Omelia 19-7-16
Sangue di Cristo salvaci
SANT’ARSENIO IL GRANDE
Nella Chiesa primitiva le debolezze umane venivano combattute con una disciplina assai rigorosa. In tempo di persecuzione l’ideale era rappresentato dalla morte per Cristo, col martirio. Poi, a cominciare dal IV secolo, si cercava un’altra morte: la rinuncia al mondo e la solitudine del deserto. La vita eremitica, che ha nell’egiziano S. Antonio abate l’esempio più imitato e più popolare, grazie anche alla biografia scritta da S. Atanasio, costituì per molti anni il rifugio preferito di questi simpatici anarchici dello spirito, inizialmente autonomi come i primi pionieri del West americano, poi organizzati da una Regola ascetica, che fissava tempi di digiuno e di preghiera nella vita parzialmente comunitaria, che mitigava la rigida separazione dai propri simili.
Molti cristiani intraprendevano lunghi e disagiati pellegrinaggi per avere un colloquio con questi anacoreti illuminati, tra i quali vi è appunto S. Arsenio, eremita in Egitto e uno dei più celebri “padri del deserto”. Il santo anacoreta però non amava rompere la rigida osservanza del silenzio neppure con un pellegrino che venisse da lontano. E quando non poteva sottrarsi a queste visite d’obbligo, le sue rare e monosillabiche risposte scoraggiavano anche il più devoto degli interlocutori, al punto che questi se ne andava quasi più sconcertato che edificato. Arsenio era nato a Roma intorno al 354 da nobile famiglia senatore. Un’antica tradizione dice che egli fu ordinato diacono dallo stesso papa Damaso.
Nel 383 l’imperatore Teodosio lo volle a Costantinopoli per affidargli l’educazione dei figli Arcadio e Onorio. Vi restò undici anni, fino al 394, quando in seguito a una profonda crisi spirituale ottenne l’esonero da quell’incarico per ritirarsi nel deserto egiziano. Chiedendo a Dio una sicura via per giungere alla salvezza, una voce misteriosa gli avrebbe risposto: “Fuggi gli uomini”. Il quarantenne Arsenio seguì alla lettera il consiglio: sbarcato ad Alessandria d’Egitto, si aggregò alla comunità degli anacoreti di Scete, in pieno deserto. Concedendosi pochissimo sonno, trascorreva notti intere in preghiera e meditazione: una preghiera fatta più di lacrime che di parole, poiché egli ebbe da Dio il “dono del pianto”.
Dal 434 al 450, che si presume sia l’anno della morte, Arsenio dovette vivere lontano dalla tranquilla Scete, invasa da una tribù libica. Morì a Troe presso Menfi. Di lui, oltre a una cronistoria e a sagge massime, riferite da Daniele di Pharan, amico di due discepoli di Arsenio, ci resta addirittura un ritratto in cui appare di bell’aspetto, maestosamente alto e asciutto.
Autore: Piero Bargellini
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Mic 7, 14-15. 18-20
Getterà in fondo al mare tutti i nostri peccati.
Dal libro del profeta Michèa
Pasci il tuo popolo con la tua verga,
il gregge della tua eredità,
che sta solitario nella foresta
tra fertili campagne;
pascolino in Basan e in Gàlaad
come nei tempi antichi.
Come quando sei uscito dalla terra d’Egitto,
mostraci cose prodigiose.
Quale dio è come te,
che toglie l’iniquità e perdona il peccato
al resto della sua eredità?
Egli non serba per sempre la sua ira,
ma si compiace di manifestare il suo amore.
Egli tornerà ad avere pietà di noi,
calpesterà le nostre colpe.
Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati.
Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà,
ad Abramo il tuo amore,
come hai giurato ai nostri padri
fin dai tempi antichi.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 84
Mostraci, Signore, la tua misericordia.
Sei stato buono, Signore, con la tua terra,
hai ristabilito la sorte di Giacobbe.
Hai perdonato la colpa del tuo popolo,
hai coperto ogni loro peccato.
Ritorna a noi, Dio nostra salvezza,
e placa il tuo sdegno verso di noi.
Forse per sempre sarai adirato con noi,
di generazione in generazione riverserai la tua ira?
Non tornerai tu a ridarci la vita,
perché in te gioisca il tuo popolo?
Mostraci, Signore, la tua misericordia
e donaci la tua salvezza.
Canto al Vangelo Gv 14, 23
Alleluia, alleluia.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.
Alleluia.
Vangelo Mt 12, 46-50
Tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli».
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, mentre Gesù parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli.
Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti».
Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?».
Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre».