme, dove Paolo si oppose energicamente a coloro che volevano che il suo discepolo proveniente dalla gentilità fosse circonciso. Tito fece le funzioni di intermediario tra Corinto e l’apostolo. Nella lettera che gli indirizzò Paolo, appare già come residente a Creta. San Paolo gli scrisse pregandolo di riunirsi a lui a Nicopoli in Epiro; probabilmente di lì lo inviò in Dalmazia, dove viene venerato in maniera particolare.
Ho combattuto la buona battaglia
Dalle «Omelie» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
Paolo se ne stava nel carcere come se stesse in cielo e riceveva percosse e ferite più volentieri di coloro che ricevono il palio nelle gare: amava i dolori non meno dei premi, perché stimava gli stessi dolori come fossero ricompense; perciò li chiamava anche una grazia divina. Ma stà bene attento in qual senso lo diceva: Certo era un premio essere sciolto dal corpo ed essere con Cristo (cfr. Fil 1, 23), mentre restava nel corpo era una lotta continua; tuttavia per amore di Cristo rimandava il premio per poter combattere: cosa che giudicava ancor più necessaria. L’essere separato da Cristo costituiva per lui lotta e dolore, anzi assai più che lotta e dolore. Essere con Cristo era l’unico premio al di sopra di ogni cosa. Paolo per amore di Cristo preferì la prima cosa alla seconda.
Certamente qui qualcuno potrebbe obiettare che Paolo riteneva tutte queste realtà soavi per amore di Cristo. Certo, anch’io ammetto questo, perché quelle cose che per noi sono fonti di tristezza, per lui erano invece fonte di grandissimo piacere. Ma perché io ricordo i pericoli e i travagli? Poiché egli si trovava in grandissima afflizione e per questo diceva: «Chi é debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo che io non ne frema?» (2 Cor 11, 29). Ora, vi prego, non ammiriamo soltanto, ma anche imitiamo questo esempio così magnifico di virtù. Solo così infatti potremo essere partecipi dei suoi trionfi. Se qualcuno si meraviglia perché abbiamo parlato così, cioè che chiunque avrà i meriti di Paolo avrà anche i medesimi premi, può ascoltare lo stesso Apostolo che dice: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno, e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione» (2 Tm 4, 7-8). Puoi vedere chiaramente come chiama tutti alla partecipazione della medesima gloria.
Ora, poiché viene presentata a tutti la medesima corona di gloria, cerchiamo tutti di diventare degni di quei beni che sono stati promessi. Non dobbiamo inoltre considerare in lui solamente la grandezza e la sublimità delle virtù e la tempra forte e decisa del suo animo, per la quale ha meritato di arrivare ad una gloria così grande, ma anche la comunanza di natura, per cui egli é come noi in tutto. Così anche le cose assai difficili ci sembreranno facili e leggere e, affaticandoti in questo tempo così breve, porteremo quella corona incorruttibile ed immortale, per grazia e misericordia del Signore nostro Gesù Cristo, a cui appartiene la gloria e la potenza ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.
MESSALE
Antifona d’Ingresso Cf Ez 34,11.23-24
«Cercherò le pecore del mio gregge» dice il Signore.
«e farò sorgere un pastore che le conduca al pascolo;
io, il Signore, sarò il loro Dio».
Ps 95,3-4 Annuntiáte inter gentes glóriam eius, in ómnibus pópulis mirabília eius, quóniam magnus Dóminus et laudábilis nimis.
Colletta
O Dio, nostro Padre, che hai formato alla scuola degli Apostoli i santi vescovi Timoteo e Tito, concedi anche a noi per loro intercessione di vivere in questo mondo con giustizia e con amore di figli, per giungere alla gloria del tuo regno. Per il nostro Signore…
Deus, qui beátos Timótheum et Titum apostólicis virtútibus decorásti, utriúsque intercessióne concéde, ut, iuste et pie vivéntes in hoc sæculo, ad cæléstem mereámur pátriam perveníre. Per Dóminum.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura 2 Tm 1,1-8
Mi ricordo della tua schietta fede.
Dalla seconda Lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio e secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesù, a Timòteo, figlio carissimo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro.
Rendo grazie a Dio che io servo, come i miei antenati, con coscienza pura, ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno. Mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia. Mi ricordo infatti della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce, e che ora, ne sono certo, è anche in te.
Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo.
Oppure: Tt 1,1-5
A Tito, mio vero figlio nella medesima fede.
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito
Paolo, servo di Dio e apostolo di Gesù Cristo per portare alla fede quelli che Dio ha scelto e per far conoscere la verità, che è conforme a un’autentica religiosità, nella speranza della vita eterna – promessa fin dai secoli eterni da Dio, il quale non mente, e manifestata al tempo stabilito nella sua parola mediante la predicazione, a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore –, a Tito, mio vero figlio nella medesima fede: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore.
Per questo ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine in quello che rimane da fare e stabilisca alcuni presbìteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 95
Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.
Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
È stabile il mondo, non potrà vacillare!
Egli giudica i popoli con rettitudine.
Canto al Vangelo Lc 4,18
Alleluia, alleluia.
Lo Spirito del Signore è sopra di me:
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio.
Alleluia.
Vangelo Lc 10,1-9
La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai.
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».