Santa Messa 15-1-21
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SAN MAURO ABATE
Nacque a Roma dal senatore e console Eutichio e dalla nobile Giulia nel 512. È il periodo delle invasioni barbariche: le antiche virtù romane erano un pallido ricordo, violenza e corruzione regnavano incontrastate; le scuole sparivano e il Cristianesimo veniva considerato una mera superstizione. Il padre, allora, avendo saputo dell’opera di S. Benedetto nel monastero di Subiaco, decise di affidarlo alle sue cure. Fu così che all’età di 12 anni Mauro, insieme al coetaneo Placido, venne accolto da Benedetto e divenne il primo “oblato” del suo ordine.
Benché Mauro non sia stato il primo in ordine di tempo, Benedetto per lui ebbe sempre un affetto speciale, perché ravvisò in lui la più perfetta espressione della vita monastica da lui concepita. Per questo gli affidò ben presto responsabilità di rilievo. Preghiera e lavoro accompagnarono tutta la vita di Mauro e proprio grazie alla preghiera, racconta S. Gregorio Magno, che Mauro riuscì a vedere un demonio tirare per l’abito un monaco. La stessa scena si ripresentava tutti i giorni all’ora della preghiera, e grazie a un intervento provvidenziale, Mauro riuscì a liberare il confratello.
Racconta ancora S. Gregorio che un giorno Placido uscì a prendere dell’acqua: cadutagli la brocca di mano, nel tentativo di recuperarla cadde e fu trascinato verso il centro del lago. Benedetto, chiuso nella sua cella ebbe, per volontà divina, conoscenza dell’accaduto e incaricò Mauro di aiutare il compagno. Questi, chiesta e ottenuta la benedizione, partì e nella foga di arrivare presto dall’amico corse sull’acqua senza accorgersi di farlo e, dopo averlo afferrato per i capelli, lo trascinò a riva. Giunto in salvo, Mauro capì cosa aveva fatto e ritornò dall’abate per raccontargli dell’accaduto. Il frate scaricava tutto il merito alla forza del comando di Benedetto, ma l’abate attribuì tutto alla sua ubbidienza. Questo episodio rese Mauro celebre nella storia dell’ascetica cristiana.
Un altro giorno, solo in monastero, accolse i genitori di un fanciullo zoppo e muto, che gli si presentarono dinanzi con le lacrime agli occhi, gli si prostrarono ai piedi e implorarono la Grazia per la salute del figlio. Mauro poggiò sull’infermo la stola che il Santo Patriarca gli aveva donato in occasione del diaconato e il fanciullo guarì. Ancora una volta attribuì il miracolo alla virtù della stola di S. Benedetto.
Nel 529 tutti i monaci si trasferirono a Cassino, mentre Mauro rimase a Subiaco per dar vita a quell’abbazia che sarebbe divenuta in seguito la più celebre del mondo perché diede alla Chiesa uomini illustri per santità e dottrina. Quando il Vescovo di Le Mans, spinto dalla fama della santità di Benedetto, lo pregò di inviare alcuni dei suoi monaci più Santi a costruire un monastero, Benedetto non esitò un attimo e scelse Mauro e a quattro altri suoi compagni. Non senza qualche difficoltà, i monaci riuscirono comunque a edificare il monastero di Glanfeuil (oggi Saint Maur sur Loire).
La nuova abbazia divenne celebre in breve tempo e accolse ben 140 monaci. In seguito Mauro ne fondò ancora altri sparsi per tutta la Francia. In tutti gli anni passati Oltralpe, il frate compì diversi miracoli e proprio a Glanfeuil Mauro si ritirò sempre più nella preghiera per prepararsi alla morte che sapeva vicina.
Colpito da una pleurite, morì il 15 gennaio 584, all’età di 72 anni.
Pregato contro le malattie del raffreddamento, per i reumatismi e la gotta, contro i dolori muscolari, San Mauro divenne molto amato nel popolo e venerato come santo taumaturgo. Nel viaggio verso la Francia inoltre si narra del miracolo della moltiplicazione dei pani in un povero convento che lo ospitò, infatti i poveri moncaci pur di ospitare il santo pellegrino gli diedero l’unico panino rimasto nella dispensa ma al mattino per miracolo trovarono proprio la dispensa piena di pane fresco e in abbondanza per oltre un mese, è chiaro qui il simbolo dell’Eucarestia e della carità; in molti paesi ancora nella festa del santo si usa benedire i panini simbolo di condivisione.
Autore: Don Luca Roveda
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Eb 4, 1-5.11
Affrettiamoci ad entrare in quel riposo.
Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, dovremmo avere il timore che, mentre rimane ancora in vigore la promessa di entrare nel suo riposo, qualcuno di voi ne sia giudicato escluso. Poiché anche noi, come quelli, abbiamo ricevuto il Vangelo: ma a loro la parola udita non giovò affatto, perché non sono rimasti uniti a quelli che avevano ascoltato con fede. Infatti noi, che abbiamo creduto, entriamo in quel riposo, come egli ha detto:
«Così ho giurato nella mia ira:
non entreranno nel mio riposo!».
Questo, benché le sue opere fossero compiute fin dalla fondazione del mondo. Si dice infatti in un passo della Scrittura a proposito del settimo giorno: «E nel settimo giorno Dio si riposò da tutte le sue opere». E ancora in questo passo: «Non entreranno nel mio riposo!».
Affrettiamoci dunque a entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 77
Proclameremo le tue opere, Signore.
Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato
non lo terremo nascosto ai nostri figli,
raccontando alla generazione futura
le azioni gloriose e potenti del Signore.
Essi poi si alzeranno a raccontarlo ai loro figli,
perché ripongano in Dio la loro fiducia
e non dimentichino le opere di Dio,
ma custodiscano i suoi comandi.
Non siano come i loro padri,
generazione ribelle e ostinata,
generazione dal cuore incostante
e dallo spirito infedele a Dio.
Canto al Vangelo Lc 7,16
Alleluia, alleluia.
Un grande profeta è sorto tra noi,
e Dio ha visitato il suo popolo.
Alleluia.
Vangelo Mc 2, 1-12
Il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra.
Dal vangelo secondo Marco
Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».
Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua».
Quello si alzò e subito prese la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».