Omelia 25-10-17
Maria, Regina del Rosario prega per noi.
SAN MINIATO MARTIRE
Nei dintorni di Firenze, c’è una località che tutti i turisti e gli innamorati delle cose belle conoscono ed amano. Quante migliaia di persone han contemplato, dallo spalto di San Miniato, il tramonto del sole sulla città del Giglio, coi colori che si accendono, sfumano e muoiono; e la striscia luminosa del fiume che riverbera l’argento, l’oro o il fuoco del cielo occidentale?
Pochi forse, in quello scenario di bellezza, si domandano chi sia il Santo da cui la Chiesa prende nome e che è, in un certo senso, origine e causa di questa eccezionale espressione di armonia. Ma, almeno a Firenze, tutti conoscono la storia, o meglio la leggenda, di San Miniato, primo Martire fiorentino.
Miniato, secondo la leggenda, sarebbe stato un Re armeno, di passaggio da Firenze, durante la persecuzione di Decio, cioè nel 250. Rifiutò il sacrificio agli dei. La leggenda scritta subito dopo il Mille, ricorda numerosi tormenti ai quali venne inutilmente sottoposto: uscì illeso da un forno arroventato; si liberò miracolosamente dei ceppi che lo stiravano sul cavalletto; fece stramazzare un leone, con un segno di Croce, nell’anfiteatro che sorgeva fuori della città, verso levante, e di cui si riconosce ancora il ricurvo perimetro.
Finalmente venne decapitato. Ma anche con la testa mozza, la leggenda non abbandonò il primo Martire fiorentino. Infatti, la chiesa a lui dedicata, e quindi la sua sepoltura, sorgeva sul colle, ad una certa distanza dalla città. Bisognava dunque giustificare quell’insolita e bellissima ubicazione del Santuario dedicato al Martire soldato.
Si disse perciò che dopo la decapitazione, Miniato si rialzasse, e, afferrata la propria testa in mano, si desse a correre verso quello che veniva chiamato mons fiorentinus, il Monte di Firenze, folto di ulivi e di lauri. Lassù giacque, testimoniando chiaramente la sua volontà di esservi sepolto e onorato.
Al posto della leggenda, oggi la storia suppone che Miniato sia stato un autentico fiorentino, forse di bassa condizione e che il suo martirio avvenisse, non nell’anfiteatro ma dove l’Arno faceva un’ansa, detta ” gorgo “. Da tempo immemorabile, i Fiorentini veneravano una Croce, chiamata la Croce al Gorgo che – molto probabilmente – segnava il luogo dove il primo Martire fiorentino testimoniò col sangue la propria fede.
Entrando nella chiesa di San Miniato e salendo sull’alto presbiterio, si può vedere, nel mosaico dell’abside, il Martire fiorentino raffigurato, insieme con la Vergine, al lato del Cristo, giudice e Sovrano. Egli non vi appare però cogli attributi di soldato, ma con quelli di Re, dovuti ad un’altra, fantasiosa tradizione, che faceva di San Miniato un Re armeno. In realtà non si sa, né forse si potrà mai sapere con sicurezza, chi fosse il Santo che diede il nome alla Chiesa dei mons florentinus, e se sia davvero esistito un Martire fiorentino di nome Miniato. Può darsi che nella chiesa, sorta non lontano dalla via per Roma, per il servizio dei fedeli e dei pellegrini, fossero poste alcune reliquie di un Santo di lontani paesi, probabilmente egiziano, abbastanza noto in quei tempi.
Più tardi, perduto il ricordo di questo, prese forma nella fantasia dei devoti la figura di un San Miniato, soldato e Martire fiorentino, il cui culto si arricchì di particolari sempre nuovi, come si arricchiva, sul colle toscano, la basilica a lui dedicata. E questa, più che aureola di gloria per un Santo, può dirsi espressione della fede di un intero popolo, sensibile alla bellezza e alla santità.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Rm 6, 12-18
Offrite voi stessi a Dio come viventi, ritornati dai morti.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, il peccato non regni più nel vostro corpo mortale, così da sottomettervi ai suoi desideri. Non offrite al peccato le vostre membra come strumenti di ingiustizia, ma offrite voi stessi a Dio come viventi, ritornati dai morti, e le vostre membra a Dio come strumenti di giustizia. Il peccato infatti non dominerà su di voi, perché non siete sotto la Legge, ma sotto la grazia.
Che dunque? Ci metteremo a peccare perché non siamo sotto la Legge, ma sotto la grazia? È assurdo! Non sapete che, se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale obbedite: sia del peccato che porta alla morte, sia dell’obbedienza che conduce alla giustizia?
Rendiamo grazie a Dio, perché eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quella forma di insegnamento alla quale siete stati affidati. Così, liberati dal peccato, siete stati resi schiavi della giustizia.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 123
Il nostro aiuto è nel nome del Signore.
Se il Signore non fosse stato per noi
– lo dica Israele –,
se il Signore non fosse stato per noi,
quando eravamo assaliti,
allora ci avrebbero inghiottiti vivi,
quando divampò contro di noi la loro collera.
Allora le acque ci avrebbero travolti,
un torrente ci avrebbe sommersi;
allora ci avrebbero sommersi
acque impetuose.
Sia benedetto il Signore,
che non ci ha consegnati in preda ai loro denti.
Siamo stati liberati come un passero
dal laccio dei cacciatori:
il laccio si è spezzato
e noi siamo scampati.
Il nostro aiuto è nel nome del Signore:
egli ha fatto cielo e terra.
Canto al Vangelo Mt 24,44
Alleluia, alleluia.
Vegliate e tenetevi pronti,
perché, nell’ora che non immaginate,
viene il Figlio dell’uomo.
Alleluia.
Vangelo Lc 12, 39-48
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto.
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».