Omelia 23-8-13
Spirito Santo col tuo amore configuraci a Gesù
SANTA ROSA DA LIMA
Nacque a Lima, capitale dell’allora ricco Perù, il 20 aprile 1586, decima di tredici figli. Il suo nome di battesimo era Isabella. Era figlia di una nobile famiglia, di origine spagnola. Il padre si chiamava Gaspare Flores, gentiluomo della Compagnia degli Archibugi, la madre donna Maria de Oliva. Per cui, il nome della Santa era Isabella Flores de Oliva. Ma questo sarà dimenticato in favore del nome che le diede, per la prima volta, la serva affezionata, di origine india, Mariana, che le faceva da balia, la quale, colpita dalla bellezza della bambina, secondo il costume indios, le diede il nome di un fiore. “Sei bella – le disse – sei rosa”.
Fu cresimata per le mani dell’arcivescovo di Lima ed anche lui Santo, Toribio de Mogrovejo, che le confermò, tra l’altro, in onore alle sue straordinarie doti fisiche e morali, quell’appellativo datole dalla serva india. Rosa ad esso aggiunse “di Santa Maria” ad esprimere il tenerissimo amore che sempre la legò alla Vergine Madre del cielo soprattutto sotto il titolo di Regina del Rosario, la quale non mancò di comunicarle il dono dell’infanzia spirituale fino a farle condividere la gioia e l’onore di stringere spesso tra le braccia il Bambino Gesù.
Visse un’infanzia serena ed economicamente agiata. Ben presto, però, la sua famiglia subì un tracollo finanziario. Rosa, che aveva studiato con impegno, aveva una discreta cultura ed aveva appreso l’arte del ricamo. Si rimboccò, quindi, le maniche, aiutando la famiglia in ogni genere di attività, dai lavori casalinghi alla coltivazione dell’orto ed al ricamo, onde potersi guadagnare da vivere.
Sin da piccola aspirò a consacrarsi a Dio nella vita claustrale, ma il Signore le fece conoscere la sua volontà che rimanesse vergine nel mondo. Ebbe modo di leggere qualcosa di S. Caterina da Siena. Subito la elesse a propria madre e sorella, facendola suo modello di vita, apprendendo da lei l’amore per Cristo, per la sua Chiesa e per i fratelli indios. Come la santa senese vestì l’abito del Terz’ordine domenicano. Aveva vent’anni. Allestì nella casa materna una sorta di ricovero per i bisognosi, dove prestava assistenza ai bambini ed agli anziani abbandonati, in special modo a quelli di origine india. Sempre come Caterina, fu resa degna di soffrire la passione del Suo divino Sposo, ma provò pure la sofferenza della “notte oscura”, che durò ben 15 anni. Ebbe anche lo straordinario dono delle nozze mistiche. Fu arricchita dal suo Celeste Sposo altresì di vari carismi come quello di compiere miracoli, della profezia e della bilocazione.
Dal 1609 si richiuse in una cella di appena due metri quadrati, costruita nel giardino della casa materna, dalla quale usciva solo per la funzione religiosa, dove trascorreva gran parte delle sue giornate in ginocchio, a pregare ed in stretta unione con il Signore e delle sue visioni mistiche, che iniziarono a prodursi con impressionante regolarità, tutte le settimane, dal giovedì al sabato.
Nel 1614, obbligata a viva forza dai familiari, si trasferì nell’abitazione della nobile Maria de Ezategui, dove morì, straziata dalle privazioni, tre anni dopo.
Grande, già in vita, fu la sua fama di santità. L’episodio più eclatante della sua esistenza terrena ce la presenta abbracciata al tabernacolo per difenderlo dai calvinisti olandesi guidati all’assalto della città di Lima dalla flotta dello Spitberg. L’inattesa liberazione della città, dovuta all’improvvisa morte dell’ammiraglio olandese, fu attribuita alla sua intercessione.
Condivise la sofferenza degli indios, che si sentivano avviliti, emarginati, vilipesi, maltrattati soltanto a motivo della loro diversità di razza e di condizione sociale.
Sentendosi avvicinare la morte, confidò “Questo è il giorno delle mie nozze eterne”. Era il 24 agosto 1617, festa di S. Bartolomeo. Aveva 31 anni.
Il suo corpo si venera a Lima, nella basilica domenicana del S. Rosario. Fu beatificata nel 1668. Due anni dopo fu insolitamente proclamata patrona principale delle Americhe, delle Filippine e delle Indie occidentali: si trattava di un riconoscimento singolare dal momento che un decreto di Papa Barberini (Urbano VIII) del 1630 stabiliva che non potessero darsi quali protettori di regni e città persone che non fossero state canonizzate. Fu comunque canonizzata il 12 aprile 1671 da papa Clemente X. È anche patrona dei giardinieri e dei fioristi. È invocata in caso di ferite, contro le eruzioni vulcaniche ed in caso di litigi in famiglia.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Rt 1,1.3-6.14-16.22
Venne Noemi, con Rut la moabita, e arrivò a Betlemme.
Dal libro di Rut
Al tempo dei giudici, ci fu nel paese una carestia e un uomo, [chiamato Elimèlec,] con la moglie Noemi e i suoi due figli emigrò da Betlemme di Giuda nei campi di Moab.
Poi Elimèlec, marito di Noemi, morì ed essa rimase con i suoi due figli. Questi sposarono donne moabite: una si chiamava Orpa e l’altra Rut. Abitarono in quel luogo per dieci anni. Poi morirono anche Maclon e Chilion, [figli di Noemi,] e la donna rimase senza i suoi due figli e senza il marito.
Allora intraprese il cammino di ritorno dai campi di Moab con le sue nuore, perché nei campi di Moab aveva sentito dire che il Signore aveva visitato il suo popolo, dandogli pane.
Orpa si accomiatò con un bacio da sua suocera, Rut invece non si staccò da lei. Noemi le disse: «Ecco, tua cognata è tornata dalla sua gente e dal suo dio; torna indietro anche tu, come tua cognata». Ma Rut replicò: «Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro senza di te, perché dove andrai tu, andrò anch’io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio».
Così dunque tornò Noemi con Rut, la moabita, sua nuora, venuta dai campi di Moab. Esse arrivarono a Betlemme quando si cominciava a mietere l’orzo.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 145
Loda il Signore, anima mia.
Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe:
la sua speranza è nel Signore suo Dio,
che ha fatto il cielo e la terra,
il mare e quanto contiene.
Egli rimane fedele per sempre,
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.
Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.
Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.
Canto al Vangelo Sal 24,4
Alleluia, alleluia.
Insegnami, Signore, i tuoi sentieri,
guidami nella tua fedeltà e istruiscimi.
Alleluia.
Vangelo Mt 22, 34-40
Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso.
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».