«Hanno la bocca e non parlano » (Sal 1 13B,5). Questa satira degli « idoli muti» sottolinea per contrasto uno dei tratti più caratteristici del Dio vivente. Egli parlaagli uomini. Si rivela non soltanto nel linguaggio silenzioso della natura e dei segni creaturali; egli «parla» con i suoi interventi storici di salvezza e di misericordia, di richiamo e di castigo. Egli parla nell’Antico Testamento attraverso i profeti, suoi privilegiati mediatori e quasi suoi porta-parola. Parla loro in sogni e visioni (Nm16,6); si rivela nelle ispirazioni personali (2 Re 3,15); a Mosè parla « bocca a bocca » (Nm 12,8).
Parola che è esperienza di vita
Nell’Antico Testamento la parola di Dio è anzitutto un fatto, una esperienza: Dio parla direttamente a uomini privilegiati e per mezzo loro a tutto il suo popolo. La centralità della parola di Dio nell’Antico Testamento prepara il fatto sconvolgente del Nuovo Testamento, dove questa parola — il Verbo — diventa carne. Le letture di oggi ci invitano ad approfondire in maniera unitaria il tema della parola. Nella storia della Chiesa le epoche di «aggiornamento» hanno sempre portato ad una restaurazione dell’ascolto e del confronto con la parola di Dio. E quello che sta avvenendo oggi. Lo prova il fervore di studi provocati dal Concilio e lo conferma la riforma liturgica che si sforza di ridare alla celebrazione della parola il posto che le compete.
Anche oggi, come al tempo di Gesù, è la parola che convoca e raduna la Chiesa attorno al Padre, ed è nell’approfondimento della parola che i cristiani prendono coscienza di essere famiglia di Dio, suo nuovo popolo di salvati. E ancora l’atteggiamento nei confronti della parola (di indifferenza, di rifiuto, di trascuratezza, o di accoglienza) che definisce la nostra posizione nel regno di Dio (vangelo).
Indifferenza e non-ascolto della parola
All’atteggiamento di non-ascolto o di rigetto della parola di Dio ai tempi di Gesù, fa riscontro ai nostri giorni un atteggiamento di indifferenza e di non-comprensione della parola da parte dell’uomo moderno. A volte i pastori, i predicatori e i missionari hanno l’impressione di parlare una lingua straniera all’uomo d’oggi.
I cristiani stessi hanno la sensazione che c’è una specie di divario tra la loro vita di tutti i giorni e la parola che viene loro annunciata nell’assemblea eucaristica; sembra troppo legata ad altri tempi, appare statica e senza impatto sulla vita reale. E la parola di Dio che viene messa in causa? o è soltanto l’incontro con il mondo e l’uomo moderno che non ha ancora trovato la giusta lunghezza d’onda?
Nel corso dei secoli del cristianesimo, la teologia della parola ha messo l’accento quasi esclusivamente sulla proclamazione della parola. La parola era oggetto di una predicazione: un «dato» che deve essere consegnato fedelmente, trasmesso come un deposito prezioso. La vita del cristiano, la sua esperienza quotidiana era vista solo come un terreno in cui la parola veniva messa in pratica. La esperienza, la vita, l’esistenza concreta non erano viste come «parlanti», e neppure come rivelatrici di nuovi aspetti e significati della parola. Dio parlava soltanto là dove la parola era proclamata, là dove le Scritture erano lette e commentate.
Tu visiti la terra e la disseti,
la ricolmi di ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu prepari il frumento per gli uomini.
Così prepari la terra:
ne irrìghi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli.
Coroni l’anno con i tuoi benefici,
i tuoi solchi stillano abbondanza.
Stillano i pascoli del deserto
e le colline si cingono di esultanza.
I prati si coprono di greggi,
le valli si ammantano di messi:
gridano e cantano di gioia!
Seconda Lettura  Rm 8, 18-23 L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.
La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà , ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.
Canto al Vangelo  Cf Mt 13,19.23 Alleluia, alleluia.
Il seme è la parola di Dio
e il seminatore è Cristo:
chiunque trova lui, ha la vita eterna. Alleluia. Â