Messa quotidiana

Santa Messa 7-8-19

Spirito Santo scendi in noi e accendi il fuoco del tuo amore

BEATI AGATANGELO E CASSIANO

Francesco Noury nacque a Vendome il 31 luglio 1598. Aveva una famiglia numerosa e discretamente agiata, il padre, presidente del tribunale, era un buon cristiano. Fu in prima fila quando i cappuccini raccolsero i fondi per aprire in città un convento e il bambino rimase affascinato dalla semplice religiosità di quei frati che ispiravano la loro vita al grande santo di cui portava il nome. Fatti gli studi classici, sentì chiara la vocazione intorno ai vent’anni ed entrò nel noviziato di Mans con il nome di Agatangelo. Si trasferì quindi a Poitier, sotto la guida di validi insegnati. Ordinato sacerdote a ventisette anni, per qualche tempo prese parte alle missioni popolari del Poitou. Durante la quaresima del 1626 ebbe il privilegio di predicare nella sua cittadina sentendo però forte la volontà di partire missionario. Realizzerà il desiderio unendo il proprio destino ad un giovane di Nantes, Gundisalvo Lopez-Neto, che era nato in una casa di mercanti portoghesi, insieme ad una sorella gemella, il 14 gennaio 1607. Anch’egli studiò in collegio, distinguendosi per l’intelligenza e l’ottima condotta. Fin da giovane amava ritirarsi nel silenzio della cappella dei cappuccini, poco distante da casa e a nove anni voleva già farsi cappuccino e missionario. A sedici anni vestì il saio, entrando nel noviziato di Angers con il nome di Cassiano. Studiò a Rennes con lo stesso insegnante di Agatangelo e venne ordinato sacerdote. Prima di partire per l’Africa visse la dura esperienza della pestilenza che nel 1631-1632 infuriò in Francia: il giovane frate assistette generosamente i malati rimanendo illeso dal contagio. Passata l’emergenza finalmente i superiori lo destinarono in Egitto. Si imbarcò a Marsiglia, atteso oltremare, tra gli altri, da Agatangelo. Il frate di Vendome era ad Aleppo (Siria) già dal 1629. Assisteva i mercanti francesi e italiani e studiava la lingua araba per poter lavorare al riavvicinamento tra la Chiesa cattolica e l’antichissima Chiesa ortodossa copta. Scopo nobile quanto arduo da realizzare. Aveva stabilito buoni rapporti con le popolazioni arabe, si adoperava per la liberazione degli schiavi cristiani ed era soprannominato “l’apostolo del Libano”. L’incontro tra i due futuri martiri avvenne ad Alessandria nel 1633: uno con alle spalle un po’ d’esperienza missionaria, l’altro pieno del vigore della giovane età. Insieme verseranno il loro sangue per Cristo.
Con l’obbiettivo di avvicinare a Roma la chiesa copta, Agatangelo e Cassiano studiarono la lingua gheez e instaurarono buoni rapporti col patriarca Matteo III che permise loro di celebrare nelle chiese del posto. Nel 1636 Agatangelo e un altro frate andarono nel celebre convento di Der Antonio, nella Bassa Tebaide, conquistando il rispetto dei monaci. A una restrizione della Congregazione di Propaganda Fide circa la celebrazione delle Messe nelle chiese locali non cattoliche, Agatangelo scrisse a Roma e ottenne il permesso di proseguire, vedendo in questo un modo di avvicinare le due confessioni religiose. Nel 1637 si riunì un sinodo del patriarcato copto per discutere sulle intese con la Chiesa cattolica, ma molti dissentirono a causa della cattiva condotta di alcuni cristiani locali. Agatangelo scrisse a Roma chiedendo che i responsabili venissero scomunicati. Matteo III decise comunque la nomina di un nuovo arcivescovo per l’Abissinia (Etiopia) che sarebbe stato accompagnato dai cappuccini e da un luterano di Lubecca, le cui malvagie intenzioni si manifesteranno in seguito. I due frati vollero prima visitare la Palestina e i luoghi di Gesù. Quindi, con l’aiuto di un mercante veneziano, attraversarono il deserto della Nubia diretti alle coste del Mar Rosso. Correva l’anno 1638.
Lo scontro con la gerarchia ecclesiastica locale fu violento quanto inatteso. Giunti sull’altopiano eritreo Agatangelo e Cassiano furono imprigionati proprio dal neo arcivescovo e dal luterano. Non c’era nessuno a difenderli. Il 5 agosto, incatenati agli animali che trasportavano i propri carcerieri, sotto un sole cocente, furono condotti a Gondar. Il luterano li coprì di calunnie di fronte al Re (Negus) Basilides. Il primate locale non li ricevette accusandoli di proselitismo. Per aver salva la vita avrebbero dovuto abiurare ma, impavidi, i due cappuccini difesero il proprio credo e Cassiano, che conosceva l’amarico, rinnovò la professione di fede. Furono condannati all’impiccagione. Ironia della sorte, mancando le corde i due frati, ormai pronti al premio eterno, offrirono allo scopo i loro cingoli e davanti ad una folla inferocita furono giustiziati. Ci fu poi la lapidazione e i loro corpi vennero coperti da un cumulo di pietre. Un’autorevole personaggio abissino, di fronte a tanto coraggio, si fece cattolico. Quella notte, sopra quel cumulo si vide una grande colonna di luce.
La notizia dell’assassinio dei due cappuccini giunse in Europa, ma soprattutto il loro eroico esempio rimase vivo nelle popolazioni locali. I tentativi, nei secoli successivi, dei missionari di avvicinare i cristiani di quelle terre al cattolicesimo fallirono. Solo nell’Ottocento sorsero alcune chiese uniate grazie all’influenza italiana. Nel 1889 Papa Leone XIII aprì una prefettura apostolica, qualche anno dopo la fondazione della colonia italiana.
La causa di beatificazione di Agatangelo e Cassiano ebbe esito positivo solo grazie all’impegno del Cardinale Guglielmo Massaia (1809-1889), missionario in Etiopia per trentacinque anni. Il frate piemontese ritrovò le tombe, raccolse i documenti e le ancora numerose cronache trasmesse oralmente sul sacrificio dei due missionari francesi che furono quindi beatificati da S. Pio X il 1° gennaio 1905.

Autore: Daniele Bolognini

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura           Nm 13, 1,1-3a.25b-14,1.26-30.34-35
Rifiutarono una terra di delizie.

Dal libro dei Numeri
In quei giorni, il Signore parlò a Mosè [nel deserto di Paran] e disse: «Manda uomini a esplorare la terra di Canaan che sto per dare agli Israeliti. Manderete un uomo per ogni tribù dei suoi padri: tutti siano prìncipi fra loro». Mosè li mandò dal deserto di Paran, secondo il comando del Signore.
Al termine di quaranta giorni tornarono dall’esplorazione della terra e andarono da Mosè e Aronne e da tutta la comunità degli Israeliti nel deserto di Paran, verso Kades; riferirono ogni cosa a loro e a tutta la comunità e mostrarono loro i frutti della terra.
Raccontarono: «Siamo andati nella terra alla quale tu ci avevi mandato; vi scorrono davvero latte e miele e questi sono i suoi frutti. Ma il popolo che abita quella terra è potente, le città sono fortificate e assai grandi e vi abbiamo anche visto i discendenti di Anak. Gli Amaleciti abitano la regione del Negheb; gli Ittiti, i Gebusei e gli Amorrei le montagne; i Cananei abitano presso il mare e lungo la riva del Giordano».
Caleb fece tacere il popolo davanti a Mosè e disse: «Dobbiamo salire e conquistarla, perché certo vi riusciremo». Ma gli uomini che vi erano andati con lui dissero: «Non riusciremo ad andare contro questo popolo, perché è più forte di noi». E diffusero tra gli Israeliti il discredito sulla terra che avevano esplorato, dicendo: «La terra che abbiamo attraversato per esplorarla è una terra che divora i suoi abitanti; tutto il popolo che vi abbiamo visto è gente di alta statura. Vi abbiamo visto i giganti, discendenti di Anak, della razza dei giganti, di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste, e così dovevamo sembrare a loro». Allora tutta la comunità alzò la voce e diede in alte grida; quella notte il popolo pianse.
Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Fino a quando sopporterò questa comunità malvagia che mormora contro di me? Ho udito le mormorazioni degli Israeliti contro di me. Riferisci loro: “Come è vero che io vivo, oracolo del Signore, così come avete parlato alle mie orecchie io farò a voi! I vostri cadaveri cadranno in questo deserto. Nessun censito tra voi, di quanti siete stati registrati dai venti anni in su e avete mormorato contro di me, potrà entrare nella terra nella quale ho giurato a mano alzata di farvi abitare, a eccezione di Caleb, figlio di Iefunnè, e di Giosuè, figlio di Nun. Secondo il numero dei giorni che avete impiegato per esplorare la terra, quaranta giorni, per ogni giorno un anno, porterete le vostre colpe per quarant’anni e saprete che cosa comporta ribellarsi a me”. Io, il Signore, ho parlato. Così agirò con tutta questa comunità malvagia, con coloro che si sono coalizzati contro di me: in questo deserto saranno annientati e qui moriranno».

Salmo Responsoriale   Dal Salmo 105 
Ricòrdati di noi, Signore, per amore del tuo popolo.


Abbiamo peccato con i nostri padri,
delitti e malvagità abbiamo commesso.
I nostri padri, in Egitto,
non compresero le tue meraviglie.

Presto dimenticarono le sue opere,
non ebbero fiducia del suo progetto,
arsero di desiderio nel deserto
e tentarono Dio nella steppa.

Dimenticarono Dio che li aveva salvati,
che aveva operato in Egitto cose grandi,
meraviglie nella terra di Cam,
cose terribili presso il Mar Rosso.

Egli li avrebbe sterminati,
se Mosè, il suo eletto,
non si fosse posto sulla breccia davanti a lui
per impedire alla sua collera di distruggerli.  

Canto al Vangelo  Lc 7,16
Alleluia, alleluia.

Un grande profeta è sorto tra noi,
e Dio ha visitato il suo popolo.
Alleluia.

Vangelo   Mt 15, 21-28
Donna, grande è la tua fede! 

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, – disse la donna – eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.