Messa quotidiana

Omelia 27-7-14

 

 

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno A 

Il regno di Dio

Esiste uno stridente contrasto tra la ricchezza dell’insegnamento biblico sul «regno» e la povertà dell’idea che se ne formano i cristiani. L’immagine di regno non richiama quasi più nulla alle nostre menti. E anche se alcune espressioni continuano a persistere a livello di vocabolario ecclesiale corrente (edificazione del regno, avvento del regno…), esse sembrano aver perso il loro dinamismo interiore e un solido e chiaro contenuto.
Eppure il regno costituisce l’oggetto primario della predicazione neotestamentaria. Giovanni Battista e Gesù iniziano la loro predicazione con l’annuncio di gioia: « Il regno di Dio è vicino ». La Buona Novella proclamata da Gesù è, in definitiva, la venuta del regno. Che cosa ci vuol dire Gesù?

Il progetto salvifico di Dio
Usando una espressione altamente evocatrice per il popolo eletto (l’Antico Testamento contiene già in abbozzo la dottrina del regno!), il Messia vuole annunciare ad Israele che la lunga attesa è ormai compiuta; le promesse che costituivano la sostanza e il fondamento della sua speranza sono diventate ora realtà. Ma nello stesso tempo Gesù vuol correggere tutta una mentalità che si era sedimentata per secoli nella coscienza di Israele: il regno di Dio non consiste nella restaurazione della monarchia davidica, né in una rivalsa di tipo nazionalistico.
Gesù si inserisce nella linea dei profeti quando paragona il regno da lui annunciato al tesoro o alla perla preziosa (vangelo), di fronte ai quali tutto il resto è privo di valore; quando afferma che la Buona Novella è annunciata ai poveri e si accede a questo regno soltanto assolvendo ad esigenze assai precise che si riassumono nella parola: conversione, penitenza.
Paragonando il regno al seme, al granello, al lievito, Gesù vuol dire che questo regno è già presente, ma è ancora lontano dalla sua attuazione definitiva. Il regno si edificherà gradualmente grazie alla fedeltà dei discepoli al comandamento nuovo dell’amore senza confini. Si tratta di un regno che non è di questo mondo, anche se la sua costruzione comincia quaggiù. E’ un regno universale aperto a tutti, perché è il regno del Padre, comune a tutti gli uomini.

Regno di Dio e Chiesa
I temi del regno di Dio e della Chiesa appaiono strettamente legati, ma non indicano la stessa realtà.
Nella prospettiva del suo compimento finale, la Chiesa coincide veramente con il regno; ma nella sua realtà storica e sociologica sulla terra, la Chiesa è soltanto il terreno privilegiato — e sempre ambiguo a causa del peccato — in cui il regno lentamente si edifica; questo non si lascia imprigionare in nessuna realtà sociologica, neppure di carattere religioso, va sempre al di là di ogni realizzazione concreta in cui si manifesta.
Il regno di Dio è già presente, come un seme, ma è necessario che cresca; instaurato da Gesù esso è certamente il compimento dell’antica speranza, ma è anche una realtà che deve edificarsi progressivamente su tutta la faccia della terra.
E’ compito dei cristiani essere gli artefici di questa costruzione sotto l’impulso dello Spirito; essi, come Chiesa, sono prima di tutto a servizio del regno. Dopo i primi tempi la Chiesa ha capito che il regno non è oggetto di attesa passiva, ma che per diventare la realtà definitiva, di cui si possiede la caparra, esige l’impegno costante ed attivo di tutti. Nel regno di Dio tutto è già compiuto, ma tutto deve ancora compiersi e si compie ogni giorno con l’intervento congiunto, in Cristo Gesù, di Dio e degli uomini.

La Chiesa, germe e inizio dei regno
Un pericolo per i cristiani di ieri è stato quello di identificare il regno di Dio con l’istituzione-Chiesa; oggi sembra verificarsi il pericolo contrario, quello cioè di dimenticare che la Chiesa, che certamente non si identifica col regno, tuttavia «di questo regno costituisce in terra il germe e l’inizio» (LG 5).

Una certa evangelizzazione, sensibile ai valori umani, si sforza di inserirsi sempre più profondamente nella vita, nella situazione e cultura umana; ma inclina a rimandare ad un futuro, non facilmente prevedibile, l’invito alla conversione, la predicazione del messaggio, la proposta di un inserimento pieno nella Chiesa, per rispetto ai tempi di maturazione e ai ritmi lenti della conversione. Il pericolo è in una falsa concezione della missione della Chiesa e nell’inconscio tentativo riduttivo del cristianesimo. Certa catechesi, per esempio, per essere fedele all’uomo, non è più fedele a Dio, e tradisce così la radicale fedeltà all’uomo la cui vocazione coincide con il progetto di Dio.

Sovrabbondo di gioia in ogni tribolazione

Dalle «Omelie sulla seconda lettera ai Corinzi» di san Giovanni Crisostomo, vescovo  (Om. 14, 1-2; PG 61, 497-499) 
Paolo riprende il discorso sulla carità, moderando l’asprezza del rimprovero. Dopo avere infatti biasimato e rimproverato i Corinzi per il fatto che, pur amati, non avevano corrisposto all’amore, anzi erano stati ingrati e avevano dato ascolto a gente malvagia, mitiga il rimprovero dicendo: «Fateci posto nei vostri cuori» (2 Cor 7, 2), cioè amateci. Chiede un favore assai poco gravoso, anzi più utile a loro che a lui. Non dice «amate», ma con squisita delicatezza: «Fateci posto nei vostri cuori». Chi ci ha scacciati, sembra chiedere, dai vostri cuori? Chi ci ha espulsi? Per quale motivo siamo stati banditi dal vostro spirito? Dato che prima aveva affermato: «E’ nei vostri cuori invece che siete allo stretto» (2 Cor 6, 12), qui esprime lo stesso sentimento dicendo: «Fateci posto nei vostri cuori». Così li attira di nuovo a sé. Niente spinge tanto all’amore chi è amato quanto il sapere che l’amante desidera ardentemente di essere corrisposto.
«Vi ho già detto poco fa, continua, che siete nel nostro cuore per morire insieme e insieme vivere» (2 Cor 7, 3). Espressione massima dell’amore di Paolo: benché disprezzato, desidera vivere e morire con loro. Siete nel nostro cuore non superficialmente, in modo qualsiasi, ma come vi ho detto. Può capitare che uno ami, ma fugga al momento del pericolo: non è così per me.
«Sono pieno di consolazione» (2 Cor 7, 4). Di quale consolazione? Di quella che mi viene da voi: ritornati sulla buona strada mi avete consolato con le vostre opere. E’ proprio di chi ama prima lamentarsi del fatto che non è amato, poi temere di recare afflizione per eccessiva insistenza nella lamentela. Per questo motivo aggiunge: «Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia».
In altre parole: sono stato colpito da grande dispiacere a causa vostra, ma mi avete abbondantemente compensato e recato gran sollievo; non avete solo rimosso la causa del dispiacere, ma mi avete colmato di più abbondante gioia.
Paolo manifesta la sua grandezza d’animo non fermandosi a dire semplicemente «sovrabbondo di gioia», ma aggiungendo anche «in ogni mia tribolazione». E’ così grande il piacere che mi avete arrecato che neppure la più grande tribolazione può oscurarlo, anzi è tale da farmi dimenticare con l’esuberanza della sua ricchezza, tutti gli affanni che mi erano piombati addosso e ha impedito che io ne rimanessi schiacciato.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  1 Re 3, 5. 7-12
Hai domandato per te di comprendere.


Dal primo libro dei Re
In quei giorni a Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda».
Salomone disse: «Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per la quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?».
Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te».

Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 118
Quanto amo la tua legge, Signore!

La mia parte è il Signore:
ho deciso di osservare le tue parole.
Bene per me è la legge della tua bocca,
più di mille pezzi d’oro e d’argento.

Il tuo amore sia la mia consolazione,
secondo la promessa fatta al tuo servo.
Venga a me la tua misericordia e io avrò vita,
perché la tua legge è la mia delizia.

Perciò amo i tuoi comandi,
più dell’oro, dell’oro più fino.
Per questo io considero retti tutti i tuoi precetti
e odio ogni falso sentiero.

Meravigliosi sono i tuoi insegnamenti:
per questo li custodisco.
La rivelazione delle tue parole illumina,
dona intelligenza ai semplici. 

Seconda Lettura
  Rm 8, 28-30
Ci ha predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno.
Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati.

Canto al Vangelo 
  Cf Mt 11,25
Alleluia, alleluia.

Ti rendo lode, Padre,
Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.
Alleluia.

   

Vangelo  Mt 13, 44-52 (Forma breve 13, 44-56)
Vende tutti i suoi averi e compra quel campo.


Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. ]
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».