Santa Messa 13-4-21
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SAN MARTINO PAPA E MARTIRE
Originario di Todi e diacono della Chiesa romana, Martino fu eletto al soglio pontificio dopo la morte di papa Teodoro (13 maggio 649) e mostrò subito una mano molto ferma nel reggere il timone della barca di Pietro. Non domandò né attese infatti il consenso alla sua elezione dell’imperatore bizantino Costante II che l’anno precedente aveva promulgato il Tipo, un documento in difesa della tesi eretica dei monoteliti. Per arginare la diffusione di questa eresia, tre mesi dopo la sua elezione, papa Martino indisse nella basilica lateranense un grande concilio, al quale furono invitati tutti i vescovi dell’Occidente.
La condanna di tutti gli scritti monoteliti, sancita nelle cinque solenni sessioni conciliari, provocò la rabbiosa reazione della corte bizantina. L’imperatore ordinò all’esarca di Ravenna, Olimpio, di recarsi a Roma per arrestare il papa. Olimpio volle assecondare oltre misura gli ordini imperiali e tentò di fare assassinare il papa dal suo scudiero, durante la celebrazione della Messa a S. Maria Maggiore. Nel momento di ricevere l’ostia consacrata dalle mani del pontefice, il vile sicario estrasse il pugnale, ma fu colpito da improvvisa cecità.
Probabilmente questo fatto convinse Olimpio a mutare atteggiamento e a riconciliarsi col santo pontefice e a progettare una lotta armata contro Costantinopoli. Nel 653, morto Olimpio di peste, l’imperatore poté compiere la sua vendetta, facendo arrestare il papa dal nuovo esarca di Ravenna, Teodoro Calliopa.
Martino, sotto l’accusa di essersi impossessato illegalmente dell’alta carica pontificia e di aver tramato con Olimpio contro Costantinopoli, venne tradotto via mare nella città del Bosforo. Il lungo viaggio, durato quindici mesi, fu l’inizio di un crudele martirio. Durante i numerosi scali, a nessuno dei tanti fedeli accorsi a incontrare il papa fu concesso di avvicinarlo. Al prigioniero non era data neppure l’acqua per lavarsi. Giunto il 17 settembre 654 a Costantinopoli, il papa, steso sul suo giaciglio sulla pubblica via, venne esposto per un giorno intero agli insulti del popolo, prima di venire rinchiuso per tre mesi in prigione. Poi iniziò il lungo ed estenuante processo, durante il quale furono tali le sevizie da far mormorare all’imputato: “Fate di me ciò che volete; qualunque morte mi sarà un beneficio”.
Degradato pubblicamente, denudato ed esposto ai rigori del freddo, carico di catene, venne rinchiuso nella cella riservata ai condannati a morte. Il 26 marzo 655 fu fatto partire segretamente per l’esilio a Chersonea in Crimea. Patì la fame e languì nell’abbandono più assoluto per altri quattro mesi, finché la morte lo colse, fiaccato nel corpo ma non nella volontà, il 16 settembre 655.
Autore: Piero Bargellini
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura At 4, 32-37
Un cuore solo e un’anima sola.
Dagli Atti degli Apostoli
La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune.
Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore.
Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno. Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa “figlio dell’esortazione”, un levìta originario di Cipro, padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 92
Il Signore regna, si riveste di maestà.
Oppure:
Regna il Signore, glorioso in mezzo a noi.
Regna il Signore, glorioso in mezzo a noi.
Il Signore regna, si riveste di maestà:
si riveste il Signore, si cinge di forza.
È stabile il mondo, non potrà vacillare.
Stabile è il tuo trono da sempre,
dall’eternità tu sei.
Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti!
La santità si addice alla tua casa
per la durata dei giorni, Signore.
Canto al Vangelo Gv 3,15
Alleluia, alleluia.
Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo,
perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Alleluia.
Vangelo Gv 3,7b-15
Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo.
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».
Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».