Messa quotidiana

Omelia 17-10-14

 

Madonna del Rosario, prega per noi

SAN IGNAZIO DI ANTIOCHIA
vescovo e martire (+ 107 circa) memoria

Ignazio, o Teòforo, «colui che porta Dio», come ama chiamarsi, fu il secondo successore di san Pietro ad Antiochia, capitale della Siria. Sotto l’imperatore Traiano, fu condotto a Roma sotto l’accusa d’essere cristiano per venir gettato alle belve. Nel viaggio senza ritorno si preoccupò di rinsaldare la fede nelle Chiese in cui passava, predicando ed esortando a non staccarsi dalla Tradizione apostolica. Partito da esse, lo fece pure con sette stupende lettere di ringraziamento, in cui trasfonde il suo carattere ardente, amabile, pieno di carità, innamorato di Cristo, insiste sulla realtà della umanità e della passione di Lui, contro gli errori incipienti; appassionato della Chiesa, insiste sulla sua unità incentrata nell’Eucaristia e attorno alla gerarchia: Vescovo, preti, diaconi. La lettera ai Romani ha uno stupendo elogio di quella Chiesa «che presiede alla carità», ed esprime ardentissimo desiderio del martirio.

Ignazio Teòforo — «infiammato portatore di Dio» — ha una concezione eucaristica del martirio, visto come prolungamento del sacrificio di amore e di obbedienza di Cristo celebrato nell’Eucaristia: mediante il dono della sua vita, Ignazio vuole diventare «il pane bianco di Cristo» (Ai Romani, 4,1). Ai cristiani di Smirne richiama la risurrezione corporea di Gesù (c. 3) e raccomanda: «Aderite tutti al Vescovo, come Gesù Cristo al Padre» (8,1). Agli Efesini consiglia di radunarsi frequentemente per l’Eucaristia e per la lode di Dio (c. 13), e supplica i Romani: «Lasciatemi essere imitatore della passione del mio Dio» (6,3). Ogni partecipazione all’Eucaristia è per i cristiani partecipazione alla morte e risurrezione di Cristo.

Sono frumento di Dio: sarò macinato dai denti delle fiere

Dalla «Lettera ai Romani» di sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire
(Capp. 4, 1-2; 6, 1 – 8, 3; Funk, 1, 217-223)

Scrivo a tutte le chiese, e a tutti annunzio che morrò volentieri per Dio, se voi non me lo impedirete. Vi scongiuro, non dimostratemi una benevolenza inopportuna. Lasciate che io sia pasto delle belve, per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore.
A nulla mi gioveranno i godimenti del mondo né i regni di questa terra. E’ meglio per me morire per Gesù Cristo che estendere il mio impero fino ai confini della terra. Io cerco colui che è morto per noi, voglio colui che per noi è risorto. E’ vicino il momento della mia nascita.
Abbiate compassione di me, fratelli. Non impeditemi di vivere, non vogliate che io muoia. Non abbandonate al mondo e alle seduzioni della materia chi vuol essere di Dio. Lasciate che io raggiunga la pura luce; giunto là, sarò veramente un uomo. Lasciate che io imiti la passione del mio Dio. Se qualcuno lo ha in sé, comprenda quello che io voglio e mi compatisca, pensando all’angoscia che mi opprime.
Il principe di questo mondo vuole portarmi via e soffocare la mia aspirazione verso Dio. Nessuno di voi gli dia mano; state piuttosto dalla mia parte, cioè da quella di Dio. Non siate di quelli che professano Gesù Cristo e ancora amano il mondo. Non trovino posto in voi sentimenti meno buoni. Anche se vi supplicassi, quando sarà tra voi, non datemi ascolto: credete piuttosto a quanto vi scrivo ora nel pieno possesso della mia vita. Vi scrivo che desidero morire.
Ogni mio desiderio terreno è crocifisso e non c’è più in me nessun’aspirazione per le realtà materiali, ma un’acqua viva mormora dentro di me e mi dice: «Vieni al Padre». Non mi diletto più di un cibo corruttibile, né dei piaceri di questa vita. Voglio il pane di Dio, che è la carne di Gesù Cristo, della stirpe di David; voglio per bevanda il suo sangue che è la carità incorruttibile.
Non voglio più vivere la vita di quaggiù. E il mio desiderio si realizzerà, se voi lo vorrete. Vogliatelo, vi prego, per trovare anche voi benevolenza. Ve lo domando con poche parole: credetemi. Gesù Cristo vi farà comprendere che dico il vero: egli è la bocca verace per mezzo della quale il Padre ha parlato in verità. Chiedete per me che io possa raggiungerlo. Non vi scrivo secondo la carne, ma secondo il pensiero di Dio. Se subirò il martirio, ciò significherà che mi avete voluto bene. Se sarò rimesso in libertà, sarà segno che mi avete odiato.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura   Ef 1, 11-14
Noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo, siamo stati fatti eredi; e anche voi avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
Fratelli,
in Cristo siamo stati fatti anche eredi,
predestinati – secondo il progetto di colui
che tutto opera secondo la sua volontà –
a essere lode della sua gloria,
noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.
In lui anche voi,
dopo avere ascoltato la parola della verità,
il Vangelo della vostra salvezza,
e avere in esso creduto,
avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso,
il quale è caparra della nostra eredità,
in attesa della completa redenzione
di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.  

Salmo Responsoriale
    Dal Salmo 32 
Beato il popolo scelto dal Signore. 

Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate.

Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.

Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
Il Signore guarda dal cielo:
egli vede tutti gli uomini.        

Canto al Vangelo   
Sal 32,22
Alleluia, alleluia.

Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.
Alleluia.

Vangelo  Lc 12, 1-7

Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati.
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli:
«Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze.
Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui.
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».