Messa quotidiana

Santa Messa 21-9-22

SAN MATTEO, APOSTOLO ED EVANGELISTA
(Sec. I) – Festa

Matteo è davvero quel conoscitore della Scrittura che ha imparato ciò che riguarda il Regno di Dio, ed «è come un padrone di casa che trae fuori dal suo deposito cose nuove e cose vecchie» (Mt 13,52). Egli era uomo di una certa cultura, esattore delle imposte (pubblicano) a Cafarnao; di formazione ellenistica, pare che abbia grecizzato il suo nome, Levi, di origine ebraica (Mc 2,14; Lc 5,27).  Il compito svolto da questo discepolo di Gesù nella trasmissione del vangelo è di capitale importanza. Dopo la risurrezione si erano raccolti alcuni episodi della vita del Signore, e organizzati dei «discorsi» (raccolta di parole del Signore) attorno ad alcune parole-chiave. Questi elementi di «lieto annuncio» del Cristo, potevano servire ai primi cristiani, a «compimento» delle letture dell’Antico Testamento che ascoltavano ancora nelle sinagoghe. Matteo, anche in base a queste prime redazioni, scrisse in aramaico un’ampia sintesi di «parole» e di «fatti» di Gesù mettendo in rilievo la sua «messianità» e la posizione dei cristiani, cioè della Chiesa di fronte alla legge e al culto dell’Antica Alleanza.
Il Vangelo di Matteo, quale lo possediamo ora in greco, ha subito l’influsso di quelli di Marco e di Luca, pur conservando la sua spiccata fisionomia. È il vangelo del «Regno di Dio», del «compimento» in Cristo dell’Antica Alleanza. È il vangelo delle Beatitudini e del Discorso della Montagna, delle parabole del Regno e del giudizio universale. È il vangelo della «Chiesa», fondata sulla roccia che è Pietro, e del suo mistero. La liturgia l’ha sempre usato in modo particolare.
Nulla sappiamo, purtroppo, di storicamente certo dell’apostolato di Matteo, né delle circostanze della sua morte o del suo martirio.

Gesù lo guardò con sentimento di pietà e lo scelse

Dalle «Omelie» di san Beda il Venerabile, sacerdote   (Om. 21; CCL 122, 149-151)
Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi» (Mt 9, 9). Vide non tanto con lo sguardo degli occhi del corpo, quanto con quello della bontà interiore. Vide un pubblicano e, siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: «Seguimi». Gli disse «Seguimi», cioè imitami. Seguimi, disse, non tanto col movimento dei piedi, quanto con la pratica della vita. Infatti «chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato» (1 Gv 2, 6).
«Ed egli si alzò, prosegue, e lo seguì» (Mt 9, 9). Non c’è da meravigliarsi che un pubblicano alla prima parola del Signore, che lo invitava, abbia abbandonato i guadagni della terra che gli stavano a cuore e, lasciate le ricchezze, abbia accettato di seguire colui che vedeva non avere ricchezza alcuna. Infatti lo stesso Signore che lo chiamò esternamente con la parola, lo istruì all’interno con un’invisibile spinta a seguirlo. Infuse nella sua mente la luce della grazia spirituale con cui potesse comprendere come colui che sulla terra lo strappava alle cose temporali era capace di dargli in cielo tesori incorruttibili.
«Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli» (9, 10). Ecco dunque che la conversione di un solo pubblicano servì di stimolo a quella di molti pubblicani e peccatori, e la remissione dei suoi peccati fu modello a quella di tutti costoro. Fu un autentico e magnifico segno premonitore di realtà future. Colui che sarebbe stato apostolo e maestro della fede attirò a sé una folla di peccatori già fin dal primo momento della sua conversione. Egli cominciò, subito all’inizio, appena apprese le prime nozioni della fede, quella evangelizzazione che avrebbe portato avanti di pari passo col progredire della sua santità. Se desideriamo penetrare più a fondo nel significato di ciò che è accaduto, capiremo che egli non si limitò a offrire al Signore un banchetto per il suo corpo nella propria abitazione materiale ma, con la fede e l’amore, gli preparò un convito molto più gradito nell’intimo del suo cuore. Lo afferma colui che dice: «Ecco, sto alla porta e busso; se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3, 20).
Gli apriamo la porta per accoglierlo, quando, udita la sua voce, diamo volentieri il nostro assenso ai suoi segreti o palesi inviti e ci applichiamo con impegno nel compito da lui affidatoci. Entra quindi per cenare con noi e noi con lui, perché con la grazia del suo amore viene ad abitare nei cuori degli eletti, per ristorarli con la luce della sua presenza. Essi così sono in grado di avanzare sempre più nei desideri del cielo. A sua volta, riceve anche lui ristoro mediante il loro amore per le cose celesti, come se gli offrissero vivande gustosissime.

 

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  Ef 4, 1-7. 11-13
Cristo ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere evangelisti.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.
Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 18
Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio.


I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia.

Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
e ai confini del mondo il loro messaggio.

Canto al Vangelo  
Alleluia, alleluia.

Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore;
ti acclama il coro degli apostoli.
Alleluia.

  
Vangelo
  Mt 9, 9-13

Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».