Messa quotidiana

Omelia 31-7-16

XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Anno C

 

Il denaro: una falsa sicurezza

Uno dei bisogni fondamentali dell’uomo è la sicurezza. Egli ricerca appassionatamente e necessariamente un fondamento stabile su cui poggiare la propria esistenza. Ora un movimento antico quanto l’uomo è quello di chi sceglie come pietra angolare nella propria vita le cose, il denaro.

Quando il denaro diventa dio
Il denaro è tutto, si dice. Il denaro è potere, è il  potere. Senza denaro non si può far nulla. Il denaro dà all’uomo il senso della sicurezza, della possibilità di fare tutto. Scatta allora il meccanismo dell’accumulazione: il denaro non è mai troppo, diventa idolatria. Quando il denaro diventa il proprio dio, per averlo si è disposti a tutto. La sete del denaro oppone l’uomo all’uomo. Se uno cerca di avere la parte maggiore, l’altro diventa un concorrente da superare o da eliminare. La divisione dell’eredità è sempre stata un momento difficile per le famiglie. Fare le parti giuste è quasi impossibile. La divisione dell’eredità diventa la divisione della famiglia.
Il denaro è la sorgente di tutte le gerarchie sociali, di tutte le discriminazioni: chi ha di più è più in alto; gli uomini non sono più uguali, si distinguono per quello che hanno. L’uomo del denaro diventa un uomo «solo», un uomo alienato, schiavo. Il denaro diventa una prigione. L’uomo del denaro è l’uomo vecchio.

Cristo non ha scelto la via del potere per fare giustizia
Il problema della divisione della ricchezza è uno dei più gravi a tutti i livelli. Come interviene Cristo in questa situazione? Perché Cristo rifiuta di farsi giudice fra i due? Perché non è la sua missione fare giustizia mediante la via del potere. Il potere si giustifica moralmente quando si mette a servizio della giustizia. Cristo non lo condanna in quanto potere. Solamente che il potere non è la via che egli ha scelto per «fare giustizia».
Cristo innanzi tutto riprende l’insegnamento della saggezza umana, espresso già nell’Antico Testamento, traducendolo nella parabola del ricco insensato (Le 12,16-21). Le cose sono una falsa sicurezza. Il possesso è in realtà illusorio: il ricco è posseduto dalle cose, ma in fondo non le possiede. La morte rivela in modo evidente questa verità. La meditazione della morte compie nell’uomo la liberazione da un’illusione, una prima liberazione dalle cose.
Non è però una meditazione di tipo moralistico. Gesù non vuole inculcare nei suoi ascoltatori abbienti il timore di una morte improvvisa e individuale che manderebbe in fumo le loro speranze. In realtà la visione che si ha qui della morte è escatologica ed è collegata col giudizio di Dio.
Il fondamento sicuro dell’esistenza è Dio solo. In lui acquista significato anche l’uso delle cose, in sé buone. Non saranno più strumento di divisione, ma di comunione. L’uomo non le tiene egoisticamente per sé, ma le trasforma in «segno» d’amore.
« Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene, all’uso di tutti gli uomini e popoli, così che i beni creati debbono secondo un equo criterio essere partecipati a tutti, avendo come guida la giustizia e compagna la carità. Pertanto, quali che siano le forme della proprietà, adattate alle legittime istituzioni dei popoli, in vista delle diverse e mutevoli circostanze, si deve sempre ottemperare a questa destinazione universale dei beni» (GS 69).

Ricchezza e povertà nella Chiesa
«“Conosco la tua tribolazione, la tua povertà, tuttavia sei ricco” (Ap 2,9): così lo Spirito esalta la Chiesa di Smirne. Alla Chiesa di Laodicea, invece, rinfaccia: “Tu dici: ‘Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla ’, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo” (Ap 3,17).
Il giudizio dello Spirito — si legge nel Catechismo degli adulti (pagg. 183-184) — riporta in primo piano l’insegnamento della croce. La Chiesa è “ricca “, quando, materialmente povera di risorse, è pronta a ricevere nella fede quelle risorse che provengono dallo Spirito di Cristo, suo Capo e Signore. È in realtà “povera” cioè “infelice, miserabile, cieca e nuda“, quando più che nello Spirito, confida nei mezzi umani di cui dispone.
La Chiesa influisce sul potere, ma ne viene contemporaneamente influenzata, a volte strumentalizzata. E non mancano le voci che denunziano il pericolo che la minaccia.
“Combattiamo contro un persecutore insidioso — scrive sant’Ilario di Poitiers nel IV secolo — un nemico che lusinga… non ferisce la schiena ma carezza il ventre; non confisca i beni per darci la vita, ma arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà imprigionandoci, ma verso la schiavitù onorandoci nel suo palazzo; non colpisce i fianchi, ma prende possesso del cuore“».

La speranza della vita
è il principio e il termine  della nostra fede

Dalla «Lettera», detta di Barnaba (Capp. 1, 1 – 2, 5; Funk 1, 3-7)
Salute a voi nella pace, figli e figlie, nel nome del Signore che ci ha amato. Grandi e copiosi sono i favori che Dio vi ha concesso. Per questo molto mi rallegro sapendo quanto le vostre anime siano belle e liete per la grazia e i doni spirituali che hanno ricevuto. Ma ancora maggiore è la mia gioia sentendo nascere in me una viva speranza di salvezza nel vedere con quanta generosità la sorgente divina abbia effuso su di voi il suo Spirito. Davvero splendido lo spettacolo che avete offerto alla mia vista!
Persuaso di essermi avvantaggiato, molto nella via santa del Signore parlando con voi, mi sento spinto ad amarvi più della mia stessa vita, anche perché vedo in voi grande fede e carità per la speranza della vita divina.
Per l’amore che vi porto voglio mettervi a parte di quanto ho avuto, sicuro di ricevere beneficio dal servizio che vi rendo. Vi scrivo dunque alcune cose perché la vostra fede arrivi ad essere conoscenza perfetta.
Tre sono le grandi realtà rivelate dal Signore: la speranza della vita, inizio e fine della nostra fede; la salvezza, inizio e fine del piano di Dio; il suo desiderio di farci felici, pegno e promessa di tutti i suoi interventi salvifici.
Il Signore ci ha fatto capire, per mezzo dei profeti, le cose passate e presenti, e ci ha messo in grado di gustare le primizie delle cose future. E poiché vediamo ciascuna di esse realizzarsi proprio come ha detto, dobbiamo procedere sempre più sulla via del santo timore di Dio.
Per parte mia vi voglio indicare alcune cose che giovino al vostro bene già al presente. Vi parlo però non come maestro, ma come fratello.
I tempi sono cattivi e spadroneggia il Maligno con la sua attività diabolica. Badiamo perciò a noi stessi e ricerchiamo accuratamente i voleri del Signore. Timore e pazienza devono essere il sostegno della nostra fede, longanimità e continenza le nostre alleate nella lotta. Se praticheremo queste virtù e ci comporteremo come si conviene dinanzi al Signore, avremo la sapienza, l’intelletto, la scienza e la conoscenza. Queste sono le cose che Dio vuole da noi. Il Signore infatti ci ha insegnato per mezzo di tutti i profeti che egli non ha bisogno di sacrifici, né di olocausti, né di offerte. Che m’importa, dice, dei vostri sacrifici senza numero? Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Non presentatevi nemmeno davanti a me per essere visti. Infatti chi ha mai richiesto tali cose dalle vostre mani? Non osate più calpestare i miei atri. Se mi offrirete fior di farina, sarà vano; l’incenso è un abominio per me. I vostri noviluni e i vostri sabati non li posso sopportare (cfr. Is 1, 11-13).

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  Qo 1,2; 2,21-23
Quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica?

Dal libro del Qoèlet
Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità.
Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.
Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità! 

Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 89
Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.

Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda. 

Seconda Lettura
  Col 3,1-5. 9-11
Cercate le cose di lassù, dove è Cristo.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria.
Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato.
Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.

Canto al Vangelo
  Mc 1,15
Alleluia, alleluia.

Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli..
Alleluia.

  
Vangelo  Lc 12,13-21
Quello che hai preparato, di chi sarà?

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».