Messa quotidiana

Omelia 17-5-17

Maria, Madre dell’Amore insegnaci ad amare

SAN PASQUALE BAYLON

Infanzia e primi anni
Cominciamo col dire che il nome Pasquale è di origine cristiana ed è molto usato anche nel femminile Pasqualina. Veniva dato ai bambini nati il giorno di Pasqua, ma le sue lontane origini sono ebraiche (Pesah = passaggio) volendo indicare il passaggio del popolo ebraico del Mar Rosso e il passaggio dell’angelo del Signore che salvò, segnandone le case con il sangue dell’agnello, i primogeniti ebrei per distinguerli da quelli egiziani destinati alla morte nell’ultima piaga d’Egitto.
Non è tuttavia il caso di Pasquale Baylón, che nacque il 16 maggio 1540, giorno di Pentecoste (che è detta anche “Pasqua rosata” o, in spagnolo, “Pascua de Pentecostés”), a Torre Hermosa in Aragona, Spagna, da Martín Baylón e da Isabel Jubera. Fin da bambino dimostrò una spiccata devozione verso l’Eucaristia, che sarà poi la caratteristica di tutta la sua vita religiosa.
Fu pastore prima del gregge della famiglia, poi a servizio di altri padroni. La solitudine dei campi favorì la meditazione, il suo desiderio di spiritualità, la continua preghiera; prese anche a mortificare il suo giovane corpo con lunghi digiuni e flagellazioni dolorose.

Vocazione francescana
A 18 anni chiese di essere accolto nel convento di Santa Maria di Loreto, dei Francescani Riformati detti Alcantarini da san Pietro d’Alcantara, riformatore dell’Ordine; non fu accettato, forse per la giovane età.
Pur di rimanere nei dintorni del convento, entrò al servizio, sempre come pastore, del ricchissimo possidente Martín García. Ammirato da questo suo giovane dipendente, gli propose di adottarlo così da poter diventare suo erede universale, ma lui oppose un deciso rifiuto, perché più che mai era deciso ad entrare tra i frati di san Francesco.
Dopo due anni, nel 1560, venne ammesso nel convento di S. Maria di Loreto, dove fece la sua professione religiosa il 2 febbraio 1564. Non volle mai ascendere al sacerdozio, nonostante il parere favorevole dei superiori, perché non si sentiva degno: si accontentò di rimanere un semplice fratello laico.

Frate portinaio dotato di scienza infusa
Fu per anni addetto ai vari servizi del convento, specialmente come portinaio, compito che espletò sempre con grande bontà, anche nei conventi di Jatíva e Valencia. Sebbene così giovane, si acquistò una certa fama di santità per le virtù cristiane e morali, ma anche per fatti prodigiosi che gli vennero attribuiti.
Fu davvero “pentecostale”, cioè favorito dagli straordinari doni dello Spirito Santo, tra cui quello della sapienza infusa: sapeva leggere e scrivere, ma non era molto colto. Eppure, era costantemente richiesto per consiglio da tanti illustri personaggi.

In missione tra i calvinisti
Anche il Padre Provinciale degli Alcantarini di Spagna, nel 1576, dovendo comunicare con urgenza col Padre Generale risiedente a Parigi, pensò di mandare fra Pasquale con la missiva, ben sapendo le gravi difficoltà del viaggio per l’attraversamento di alcune province francesi, che in quell’epoca erano dominate dai calvinisti.
Infatti il frate fu fatto oggetto di continue derisioni, insulti, percosse. A Orléans fu anche in pericolo di morte per lapidazione: aveva tenuto una serrata disputa sull’Eucaristia, tenendo testa agli oppositori e rintuzzando le loro false argomentazioni.

Serafino dell’Eucaristia
Al ritorno della sua delicata e pericolosa missione, fra Pasquale compose un piccolo libro di definizioni e sentenze sulla reale presenza di Gesù nell’Eucaristia e sul potere divino trasmesso al pontefice romano. A testimonianza di questa grande devozione, per cui venne soprannominato “Serafino dell’Eucaristia”, ci sono pervenuti i suoi pensieri personali e preghiere, che aggiungeva alle raccolte di scritti su temi eucaristici che trascriveva in un suo scartafaccio.

La morte
Per il suo desiderio di maggior perfezione, si sottoponeva a continue e pesanti mortificazioni e a penitenze sempre più numerose, al punto che la sua salute era ormai compromessa.Fu sorpreso dalla morte il 17 maggio 1592, il giorno dopo il suo cinquantaduesimo compleanno, presso il convento del Rosario a Villarreal, vicino Valencia. Come era accaduto il giorno della sua nascita, anche allora era Pentecoste.
I funerali videro la partecipazione di una folla di fedeli, che volle fare omaggio di una sentita venerazione alla salma dell’umile fratello laico francescano, la cui santità, per i miracoli che avvennero, fu conosciuta in tutto il mondo cattolico.

Culto e iconografia
Fu particolarmente venerato a Napoli, soggetta alla dominazione spagnola. Il culto si concentrò in due grandi e celebri conventi francescani,un tempo degli Alcantarini, ma ancora esistenti: San Pasquale a Chiaia e San Pasquale al Granatello, quest’ultimo nella città di Portici. Il suo nome fu dato a generazioni di bambini, come del resto in tutto il Sud Italia.
Fu beatificato 26 anni dopo la morte, il 29 ottobre 1618, da papa Paolo V e proclamato santo il 16 ottobre 1690 da papa Alessandro VIII. I suoi resti, che si veneravano con grande devozione a Villarreal, furono profanati e dispersi durante la guerra civile spagnola; in parte furono successivamente recuperati e restituiti alla città nel 1952.
La sua appassionata devozione per l’Eucaristia ha ispirato nei secoli i tanti artisti che l’hanno raffigurato: nelle opere d’arte, come nelle immaginette devozionali, compare sempre nell’atto di adorare il Santissimo Sacramento nell’ostensorio.

Patronati ufficiali e tradizionali
Papa Leone XIII, il 28 novembre 1897, lo proclamò patrono delle opere eucaristiche e dei congressi eucaristici. Popolarmente è considerato patrono anche dei cuochi e dei pasticcieri, in base ai suoi umili servizi svolti nel convento; secondo una tradizione, sarebbe l’inventore dello zabaione, il cui nome deriva evidentemente dal suo. Probabilmente per un’assonanza con il suo cognome (“San Pasquale Baylonne, protettore delle donne”), viene infine invocato dalle nubili in cerca di marito e dalle donne in generale.


Autore:
Antonio Borrelli

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura   At 15, 1-6
Fu stabilito che salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.

Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, alcuni, venuti [ad Antiòchia] dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati».
Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. Essi dunque, provveduti del necessario dalla Chiesa, attraversarono la Fenìcia e la Samarìa, raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli.
Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani, e riferirono quali grandi cose Dio aveva compiuto per mezzo loro. Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: «È necessario circonciderli e ordinare loro di osservare la legge di Mosè».
Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema.

Salmo Responsoriale   Dal Salmo 121
Andremo con gioia alla casa del Signore.

Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!

Gerusalemme è costruita
come città unita e compatta.
È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore.

Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.
Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano sicuri quelli che ti amano.

Canto al Vangelo   Gv 15,4-5
Alleluia, alleluia.
Rimanete in me ed io in voi, dice il Signore;
chi rimane in me porta molto frutto.

Vangelo   Gv 15, 1-8
Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto.

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».