Il profetismo nel senso stretto della parola non è mai, in Israele, una istituzione, come la regalità e il sacerdozio: Israele può darsi un re, ma non può darsi un  profeta; questo è un dono di Dio, oggetto di una promessa, ma accordato liberamente. Profeta si diventa per una speciale chiamata e iniziativa divina, non per designazione o consacrazione degli uomini.
Il profeta non è uno stipendiato
Il vento soffia dove vuole. E nessuna costrizione umana può bloccare la sua azione…  Amos non è, come Amasia, un profeta stipendiato dal re, o un «cappellano di corte». Egli è stato scelto da Dio e quindi è libero da legami umani, l’unico suo limite è la veritĂ , la fedeltĂ a Dio che l’ha scelto (prima lettura).
In Marco (vangelo) il profeta ha una vocazione speciale, meglio ancora una missione, che lo pone in una situazione speciale che non  trova riscontro o analogia con altre professioni umane. Si tratta di un uomo apparentemente sradicato dal suo mondo e da se stesso e disponibile per annunciare una parola che non è sua ma di Dio.
Lo stesso si può dire per l’apostolo di Cristo; la descrizione del suo equipaggiamento evidenzia le esigenze che stanno alla base dell’azione missionaria: «E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio». Chi annuncia non deve aver nulla che lo appesantisca, deve essere leggero e sgombro, non  tanto di bisaccia e di  mantello, quanto piuttosto libero da interessi umani, da ideologie da difendere, da compromissioni con le potenze di questo mondo. Queste cose non gli permettono di essere libero, lo condizionano, ne intralciano il lavoro, ne affievoliscono lo zelo, gli impediscono di essere credibile.
La proposta è di Dio, non dell’uomo
La libertĂ dalle cose non è il solo prezzo da pagare per non compromettersi. Ciò che è chiesto al profeta è di svestirsi di se stesso, di non contare sulle proprie capacitĂ o spirito di iniziativa per rendersi «messaggio», un messaggio che è la proposta di un piano di cui Dio solo ha l’iniziativa.
L’uomo è chiamato a collaborare alla costruzione di una storia al cui termine sta l’incontro col Padre.
Il mezzo può corrompere il messaggio
La parola di Dio ed il suo regno non si devono confondere con i mezzi umani, con i nostri progetti, con le nostre strategie. Quando i cristiani lungo il corso della storia si sono fidati troppo dei loro mezzi (capacitĂ , parole, denaro, alleanze, organizzazioni potenti, accorgimenti diplomatici), sostituendo l’umano al divino, il loro messaggio è risultato tarpato, svigorito.
Certe alleanze anche inconsapevoli dei missionari con le potenze politiche ed economiche della madre patria si sono rivelate soltanto calcoli umani ed hanno pesato, e pesano ancora, negativamente sull’immagine della Chiesa e del cristianesimo, praticamente identificatisi con la civiltĂ colonialista.
Ne deriva un rifiuto totale dei «mezzi», dell’iniziativa dell’uomo, delle capacitĂ del profeta? Un messaggio non si diffonde senza messaggeri ed il messaggero vive il suo tempo.  Il cristiano, come la Chiesa, vive incarnato in questo mondo. Egli sa che il messaggio, per rimanere fedele a Dio, deve essere fedele anche all’uomo, del quale dovrĂ assumere il linguaggio e la particolare lunghezza d’onda che lo rende ad esso intelligibile.
«La Chiesa si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi, che l’intelligenza umana rende ogni giorno piĂą perfezionati; servendosi di essi la Chiesa “predica sui tetti” il messaggio di cui è  depositaria; in loro essa trova una versione moderna ed efficace del pulpito. Grazie ad essi riesce a parlare alle moltitudini.
Tuttavia l’uso degli strumenti di comunicazione sociale per l’evangelizzazione presenta una sfida: il messaggio evangelico dovrebbe, per il loro tramite, giungere a folle di uomini, ma con la capacitĂ di penetrare nella coscienza di ciascuno, di depositarsi nel cuore di ciascuno come se questi fosse l’unico, con tutto ciò che egli ha di piĂą singolare e personale, e di ottenere a proprio favore un’adesione, un impegno del tutto personale» (Evangelii nuntiandi, 45).
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Catechesi dei riti pre-battesimali
Inizio del trattato «Sui misteri» di sant’Ambrogio, vescovo
(Nn. 1-7; SC 25 bis, 156-158)
Ogni giorno abbiamo tenuto un discorso su temi morali mentre si leggevano o le gesta dei patriarchi o gli insegnamenti dei Proverbi, perché, modellati e ammaestrati da essi, vi abituaste a entrare nelle vie degli antichi, a percorrere la loro strada e a obbedire agli oracoli divini, cosicché rinnovati dal battesimo teneste quella condotta che si addice ai battezzati.
Ora è venuto il tempo di parlare dei misteri e di spiegare la natura dei sacramenti. Se lo avessi fatto prima del battesimo ai non iniziati, avrei piuttosto tradito che spiegato questa dottrina. C’è anche da aggiungere che la luce dei misteri riesce piĂą penetrante se colpisce di sorpresa, anzichĂ© arrivare dopo le prime avvisaglie di qualche sommaria trattazione previa.
Aprite dunque gli orecchi e gustate le armonie della vita eterna infuse in voi dal dono dei sacramenti. Ve lo abbiamo significato, quando celebrando il mistero dell’apertura degli orecchi vi dicevamo: «EffatĂ , cioè: Apriti!» (Mc 7, 34), perchĂ© ciascuno di voi, che stava per accostarsi alla grazia, capisse su che cosa sarebbe stato interrogato e si ricordasse che cosa dovesse rispondere. Cristo, nel vangelo, come leggiamo, ha celebrato questo mistero quando ha curato il sordomuto.
Successivamente ti è stato spalancato il Santo dei Santi, sei entrato nel sacrario della rigenerazione. Ricorda ciò che ti è stato domandato, rifletti su ciò che hai riposto. Hai rinunziato al diavolo e alle sue opere, al mondo, alla sua dissolutezza e ai suoi piaceri. La tua parola è custodita non in una tomba di morti, bensì nel libro dei viventi. Presso il fonte tu hai visto il levita, hai visto il sacerdote, hai visto il sommo sacerdote. Non badare all’esterno della persona, ma al carisma del ministero sacro. E’ alla presenza di angeli che tu hai parlato, com’è scritto: Le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca l’istruzione, perchĂ© egli è l’angelo del Signore degli eserciti (cfr. Ml 2, 7). Non si può sbagliare, non si può negare. E’ un angelo colui che annunzia il regno di Cristo, colui che annunzia la vita eterna. Devi giudicarlo non dall’apparenza, ma dalla funzione. Rifletti a ciò che ti ha dato, pondera l’importanza del suo compito, riconosci che cosa egli fa.
Entrato dunque per vedere il tuo avversario, al quale si suppone che tu abbia rinunziato con la bocca, ti volgi verso l’oriente: perchĂ© chi rinunzia al diavolo si rivolge verso Cristo, lo guarda diritto in faccia.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura   Am 7, 12-15
VĂ , profetizza al mio popolo.
Dal libro del profeta Amos
In quei giorni, Amasìa, [sacerdote di Betel,] disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritìrati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno».
Amos rispose ad Amasìa e disse:
«Non ero profeta né figlio di profeta;
ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro.
Il Signore mi prese,
mi chiamò mentre seguivo il gregge.
Il Signore mi disse:
Va’, profetizza al mio popolo Israele».
Salmo Responsoriale   Dal Salmo 84
Mostraci, Signore, la tua misericordia.Â
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.
Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
VeritĂ germoglierĂ dalla terra
e giustizia si affaccerĂ dal cielo.
Certo, il Signore donerĂ il suo bene
e la nostra terra darĂ il suo frutto;
giustizia camminerĂ davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.
Seconda Lettura   Ef 1, 3-14Â
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
[Benedetto Dio, Padre del Signore nostro GesĂą Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella caritĂ ,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi
mediante GesĂą Cristo,
secondo il disegno d’amore della sua volontà ,
a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
In lui, mediante il suo sangue,
abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe,
secondo la ricchezza della sua grazia.
Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi
con ogni sapienza e intelligenza,
facendoci conoscere il mistero della sua volontĂ ,
secondo la benevolenza che in lui si era proposto
per il governo della pienezza dei tempi:
ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra.]
In lui siamo stati fatti anche eredi,
predestinati – secondo il progetto di colui
che tutto opera secondo la sua volontà –
a essere lode della sua gloria,
noi, che giĂ prima abbiamo sperato nel Cristo.
In lui anche voi,
dopo avere ascoltato la parola della veritĂ ,
il Vangelo della vostra salvezza,
e avere in esso creduto,
avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso,
il quale è caparra della nostra eredità ,
in attesa della completa redenzione
di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.
Canto al Vangelo   Ef 1,17-18 Â
Alleluia, alleluia.
Il Padre del Signore nostro GesĂą Cristo
illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
Alleluia.
Vangelo   Mc 6, 7-13
Prese a mandarli.
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano. |