Santa Messa 20-8-20
SAN BERNARDO
Abate e Dottore della Chiesa
(1090-1153)
Nato a Fontaines, in Borgogna, « l’ultimo dei Padri, ma certo non inferiore ai primi » (come lo chiamò Mabillon), reagendo alla dialettica scolastica incipiente, si mantenne saldissimo nella tradizione della Scrittura, dei Padri, della liturgia e della vita monastica. Secondo fondatore dei Cistercensi era entrato a 22 anni nell’abbazia di Cîteaux (Cistercium da cui il nome dell’ordine) presso Digione, seguito dai suoi fratelli e da un folto gruppo di giovani, irresistibilmente attratti dal suo entusiasmo. Fondò in seguito l’abbazia di Chiaravalle dove morì. Unendo lo studio e la contemplazione all’azione più intensa, Bernardo predicò la seconda crociata, intervenne come pacificatore nelle contese che dividevano i cristiani, e fondò ben 68 monasteri dalla Spagna alla Siria, dalla Sicilia alla Svezia. Oltre che centri di vita religiosa erano scuole di agricoltura e di manifattura (industria della lana in Inghilterra). Bernardo scrisse molti commenti alla Scrittura. Il suo principio ascetico: « L’amore è la più grande forza della vita spirituale » lo sperimentò nella sua vita. La dottrina di san Bernardo è proposta a tutta la Chiesa che lo riconosce come « Dottore ». Dante tesse l’elogio della « vivace carità » del grande « cavaliere di Maria » (Paradiso: 31,52-69.94-142; 32,151; 33,1-54).
Amo perché amo, amo per amare
Dai «Discorsi sul Cantico dei Cantici» di san Bernardo, abate
(Disc. 83, 4-6; Opera omnia, ed. Cisterc. 2 [1958] 300-302)
L’amore è sufficiente per se stesso, piace per se stesso e in ragione di sĂ©. E’ se stesso merito e premio. L’amore non cerca ragioni, non cerca vantaggi all’infuori di SĂ©. Il suo vantaggio sta nell’esistere. Amo perchĂ© amo, amo per amare. Grande cosa è l’amore se si rifĂ al suo principio, se ricondotto alla sua origine, se riportato alla sua sorgente. Di lĂ sempre prende alimento per continuare a scorrere. L’amore è il solo tra tutti i moti dell’anima, tra i sentimenti e gli affetti, con cui la creatura possa corrispondere al Creatore, anche se non alla pari; l’unico con il quale possa contraccambiare il prossimo e, in questo caso, certo alla pari. Quando Dio ama, altro non desidera che essere amato. Non per altro ama, se non per essere amato, sapendo che coloro che l’ameranno si beeranno di questo stesso amore. L’amore dello Sposo, anzi lo Sposo-amore cerca soltanto il ricambio dell’amore e la fedeltĂ . Sia perciò lecito all’amata di riamare. PerchĂ© la sposa, e la sposa dell’Amore non dovrebbe amare? PerchĂ© non dovrebbe essere amato l’Amore?
Giustamente, rinunziando a tutti gli altri suoi affetti, attende tutta e solo all’Amore, ella che nel ricambiare l’amore mira a uguagliarlo. Si obietterĂ , però, che, anche se la sposa si sarĂ tutta trasformata nell’Amore, non potrĂ mai raggiungere il livello della fonte perenne dell’amore. E’ certo che non potranno mai essere equiparati l’amante e l’Amore, l’anima e il Verbo, la sposa e lo Sposo, il Creatore e la creatura. La sorgente, infatti, dĂ sempre molto piĂą di quanto basti all’assetato.
Ma che importa tutto questo? CesserĂ forse e svanirĂ del tutto il desiderio della sposa che attende il momento delle nozze, cesserĂ la brama di chi sospira, l’ardore di chi ama, la fiducia di chi pregusta, perchĂ© non è capace di correre alla pari con un gigante, gareggiare in dolcezza col miele, in mitezza con l’agnello, in candore con il giglio, in splendore con il sole, in caritĂ con colui che è l’Amore? No certo. Sebbene infatti la creatura ami meno, perchĂ© è inferiore, se tuttavia ama con tutta se stessa, non le resta nulla da aggiungere. Nulla manca dove c’è tutto. Perciò per lei amare così è aver celebrato le nozze, poichĂ© non può amare così ed essere poco amata. Il matrimonio completo e perfetto sta nel consenso dei due, a meno che uno dubiti che l’anima sia amata dal Verbo, e prima e di piĂą.