Messa quotidiana

Santa Messa 23-1-21

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SANT’ EMERENZIANA

Un ignoto autore del sec. V aggiunse alla passio latina di s. Agnese, scritta dallo pseudo-Ambrogio, un terzo capitolo che si dilunga sui funerali della santa, sulla sua apparizione ai genitori, otto giorni dopo la morte, e sulla fondazione della basilica in suo onore da parte di Costanza, figlia di Costantino.
Tra i fedeli accorsi ai funerali di Agnese è ricordata anche “Emerentiana, quae fuerat collactanea eius, virgo sanctissima, licet cathecumena”. Un’improvvisa aggressione da parte di pagani fanatici disperse i cristiani. Emerenziana, invece di fuggire, apostrofò coraggiosamente gli assalitori, finendo però lapidata. I genitori di s. Agnese ne seppellirono il corpo nei pressi: “in confinio agelli beatissimae virginis Agnetis”, cioè sui limiti della loro proprietà. Non c’è dubbio, conclude l’autore, enunciando la dottrina sul Battesimo di sangue, che Emerenziana sia stata battezzata nel suo sangue, essendo morta per la difesa della giustizia, confessando il Signore. Purtroppo però tutto il terzo capitolo della passio Agnetis è giudicato assai severamente dalla critica. Ignorato da s. Massimo di Torino (423), che pur utilizza largamente la passio, e pieno di inesattezze sull’epoca di Costantino, 3i rivela manifestamente opera tardiva e cervellotica.
Gli unici elementi del racconto relativi ad Emerenziana per altra via documentabili sono il nome della santa, il suo martirio, quale che ne sia stata la forma, la sua sepoltura nei pressi del sepolcro di s. Agnese. Secondo parecchi critici un altro elemento ancora potrebbe essere accettato, sia pure con riserva, che cioè la santa fosse davvero ancora catecumena allorché fu uccisa. Esso infatti non fa parte del solito repertorio dei fabbricanti di passiones e potrebbe ben essere l’eco d’una ininterrotta tradizione. Una determinazione cronologica del martirio è impossibile. Di solito si pensa all’epoca di Diocleziano.
Indipendentemente dalla passio, e prima di essa, E. è con sicurezza attestata dal Martirologio Geronimiano che nella sua redazione più antica la ricorda in un gruppo di martiri del Coemeterium Maius sulla Via Nomentana e da un’epigrafe proveniente dallo stesso cimitero.
Il Geronimiano al 16 settembre reca: “Romae, via Nomentana ad Capream, in cimiterio maiore Victoris, Felicis, Alexandri, Papiae, Emerentianetis”; lo stesso elogio meno qualche nome si ritrova al 20 aprile, ma per una incomprensibile migrazione. L’epigrafe, trovata mutila dal De Rossi presso Ponte Rotto e solo recentemente completata del frammento mancante ritrovato negli scavi del Coemeterium Maius, fa eco alla commemorazione liturgica del martirologio.
Emerenziana non sembra avere una posizione di particolare rilievo nel gruppo che fa capo a Vittore. È solo sotto l’influsso della passio che viene ad acquistarvi una preminenza, proprio perché unita alla martire Agnese della cui straordinaria popolarità partecipa. Un segno evidente del cambiamento si ha nella istituzione di una speciale commemorazione liturgica in onore di Emerenziana al 23 gennaio, due giorni dopo la festa di s. Agnese, avvenuta nel sec. VIII, registrata nel Martirologio di Beda, nei codici tardivi del Geronimiano e nel Sacramentario Gelasiano del sec. VIII, donde poi passò nel Messale e nel Martirologio Romano.
Anche nella iconografia dello stesso Cimitero Maggiore, Emerenziana appare costantemente in gruppo con gli altri martiri nelle raffigurazioni più antiche. Così su due pitture assai guaste e su una transenna votiva scoperte nel 1855 si trovano cinque santi riuniti. Lo stesso doveva essere per l’epigrafe dipinta nell’abside di una cripta del medesimo cimitero, scoperta nel 1873 dall’Armellini e da lui considerata la sepoltura primitiva di Emerenziana, solo perché era riuscito a decifrare soltanto il suo nome tra gli altri completamente sbiaditi. Più tardi, invece, sembra sia stata raffigurata sola, se si deve identificarla nella giovane santa con due devoti ai piedi di una pittura scoperta nel 1933 in un piccolo cubiculum dello stesso cimitero. Nei musaici di S. Apollinare Nuovo a Ravenna, della prima metà dei sec. VI, Emerenziana splende nella teoria delle vergini tra s. Paolina e s. Daria.
Una riprova dell’awenuto cambiamento si ha negli itinerari del sec. VII, che ricordano Emerenziana in primo luogo tra i martiri del Coemeterium Maius, testimoniando anche della ecclesia o basilica, eretta sul suo sepolcro.
L’Itinerarium Salisburgense, parlando della via Nomentana, reca: “et postea vadis ad orientem, quousque pervenies ad s. Emerenziana martyrem, quae pausat in ecclesia sursum et duo martyres in spelunca deorsum, Victor et Alexander”.
E l’Epitome de locis sanctorum: “Basilica s. Agnes… propeque ibi soror eius Emerentiana, in alia tamen basilica dormit. Ibi quoque in singulari ecclesia Constantia Constantini filia requiescit sanctusque Alexander, s. Felicis, s. Papia, s. Victor et alii multi dormiunt .
E la notizia di Guglielmo di Malmesbury: “Iuxta viam s. Agnetis et ecclesia et corpus, in altera ecclesia s. Emerentiana et martyres Alexander, Felix, Papias”.
Sul sepolcro della martire che doveva trovarsi all’iniz~o della zona, al livello del suolo, era stata dunque eretta una chiesa e il Liber Pontificalis ci fa sapere che essa fu restaurata da Adriano I (772-95).
Le reliquie di Emerenziana furono trasferite nel sec. IX nella basilica di S. Agnese. Paolo V nel 1615 ordinò un’artistica cassa d’argento, in cui fece racchiudere i corpi delle due sante e che fu collocata sotto l’altare maggiore. Altre chiese in Roma hanno conservato il ricordo della martire: S. Agnese a Piazza Navona, dove le fu dedicato un altare nel 1123; S. Pietro in Vincoli, dove sarebbe conservata la testa; S. Maria in Campitelli, dove si mostra un suo dito. Recentemente le è stata intitolata una nuova grande parrocchia nel quartiere Nomentano. In Spagna, in Germania, a Bruxelles, si pretende di avere sue reliquie. Secondo le Vies des Saints (cit. in bibl.), in Francia, nella regione dell’Anjou, nel sec. XII, esisteva una cappella a lei dedicata che il re Luigi XI dotò di alcune sue reliquie nel 1472. Poiché tardive leggende complicarono il martirio di Emerenziana raccontando che le era stato squarciato il ventre, ella fu invocata, specialmente in Francia, contro il mal di ventre.


Autore: 
Benedetto Cignitti

LITURGIA DELLA PAROLA   

   

Prima Lettura    Eb 9, 2-3. 11-14
Cristo entrò una volta per sempre nel santuario in virtù del proprio sangue.

Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, fu costruita una tenda, la prima, nella quale vi erano il candelabro, la tavola e i pani dell’offerta; essa veniva chiamata il Santo. Dietro il secondo velo, poi, c’era la tenda chiamata Santo dei Santi.
Cristo, invece, è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna.
Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?

Salmo Responsoriale    Dal Salmo 46
Ascende Dio tra le acclamazioni.

Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.

Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.

Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.

Canto al Vangelo   At 16,14b

Alleluia, alleluia.

Apri, Signore, il nostro cuore
e accoglieremo le parole del Figlio tuo.
Alleluia.
 
Vangelo   Mc 3, 20-21
I suoi dicevano: «È fuori di sé». 

Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare.
Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé».