Poesie

Santo Nunzio Sulprizio

Giovane operaio
– Pescosansonesco (Pe) 13 aprile 1817 + 5 maggio 1836

Ancora piccolo, perde entrambi i genitori e la nonna
materna Anna Rosaria gli fa da mamma, ma muore quando
Nunzio compie appena nove anni. Uno zio lo prese con sé
nella sua officina di fabbro ferraio impegnandolo con lavoro
durissimo, che minò il suo fisico.
Nel 1831 fu colpito da una malattia alla tibia. Fu ricoverato
in ospedale prima a L’Aquila e poi a Napoli. Qui
il colonnello Felice Wochinger si prese cura di lui e iniziò
a trattarlo come un figlio.
Nunzio affrontò la malattia con una pazienza e un’offerta
del proprio dolore che colpì chi gli stava vicino.
Morì a diciannove anni.
Già Leone XIII lo propose come modello per la gioventù
operaia e Paolo VI lo dichiarò Beato nel 1963.
Le sue spoglie sono custodite in un’urna nella chiesa di
San Domenico Soriano a Napoli e alcune reliquie sono venerate
nel paese natìo, Pescosansonesco (Pe).

Gesù si porta in Cielo
la dolce e cara mamma,
appena fatto giorno.
Così si fece buio
sull’esistenza tua.

O santa povertà
compagna tu gli fosti.
Non c’era da vestire.
Non c’era da mangiare.
Frequenti le percosse.

La nonna ti protesse.
Ti offrì la sua bontà.
Tra le sue braccia
riparo sempre pronto.
T’insegna la preghiera.

Tu l’ascoltavi attento.
Le davi tanta gioia.
Tu l’obbedivi in tutto.
Portavi l’acqua fresca
e l’aiutavi in casa.

Ti preparò lei stessa
a far la Comunione.
Dal cuore ti parlava
della bontà di Dio
e della Madre nostra.

A lei ti rivolgevi
con la preghiera assidua.
Le confidavi pene.
Le richiedevi grazie
per esser sempre buono.

La nonna vola in Cielo.
Il giorno della festa,
– la Prima Comunione –
intorno a te c’è il vuoto.
Sei solo con Gesù.

Fai festa con le lacrime.
Sol l’angelo custode
ti tiene compagnia.
È lui l’amico vero,
che mai ti lascerà.

Adesso la fucina
t’aspetta ogni mattina.
Lo scomodo pedale
ti causa la ferita,
che mai si chiuderà.

Appena puoi tu corri
per qualche refrigerio
e per lavar la piaga
all’unica fontana.
Ti scacciano le donne.

Cercasti tra le rocce.
Trovasti la sorgente.
Potevi bere in pace
e rinfrescare il piede.
È l’acqua del prodigio.

Un pio benefattore
di te si prese cura.
Moristi in ospedale.
Adesso sei fra noi.
Sei nostro Protettore.

P. G. Alimonti OFM cap, Vento Impetuoso, Vol. VI, pp 248-249-250