Testimone

Confessione equivale a conversione

Confessione, conversione, vita di grazia, erano tre
gradini da salire una volta arrivati a Padre Pio.
Egli era un grande Maestro e medico delle anime.
Il suo sguardo penetrava la coscienza e il suo amore
si impadroniva del cuore per consegnarlo a GesĂš.
La testimonianza dei tanti e soprattutto dei cosiddetti
“ritornati a Dio” tramite lui lo conferma con le parole
e con i fatti. Per essi c’è stato il prezzo della preghiera,
della sofferenza e dell’attesa da parte di Padre Pio.
A Cleonice, parlando di un giovane convertito,
Padre Pio disse: “Sapessi quanto mi è costata
quell’anima”.
Gli scultori Berti e Messina, lo scrittore Del
Fante, il massone Cesare Festa e tanti altri, al primo
abbraccio del Padre si sono sentiti dire: “Da quanto ti aspettavo!”.
Oppure: “Finalmente sei arrivato!”.
Un giorno Padre Pio, uscito dal confessionale, si trovò
a fianco il Padre Gabriele Bove.
Mentre la gente lo stringeva da ogni parte, si sentiva
soltanto voce di chi chiedeva grazie d’ogni genere.
Padre Pio dice a Padre Gabriele: “Ci fosse uno che
chiede di essere aiutato a farsi santo!”.
Però bisogna aggiungere che a tal fine con le buone
o con le cattive pensava lui.
Io stesso mai dimenticherò che dopo qualche incontro
al confessionale, mi disse paternamente: “Ti rivolterò
come un calzino”.
Sono abruzzese e mi piace ricordare in questo contesto
il nostro grande poeta Gabriele D’Annunzio.
Egli ha conosciuto la fama di Padre Pio, ma abbiamo
la certezza che non è mai arrivato al Padre.
In una conferenza dal titolo: “Il sacerdozio di Padre
Pio”, Padre Pellegrino afferma che Gabriele D’Annunzio
sentì il fascino di Padre Pio, avendolo conosciuto tramite l’amico
d’infanzia e concittadino, poeta anche lui, Alfredo Luciani, devotissimo di Padre Pio.
Luciani portò molti dei suoi amici da Padre Pio, tra questi Lusardi.
Padre Gerardo De Flumeri, scrupoloso ricercatore di notizie storiche
su Padre Pio, nel maggio 1977 scrisse su “La voce di Padre Pio” un articolo intitolato: “Il richiamo di Padre Pio su  Gabriele D’Annunzio”.
Ne citiamo un brano sufficiente per sapere qualcosa di piĂš sul poeta,
ma anche sufficiente per avere la certezza che D’Annunzio non cercò la conversione e non arrivò mai a Padre Pio e questo ci rattrista.
“Era il momento nel quale il poeta abruzzese tentava di ispirare la sua vita al francescanesimo, cercando disperatamente di avvicinarsi alla verità e al divino.
Un giorno, come rapito per ascoltare una ispirazione
celeste, espresse il desiderio di avere un colloquio con
Padre Pio da Pietrelcina, che a quell’epoca aveva fatto già
tanto parlare di sĂŠ.
Non sappiamo da parte di chi, ma è sicuro che per il
colloquio gli venne dato un certo affidamento …
Il viaggio, per imprecisati motivi, fu sospeso.
D’Annunzio aveva indirizzato a Padre Pio una lettera
autografa che Padre Gerardo pubblica: “Mio caro fratello,
so da quante favole mondane, o stupide o perfide, sia
offuscato l’ardore verace del mio spirito.
È perciò che è testimonianza della tua purità e del
tuo acume di Veggente l’aver tu consentito a visitarmi
nel mio eremo, l’aver tu consentito a un colloquio fraterno con
colui che non cessa di cercare coraggiosamente sè medesimo.
Caterina la Senese mi ha insegnato a “gustare” le anime.
GiĂ  conosco il pregio della tua anima, Padre Pio.
E son certo che Francesco ci sorriderà come quando dall’inconsueto
innesto prevedeva il fiore e il frutto inconsueti, Ave. Pax et bonum. Malum et pax.
Il Vittoriale, 28 novembre 1924. Gabriele D’Annunzio”.
A quanto pare solo piĂš tardi si venne a conoscenza
di questa lettera, che mai giunse a San Giovanni Rotondo.
La volontà di D’Annunzio non riusciva ad andare
oltre quel “malum et pax” che, nella sua coscienza in peccato,
univa per assurdo al “Pax et bonum” di San Francesco,
che egli inutilmente ammirava.
 
P. G. Alimonti OFM cap, Raggi sole, Vol 1, pp 43-44-45-46