Santa Messa 19-9-18
SAN FRANCESCO MARIA DA CAMPOROSSO
Nacque il beato Francesco Maria il 27 dicembre 1804 da Giovanni Croese e da Maria Antonia Garzo a Camporosso, un paesino sulla riviera ligure di Ponente, nell’attuale provincia di Imperia. Due giorni dopo la sua nascita venne battezzato col nome paterno di Giovanni.
Da sua madre, per la quale la fede era luce e forza di vita, il piccolo Giovanni ricevette i primi insegnamenti di quella pietà semplice e profonda, che dovevano più tardi svilupparsi nelle virtù della vita cristiana e mettere intorno al suo capo l’aureola di santità. Ancora ragazzo, fu pastore del piccolo gregge paterno, e fatto grandicello, aiutò il padre nel duro lavoro dei campi.
Ricevette nella festa del Corpus Domini del 1816, la prima Comunione, dopo di che cadde gravemente infermo e guarì per l’intercessione della Madonna del Laghetto, che si venera presso Nizza.
A l7 anni, udita la voce di Dio che lo chiamava a una vita più perfetta, entrò fra i Minori Conventuali in qualità di terziario. Ma dopo fervorose preghiere alla Beata Vergine e col consiglio di illuminati religiosi abbracciò la vita religiosa fra i Minori Cappuccini, entrandovi come novizio il 7 dicembre 1825 col nuovo nome di Francesco Maria.
Durante il noviziato ebbe modo di rivelarsi la squisita bellezza dell’anima di frate Francesco e di svilupparsi quell’ardore di carità per il Signore e per il prossimo che doveva fare di lui umile laico cappuccino, il benefattore dell’intera città di Genova.
Difatti, appella finito il noviziato, il beato fu destinato al convento della SS. Concezione di Genova, dapprima come aiuto nella cucina e come infermiere, poi come questuante, nel quale ufficio trascorse circa 40 anni cioè quasi tutta la sua vita di religioso. Una vita non ricca di avvenimenti grandiosi, ma piena di luce e di una bontà ingegnosamente operosa e inesauribile. Nel quartiere del porto e del deposito franco, ove in particolar modo si svolse l’attività di frate Francesco, la sua figura alta, simpatica, piena di modestia e di grazia, esercitava un fascino straordinario su quanti l’avvicinavano.
Ogni dolore umano trovava nel beato una dolce parola di conforto e una luce di cristiana speranza. La gente di mare specialmente ricorreva a lui con commovente fiducia, mai venuta a meno sino a oggi.
Fu proprio di mezzo al popolo che sorse il grido di “Padre santo” per designare frate Francesco ed esprimere l’ammirazione e la gratitudine di quanti erano stati beneficati dalla carità dell’umile.
Quando verso l’estate del 1866 scoppiò una furiosa epidemia in Genova, non recò meraviglia, ma solo profonda commozione, il sapere ehe il “Padre santo” aveva offerto al Signore la sua vita in olocausto, onde far cessare il flagello che aveva colpito la sua città diletta. Era la suprema prova di amore che il laico cappuccino offriva ai suoi fratelli sofferenti, prova accettata da Dio il 17 settembre 1866.
La causa di Beatificazione introdotta il 9 agosto 1896 fu compiuta da Pio XI il 30 giugno del 1929.
Autore: Antonio Galuzzi
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura 1 Cor 12,31 – 13,13
Rimangono la fede, la speranza, la carità; ma la più grande di tutte è la carità.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.
Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!
Salmo Responsoriale Dal Salmo 32
Beato il popolo scelto dal Signore.
Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate.
Cantate al Signore un canto nuovo,
con arte suonate la cetra e acclamate.
Perché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.
Canto al Vangelo Gv 6,63
Alleluia, alleluia.
Le tue parole, Signore, sono spirito e sono vita;
tu hai parole di vita eterna.
Alleluia.
Vangelo Lc 7, 31-35
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, il Signore disse:
«A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”.
È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”.
Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».