Messa quotidiana

Santa Messa 27-7-21

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BEATA MARI JMADDALENA MARTINENGO

Margherita Martinengo nacque a Brescia il 4 ottobre 1687. La sua era una famiglia importante: il padre, Conte Leopardo, era Capitano della Repubblica Veneta. Per le complicazioni del parto la mamma, Margherita Secchi d’Aragona, morì dopo cinque mesi; la beata ne aveva ereditato il nome. Crebbe in un ambiente sereno, con diverse nutrici, ma nonostante le cure fu sempre malaticcia, soffrendo in particolare di debolezza di stomaco. All’età di cinque anni prese come mamma e modello la Madonna. Frequentò la scuola delle Orsoline manifestando predisposizione per la lettura e la preghiera. Il palazzo dei Martinengo aveva una ricca biblioteca, oltre a molte opere d’arte. Di quegli anni si ricorda un episodio singolare: un giorno cadde dalla carrozza in corsa senza farsi alcun male. Disse di aver sentito il suo Angelo Custode prenderla in braccio. A dieci anni fu accolta dalle Agostiniane, ove vi erano due zie, per perfezionare la sua istruzione e la sua spiritualità. Il momento tanto atteso della Prima Comunione ebbe un risvolto eccezionale: la sacra particola cadde a terra, Margherita si prostrò e la prese dal pavimento. Un freddo improvviso la scosse, sentì dentro di sé la presenza di Dio. Due anni dopo, per sottrarsi alle attenzioni delle due zie monache, andò dalle Benedettine dove erano religiose altre due zie. Anche queste però erano più preoccupate della sua futura collocazione sociale che del travaglio interiore che stava vivendo. Con le altre convittrici era allegra e vivace e amava ripetere che voleva farsi santa. Pensavano scherzasse, ma il Signore faceva sul serio. A tredici anni fece voto segreto di verginità. Tre anni dopo si prospettò l’idea di un buon matrimonio: Margherita disse al padre che voleva farsi cappuccina, ma trovò una ferma opposizione. Seguirono mesi di incertezze. Fece un periodo di prova proprio dalle Cappuccine, poi un viaggio col padre a Venezia. Tornata a casa passò un’intera notte in preghiera, poi prese la decisione definitiva: le vesti eleganti da contessina cedevano il posto al rude saio.
Entrò in monastero l’8 settembre 1705, condotta da un corteo di carrozze. Scrisse: “che spasimo provai quando feci l’ingresso! Diedi quel passo con tanta violenza che credo di certo non sarà più grande quella del separarsi l’anima dal corpo”. Prendeva il nome della Penitente che era stata la prima Testimone del Risorto.
La vita della comunità, una trentina di suore, era scandita dalla preghiera, cinque ore di giorno e tre di notte, e dal lavoro. Il rapporto con la maestra delle novizie fu burrascoso, ma suor Maria Maddalena soffrì nel silenzio. Per nulla al mondo, anche se le sue origini erano nobili, avrebbe voluto primeggiare. Le novizie svolgevano i lavori più semplici: coltivare l’orto, accudire agli animali, cucinare. Essa non li aveva mai fatti prima eppure era tra quelle che lavoravano di più. Soprattutto però ebbe inizio un rapporto profondo col Signore, scrisse: “la mia orazione non ha mai principio perché non ha mai fine, vivendo sempre unita a Dio nel mio interno”. Le sue facoltà erano “tutte ingolfate in Dio”. Alcune ore della notte, invece del riposo, le dedicava alla preghiera, “specchio nel quale si mira Dio”. La sua unione con l’Altissimo è totale: “quanto più mi profondo nel mio niente tanto più mi perdo in Dio e mi scordo del tutto di me”. Amava molto il silenzio ma col suo carattere gioviale non mancava di rallegrare le consorelle con composizioni poetiche. Iniziarono i disturbi di salute che l’accompagneranno per tutta la vita.
Fece la professione con un “amore ardentissimo a Dio intenso e continuo, che abbruci ogni difetto ogni imperfezione ogni neo di colpa”. L’umile suora iniziò anche un magistero attraverso la corrispondenza diretta ai familiari e a religiose di altri monasteri. Cristo “parve mi si mutasse il cuore, dandomi Gesù il suo divin cuore, vera fornace di sempiterno amore”. Aveva il grande timore di non essere diligente. Era consueto, a quei tempi, imporsi penitenze con cilici, suor Maria Maddalena ne aveva a decine. Guardava Colui che si era caricato di tutti i mali del mondo morendo sulla croce. Quali mai potevano essere i suoi peccati? La risposta è che chi vuole uniformarsi a Dio si sente continuamente imperfetto: “la strada del patire e dell’annegar se stessi è la più breve per giunger al possesso del Sommo Bene”. Il Venerdì Santo del 1721 Maria Maddalena ebbe il dono dello sposalizio mistico, alle consorelle che avevano sentore delle sue esperienze diceva “pensate un po’ se il Signore vuol fare a me miserabile tali favori”.
A trentasei anni fu nominata maestra delle novizie, incarico importante e delicato; lo sarà tre volte. La sua condotta suscitò gelosie e alcune suore le divennero “contrarie”: Dio la metteva alla prova. Col successivo incarico di “ruotara” ebbe rapporti con l’esterno e la sua fama si diffuse nella città. Nel 1732 fu eletta badessa. Temendo che non fosse rispettato abbastanza il voto di povertà, mandò alcuni paramenti della chiesa alle Cappuccine di Venezia. Non mancarono le tentazioni: “vivo come una creatura esiliata e dal cielo e dalla terra, tanto arida e desolata, senza sentimento di Dio”.
Il 18 luglio 1734 ebbe la prima emottisi, lo rivelò a poche. Il suo corpo, già provato da tante penitenze, deperì velocemente. Il 12 luglio 1736 fu nuovamente eletta badessa. Una delle “contrarie” dirà che nel suo governo c’era qualcosa di divino. All’affanno dei medici rispondeva “io spero di aver presto a morire per tante cose ch’essi non sanno. Sono tutta in Dio, non penso ad altro”. Gli ultimi mesi furono penosi, soffrendo meditava la Passione di Cristo: “i misteri della sua santissima vita e passione e morte li ho tutti scolpiti nel cuore, non per averli meditati, ma per averli veduti”. Tutti i particolari delle ultime giornate furono annotati dalle consorelle. Qualche anno prima aveva scritto: “che contenti per un’anima nel mirare il crocifisso che l’è posto nell’ultima agonia in mano!”. Spirò, da poco passata l’una di notte, il 27 luglio 1737. Qualche ora dopo tutta Brescia le rese omaggio.
La Beata Maria Maddalena Martinengo è una grande mistica francescana, con influssi di spiritualità carmelitana. Possediamo numerosi suoi scritti, sia diretti alle consorelle che autobiografici, redatti per obbedienza ai confessori e che tanto le costarono. Erano cose “intese dall’anima per esperienza e non per scienza”. “Tante cose le intendo, ma non so spiegarle; altre le spiego, ma dico spropositi”. A noi oggi dice: “O creature tutte, perché non correte ad amare sì smisurata bontà di Dio?”.
Leone XIII la proclamò beata il 18 aprile 1900.


Autore:
Daniele Bolognini

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Es 33,7-11; 34,5-9.28
Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia.

Dal libro dell’Èsodo
In quei giorni, Mosè prendeva la tenda e la piantava fuori dell’accampamento, a una certa distanza dall’accampamento, e l’aveva chiamata tenda del convegno; appunto a questa tenda del convegno, posta fuori dell’accampamento, si recava chiunque volesse consultare il Signore.
Quando Mosè usciva per recarsi alla tenda, tutto il popolo si alzava in piedi, stando ciascuno all’ingresso della sua tenda: seguivano con lo sguardo Mosè, finché non fosse entrato nella tenda. Quando Mosè entrava nella tenda, scendeva la colonna di nube e restava all’ingresso della tenda, e parlava con Mosè. Tutto il popolo vedeva la colonna di nube, che stava all’ingresso della tenda, e tutti si alzavano e si prostravano ciascuno all’ingresso della propria tenda.
Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico. Poi questi tornava nell’accampamento, mentre il suo inserviente, il giovane Giosuè figlio di Nun, non si allontanava dall’interno della tenda.
Il Signore scese nella nube [sul monte Sinai], si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione».
Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».
Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiar pane e senza bere acqua. Egli scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza, le dieci parole.  

Salmo Responsoriale
   Dal Salmo 102
Misericordioso e pietoso è il Signore.

Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non è in lite per sempre,
non rimane adirato in eterno.

Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.  

Canto al Vangelo Mt 13,19.23 
Alleluia, alleluia.

Il seme è la parola di Dio,
il seminatore è Cristo:
chiunque trova lui, ha la vita eterna.
Alleluia.

Vangelo  Mt 13, 36-43
Come si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti».