Santa Messa 29-1-23
IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno A
Beati i poveri
Il vangelo delle Beatitudini domina la liturgia della Parola di questa domenica. E’ la prima parte del discorso della montagna. Gesù che sale sul monte ci appare come il Nuovo Mosè, promulgatore della Nuova Legge («ma io vi dico…!») sul nuovo Sinai. Proclamando beati i poveri e gli umili Gesù parla il linguaggio che Dio aveva già usato col suo popolo attraverso i profeti, quello, per esempio, di Sofonia, che noi ascoltiamo nella prima lettura. Lo stesso linguaggio adopera anche san Paolo (seconda lettura): i primi ad essere chiamati sono sempre i piccoli, i poveri, quelli che il mondo disprezza, ma che sono grandi nel regno dei cieli.
Un discorso rivoluzionario
Il discorso è davvero un capovolgimento di quelli che tradizionalmente erano ritenuti valori. Gli Ebrei coltivavano la convinzione che la prosperità materiale, il successo, fossero segni della benedizione di Dio, e segno di maledizione la povertà e la sterilità. Gesù denuncia l’ambiguità di una rappresentazione terrena della beatitudine. Ormai i beati non sono più i ricchi di questo mondo, i sazi, gli adulati, ma coloro che hanno fame e che piangono, i poveri e i perseguitati. E’ la nuova logica, quella che esprime Maria, la beata per eccellenza: «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili: ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi» (Lc I ,52-53).
Le nove beatitudini di Matteo si riassumono nella prima: «Beati i poveri in spirito». Le altre sono un corollario e una esplicitazione di questa. Il riconoscersi poveri, deboli, non è, però, prima di tutto uno stato sociologico, ma una disposizione interiore che informa il proprio agire in qualunque stato uno si trovi. La sola povertà non è di per sé un bene e neppure una situazione di ascesi. Ma essere ricchi significa avere potere, ricevere onori e avere un posto di supremazia sugli altri; e qui comincia il pericolo, perché dove c’è potere, ricchezza e supremazia, ci sono molto spesso gli oppressi, gli schiacciati, gli ultimi. Ed è a questi che va il regno dei cieli. Con questi si schiera Gesù. Essi sono gli eletti.
Gesù si presenta come il messaggero inviato da Dio per annunciare ai poveri la Buona Novella: la sua sollecitudine per i poveri, gli infelici, gli ammalati era il segno della sua missione. Gesù porta ai diseredati non solo l’assicurazione che un giorno godranno il regno di Dio, ma annuncia loro che questo regno è arrivato.
La missione di Gesù si estende, oltre che ai poveri, a tutte le miserie fisiche e spirituali; tutte attirano la sua compassione. Inaugurando l’èra della salvezza, Dio accorda una priorità a tutti coloro che della salvezza hanno un più urgente bisogno.
Povertà e società consumistica
In un mondo come quello attuale ha ancora senso il discorso della montagna? Che senso ha far risuonare questo testo in una società di consumi che misura la felicità e la beatitudine sul metro dell’avere, del successo e del potere?
E nel terzo mondo sottosviluppato e oppresso, che senso ha ripetere: «Beati i poveri.., beati i perseguitati…»? Non è forse uno schiaffo alla loro miseria, o un tentativo di narcotizzare o di addormentare «la collera dei poveri»?
Eppure non possiamo annullare questa beatitudine senza annullare il Cristo. Il primo povero, infatti, è lui, che essendo ricco si è fatto povero per noi. C’è quindi in questa beatitudine un appello a seguire quel Gesù che non ha trovato posto nell’albergo, che non aveva una pietra su cui posare il capo, che è morto povero e spoglio su una croce. E lo ha fatto per darsi tutto agli altri.
La folla che ascolta e segue Gesù non è costituita da scribi, farisei, leviti, sacerdoti del tempio, potenti custodi dell’ordine. Segue Gesù la folla anonima del popolo minuto, che vive del suo lavoro, la gente che dai potenti del tempo era imbrogliata ed oppressa…
Povertà come segno distintivo delle comunità cristiane
La povertà proclamata da Gesù non deve essere solo la caratteristica di ogni cristiano, ma il distintivo e la beatitudine della Chiesa e della Comunità in quanto tale. Uno dei momenti forti della «conversione» a cui il Concilio ha chiamato la Chiesa è la povertà. Non è forse da una certa ricchezza di mezzi, da un certo attaccamento al denaro e al potere entro la Chiesa, che nasce in molti cristiani un senso di disagio?
Nelle nostre assemblee eucaristiche sono presenti oggi molte persone che hanno disponibilità di mezzi e di cultura. Essi non sono mai dispensati dal ricercare le vie della povertà e dal servire i propri fratelli che sono nell’indigenza, perché è ancora e sempre nei poveri che si incontra colui che è venuto a salvare.
Cristo ci ha chiamati al suo regno e alla sua gloria
Dalla «Lettera ai cristiani di Smirne» di sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire (Intr.; Capp. 1, 1 -4, 1 Funk 1, 235-237)
Ignazio, detto anche Teoforo, si rivolge alla chiesa di Dio e del diletto Figlio suo Gesù Cristo. A questa chiesa, che si trova a Smirne in Asia, augura di godere ogni bene nella purezza dello spirito e nella parola di Dio: essa ha ottenuto per divina misericordia ogni grazia, è piena di fede e di carità e nessun dono le manca. E’ degna di Dio e feconda di santità.
Ringrazio Gesù Cristo Dio che vi ha resi così saggi. Ho visto infatti che siete fondati su una fede incrollabile, come se foste inchiodati, carne e spirito, alla croce del Signore Gesù Cristo, e che siete pieni di carità nel sangue di Cristo. Voi credete fermamente nel Signore nostro Gesù, credete che egli discende veramente «dalla stirpe» di Davide secondo la carne» (Rm 1, 3) ed è figlio di Dio secondo la volontà e la potenza di Dio; che nacque veramente da una vergine; che fu battezzata da Giovanni per adempiere ogni giustizia (cfr. Mt 3, 15); che fu veramente inchiodato in croce per noi nella carne sotto Ponzio Pilato e il tetrarca Erode. Noi siamo infatti il frutto della sua croce e della sua beata passione. Avete ferma fede inoltre che con la sua risurrezione ha innalzato nei secoli il suo vessillo per riunire i suoi santi e i suoi fedeli, sia Giudei che Gentili, nell’unico corpo della sua Chiesa.
Egli ha sofferto la sua passione per noi, perché fossimo salvi; e ha sofferto realmente, come realmente ha risuscitato se stesso.
Io so e credo fermamente che anche dopo la risurrezione egli è nella sua carne. E quando si mostrò a Pietro e ai suoi compagni, disse loro: Toccatemi, palpatemi e vedete che non sono uno spirito senza corpo (cfr. Lc 24, 39). E subito lo toccarono e credettero alla realtà della sua carne e del suo spirito. Per questo disprezzarono la morte e trionfarono di essa. Dopo la sua risurrezione, poi, Cristo mangiò e bevve con loro proprio come un uomo in carne ed ossa, sebbene spiritualmente fosse unito al Padre.
Vi ricordo queste cose, o carissimi, quantunque sappia bene che voi vi gloriate della stessa fede mia.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Sof 2,3; 3, 12-13
Lascerò in mezzo a te un popolo umile e povero.
Dal libro del profeta Sofonia
Cercate il Signore
voi tutti, poveri della terra,
che eseguite i suoi ordini,
cercate la giustizia,
cercate l’umiltà;
forse potrete trovarvi al riparo
nel giorno dell’ira del Signore.
«Lascerò in mezzo a te
un popolo umile e povero».
Confiderà nel nome del Signore
il resto d’Israele.
Non commetteranno più iniquità
e non proferiranno menzogna;
non si troverà più nella loro bocca
una lingua fraudolenta.
Potranno pascolare e riposare
senza che alcuno li molesti.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 145
Beati i poveri in spirito.
Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.
Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.
Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.
Seconda Lettura 1 Cor 1, 26-31
Dio ha scelto ciò che è debole per il mondo
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Considerate la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili.
Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio.
Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore.
Canto al Vangelo Mt 5 ,12a
Alleluia, alleluia.
Rallegratevi, esultate,
perché grande è la vostra ricompensa nel cieli.
Alleluia.
Vangelo Mt 5,1-12a
Beati i poveri in spirito.
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».