Santa Messa 9-10-22
XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno C
La fede si fa’ azione di grazie
L’annuncio del regno di Dio è annuncio di salvezza fatto non soltanto con la parola ma anche con azioni.
«I miracoli suggellano il trionfo dello Spirito su satana, ed è per questo che Gesù, investito dallo Spirito, entra in lotta con satana nel deserto. Il Cristo è l’uomo forte che, con dura lotta, ritoglie allo spirito del male ciò che ha usurpato. Gesù inaugura il regno messianico distruggendo l’impresa del suo avversario.
I miracoli s’iscrivono dunque nella prospettiva dell’inaugurazione del regno messianico. Per il suo contenuto, il miracolo è una anticipazione del regno escatologico. Questo non sarà definitivamente rivelato che quando l’ultimo nemico, la morte, sarà vinto. I miracoli che sono, a parte alcune eccezioni e per ragioni che è facile capire, delle vivificazioni, profetizzano la vivificazione definitiva: la vita eterna.
Per mezzo del miracolo, la potenza vivificatrice di Dio fa irruzione nel tempo. Essa s’inserisce in un mondo che declina verso la morte. Il miracolo è una rottura nell’orientamento normale delle cose, e questa rottura ci tocca come il segno di una trascendenza. I miracoli, nel tempo intermedio, sono i pegni della realtà futura. Essi sottolineano concretamente l’efficacia invisibile della Parola di Salvezza» (Ch. Duquoc).
Manifestano la essenziale gratuità ; dicono in forma evidente che la salvezza non è una conquista umana, ma un dono di Dio; mirano a suscitare la fede per la persona di Gesù e a far prorompere l’azione di grazie.
L’azione di grazie non è semplice riconoscenza umana…
Il messaggio delle letture di questa domenica non è un semplice insegnamento sul dovere morale della riconoscenza umana. Naaman Siro passa dalla guarigione alla fede: egli non riconosce più altro Dio se non il Dio di Israele (prima lettura).
Il lebbroso del vangelo torna indietro «lodando Dio a gran voce».
Il miracolo gli ha aperto gli occhi sul significato della missione e della persona di Gesù. Egli rende grazie a Dio non tanto perché il suo desiderio di guarire è stato soddisfatto, ma perché capisce che Dio è presente e attivo in Gesù. Egli riconosce che Cristo è il Salvatore in cui Dio è presente ed opera non solo la salute del corpo ma la salvezza totale dell’uomo. E questa è fede. In Gesù egli vede manifestarsi la gloria di Dio (vangelo).
Perciò Luca conclude il racconto con la parola di Gesù: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato».
Salvato non già dalla lebbra, ma salvato nel senso cristiano del termine. La salvezza dalla lebbra è solo il segno di un’altra salvezza.
… ma un atto di fede
Il rendimento di grazie del lebbroso guarito nasce dunque prima di tutto dalla fede e non dalla utilità : è contemplazione gioiosa e gratuita dell’amore salvatore di Dio prima che contentezza per la salute riacquistata.
Solo in un secondo tempo include la riconoscenza, ma non il semplice cortese ringraziamento per un beneficio ricevuto.
Il vangelo non vuole darci una lezione di galateo ma vuole dirci che l’azione di grazie è l’atteggiamento fondamentale dell’uomo che nella fede ha scoperto che la sua salvezza proviene solo dall’azione di Dio in Cristo.
Gratitudine ed Eucaristia
Se gratitudine umana e azione di grazie a Dio non si identificano, è anche vero che fra loro c’è continuità .
Quando i rapporti personali sono tutti basati sull’utile e sul piacere, è ben difficile aprirsi alla contemplazione dell’amore gratuito di Dio. Anzi la mentalità utilitaristica ed egocentrica snatura gli atti religiosi. Se abbiamo perso il senso del gratuito, se le azioni che compiamo hanno il movente nella speranza o nel diritto alla ricompensa, molto probabilmente non possiamo avere l’esperienza della Eucaristia.
L’uomo d’oggi deve scoprire il senso del «ricevuto» per aprirsi al ringraziamento.
L’Eucaristia non è tanto una legge da osservare per avere la coscienza a posto, e neppure soltanto il nutrimento della comunione fraterna. Ma è, come dice il termine, azione di grazie senza altra utilità , senz’altro scopo che se stessa: è la gioia che fiorisce dalla contemplazione dei Dio grande nell’amore, che nasce dalla scoperta di essere salvati gratuitamente.
Il mio nome è glorificato tra le genti
Dal «Commento su Aggeo» di san Cirillo d’Alessandria, vescovo
(Cap. 14; PG 71, 1047-1050)
Al tempo della venuta del nostro Salvatore apparve un tempio divino senza alcun confronto piĂą glorioso, piĂą splendido ed eccellente di quello antico. Quanto superiore era la religione di Cristo e del Vangelo al culto dell’antica legge e quanto superiore è la realtĂ in confronto alla sua ombra, tanto piĂą nobile è il tempio nuovo rispetto all’antico.
Penso che si possa aggiungere anche un’altra cosa. Il tempio era unico, quello di Gerusalemme, e il solo popolo di Israele offriva in esso i suoi sacrifici. Ma dopo che l’Unigenito si fece simile a noi, pur essendo «Dio e Signore, nostra luce» (Sal 117, 27), come dice la Scrittura, il mondo intero si è riempito di sacri edifici e di innumerevoli adoratori che onorano il Dio dell’universo con sacrifici ed incensi spirituali. E questo, io penso, è ciò che Malachia profetizzò da parte di Dio: Io sono il grande Re, dice il Signore: grande è il mio nome fra le genti, e in ogni luogo saranno offerti l’incenso e l’oblazione pura (cfr. Ml 1, 11).
Da ciò risulta che la gloria dell’ultimo tempio, cioè della Chiesa, sarebbe stata piĂą grande. A quanti lavoravano con impegno e fatica alla sua edificazione, sarĂ dato dal Salvatore come dono e regalo celeste Cristo, che è la pace di tutti. Noi allora per mezzo di lui potremo presentarci al Padre in un solo Spirito (cfr. Ef 2, 18). Lo dichiara egli stesso quando dice: Darò la pace in questo luogo e la pace dell’anima in premio a chiunque concorrerĂ a innalzare questo tempio (cfr. Ag 2, 9). Aggiunge: «Vi do la mia pace» (Gv 14, 27). E quale vantaggio questo offra a quanti lo amano, lo insegna san Paolo dicendo: La pace di Cristo, che sorpassa ogni intelligenza, custodisca i vostri cuori e i vostri pensieri (cfr. Fil 4, 7). Anche il saggio Isaia pregava in termini simili: «Signore, ci concederai la pace, poichĂ© tu dai successo a tutte le nostre imprese» (Is 26, 12).
A quanti sono stati resi degni una volta della pace di Cristo è facile salvare l’anima loro e indirizzare la volontĂ a compiere bene quanto richiede la virtĂą.
Perciò a chiunque concorre alla costruzione del nuovo tempio promette la pace. Quanti dunque si adoperano a edificare la Chiesa o che sono messi a capo della famiglia di Dio (cfr. Ef 2, 22) come mistagoghi, cioè come interpreti dei sacri misteri, sono sicuri di conseguire la salvezza. Ma lo sono anche coloro che provvedono al bene della propria anima, rendendosi roccia viva e spirituale (cfr. 1 Cor 10, 4) per il tempio santo, e dimora di Dio per mezzo dello Spirito (cfr. Ef 2, 22).
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura  2 Re 5, 14-17
Tornato Naamà n dall’uomo di Dio, confessò il Signore.
Dal secondo libro dei Re
In quei giorni, Naamà n [, il comandante dell’esercito del re di Aram,] scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di Elisèo, uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato [dalla sua lebbra].
Tornò con tutto il seguito da [Elisèo,] l’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». Quello disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò». L’altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò.
Allora Naamà n disse: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore».
Salmo Responsoriale  Dal Salmo 97
Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.
Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.
Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!Â
Seconda Lettura  2 Tm 2, 8-13
Se perseveriamo, con lui anche regneremo.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo
Figlio mio,
ricòrdati di Gesù Cristo,
risorto dai morti,
discendente di Davide,
come io annuncio nel mio vangelo,
per il quale soffro
fino a portare le catene come un malfattore.
Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.
Questa parola è degna di fede:
Se moriamo con lui, con lui anche vivremo;
se perseveriamo, con lui anche regneremo;
se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherĂ ;
se siamo infedeli, lui rimane fedele,
perché non può rinnegare se stesso.
Canto al Vangelo   1 Ts 5,18
Alleluia, alleluia.
In ogni cosa rendete grazie:
questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
Alleluia.
 Â
Vangelo  Lc 17, 11-19
Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero.
Dal vangelo secondo Luca
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».