Messa quotidiana

Omelia 15-2-17

 

SANTI FAUSTINO E GIOVITA MARTIRI

La “Leggenda maior” ci racconta che entrambi erano figli di una nobile famiglia pagana di Brescia. Entrarono presto nell’ordine equestre e divennero cavalieri. Attratti dal Cristianesimo, dopo lunghi colloqui con il vescovo sant’Apollonio, chiedono e ottengono il battesimo.
Si dedicano subito all’evangelizzazione delle terre bresciane e per il loro zelo il vescovo Apollonio nomina Faustino presbitero e Giovita diacono. Il successo della loro predicazione li rende invisi ai maggiorenti di Brescia che approfittando della persecuzione voluta da Traiano (la terza) invitano il governatore della Rezia Italico ed eliminare i due col pretesto del mantenimento dell’ordine pubblico. La morte di Traiano ritarda però i piani del governatore, che approfittando però della visita del nuovo imperatore Adriano a Milano denuncia i due predicatori come nemici della religione pagana. L’imperatore preoccupato da l’autorizzazione a Italico per la loro persecuzione. Questi dapprima minacciandoli di decapitazione chiede ai due giovani di abiurare e di sacrificare agli dei, ma i due si rifiutano e per questo vengono carcerati. Nel frattempo l’imperatore Adriano conduce una campagna militare nelle Gallie e rientrando in Italia si ferma a Brescia, Italico lo coinvolge direttamente nella questione ed è l’imperatore stesso a chiedere ai giovani il sacrificio al dio sole. I giovani non solo si rifiutano ma danneggiano la statua del dio. L’imperatore ordina allora che siano dati in pasto alle belve del circo, ma le bestie si accovacciano mansuete ai piedi dei giovani e Faustino approfitta dell’occasione per chiedere la conversione degli spettatori dello spettacolo circense e molti proclameranno la loro fede al Cristo, tra questi Afra, la moglie del governatore Italico, che conoscerà ella stessa il martirio e la santità. La conversione del ministro del palazzo imperiale nonché comandante della corte pretoria, Calocero, irrita ancor più l’imperatore che ordina che i giovani siano scorticati vivi e messi al rogo, ma le fiamme non lambiscono nemmeno le vesti dei giovani, che vengono condotti in carcere a Milano, perché le conversioni a Brescia continuano ad aumentare. A Milano sono nuovamente torturati e subiscono il supplizio dell’eculeo, ma anche in questa prigionia succedono eventi miracolosi, come l’uscita dal carcere dei due per incontrare e battezzare san Secondo.
Trasferiti a Roma vengono portati al Colosseo dove nuovamente le belve si ammansiscono ai loro piedi. Inviati a Napoli per nave, durante il viaggio sedano una tempesta. A Napoli sono nuovamente torturati e abbandonati in mare su una barchetta, ma gli angeli li riportano a riva. L’imperatore ordina allora il loro rientro a Brescia dove il nuovo prefetto eseguirà la sentenza di decapitazione il 15 febbraio poco fuori di porta Matolfa. Saranno sepolti nel vicino cimitero di San Latino dove il vescovo san Faustino (ecco un altro santo con nome Faustino) costruirà la chiesa di San Faustino ad sanguinem, poi Sant’Afra e oggi Sant’Angela Merici. Alcune reliquie sono oggi conservate nella basilica dedicata ai due martiri. I due martiri sono raffigurati spesso in veste militare romana con la spada in un pugno e la palma del martirio nell’altra, in altre raffigurazioni sono in vesti religiose, Faustino da presbitero, Giovita da diacono.
Di storico vi è l’esistenza dei due giovani cavalieri, convertitosi al cristianesimo, tra i primi evangelizzatori delle terre bresciane e morti martiri tra il 120 e il 134 al tempo di Adriano, che molto probabilmente non li conobbe mai e che da quanto risulta non ordinò mai direttamente una persecuzione, ma semplicemente non intervenne mai per impedire quelle che nascevano nei vari angoli dell’impero. Il loro culto si diffuse verso l’VIII secolo, periodo in cui fu scritta la leggenda, prima a Brescia e poi per mezzo dei longobardi in tutta la penisola ed in particolare a Viterbo. Il loro patronato su Brescia fu confermato anche a causa di una visione dei due santi che combattevano a fianco dei bresciani contro i milanesi nello scontro decisivo che fece togliere l’assedio alla città, il 13 dicembre 1438.

LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura
        Gn 8, 6-13.20-22

Ecco, la superficie del suolo era asciutta.

Dal libro delle Gènesi
Trascorsi quaranta giorni, Noè aprì la finestra che aveva fatto nell’arca e fece uscire un corvo. Esso uscì andando e tornando, finché si prosciugarono le acque sulla terra.
Noè poi fece uscire una colomba, per vedere se le acque si fossero ritirate dal suolo; ma la colomba, non trovando dove posare la pianta del piede, tornò a lui nell’arca, perché c’era ancora l’acqua su tutta la terra. Egli stese la mano, la prese e la fece rientrare presso di sé nell’arca.
Attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall’arca e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco una tenera foglia di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Aspettò altri sette giorni, poi lasciò andare la colomba; essa non tornò più da lui.
L’anno seicentouno della vita di Noè, il primo mese, il primo giorno del mese, le acque si erano prosciugate sulla terra; Noè tolse la copertura dell’arca ed ecco, la superficie del suolo era asciutta. Allora Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali puri e di uccelli puri e offrì olocausti sull’altare. Il Signore ne odorò il profumo gradito e disse in cuor suo:
«Non maledirò più il suolo a causa dell’uomo, perché ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall’adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto.
Finché durerà la terra,
seme e mèsse,
freddo e caldo,
estate e inverno,
giorno e notte
non cesseranno».

Salmo Responsoriale   Dal Salmo 115 
A te, Signore, offrirò un sacrificio di ringraziamento.

Che cosa renderò al Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.

Adempirò i miei voti al Signore,
davanti a tutto il suo popolo.
Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.

Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo,
negli atri della casa del Signore,
in mezzo a te, Gerusalemme.

Canto al Vangelo  Ef 1,17-18
Alleluia, alleluia.

Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo
illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
Alleluia.

Vangelo   Mc 8, 22-26
Il cieco fu guarito e da lontano vedeva chiaramente ogni cosa.

Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo.
Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano».
Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».