La pianta sono io (Lc. 13,8)
Gesù, non ti stancare
d’attendere e zappare.
Tutt’altro che già santa
è questa tua pianta.
Benché curata venne,
l’autunno è perenne.
Dà solo foglie e foglie;
di frutto non ha doglie.
C’è sì chi zappa ed ara,
ma lei rimane avara.
Trascorre la stagione,
l’uccel non ha un boccone.
La pianta sono io.
Piantato fui da Dio
per dare buoni frutti
e far del bene a tutti.
Il Padre avrà deciso,
che presto sia reciso.
Io so, mio buon Gesù,
l’agricoltor sei tu.
Dapprima l’incertezza,
poi venne la tristezza
e il vuoto ancor m’opprime,
nonostante il concime.
A te il mio cuor s’appoggia.
Tu doni sole e pioggia.
Sei tu che benedici,
e cambi le radici.
Mi stacchi dalla morte;
mi dài la nuova sorte.
Rompi la zolla brulla,
mi togli dal mio nulla.
Io piango e sempre spero
nel tuo amore vero.
La grazia tua potente
risusciti me dal niente.
Per tua bontà divina
ripassa ogni mattina.
A sera io t’aspetto,
qual sposa, il suo diletto.
Io tutto m’abbandono,
a te mi faccio dono.
Di me ti prendi cura
e l’anima fa pura.
E quando il cuore è stanco
tu sii al mio fianco.
Con te e con Maria
l’eterno “così sia”.
P.G. Alimonti OFM capp, Il mappamondo, inedita