Messa quotidiana

Omelia 12-6-16

Sacro Cuore di Gesù noi ti amiamo e speriamo in Te

XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno C

 

L’amore gratuito di Dio vince il peccato

Uno dei temi fondamentali del vangelo di Luca è la manifestazione che Gesù fa di se stesso, come colui che salva i peccatori. In questo senso egli si proclama già come Dio, perché nella coscienza dei Giudei solo Dio può perdonare i peccati.

Il peccato è la morte dell’uomo
«Il peccato è rifiuto della comunione con Dio e disgregazione del popolo che Dio ha convocato; offesa a Dio e perciò vera e radicale alienazione dell’uomo » (RdC 93). Il peccato è la morte dell’uomo. L’uomo è tanto più vicino a se stesso quanto più è vicino agli altri; raggiunge davvero se stesso solo staccandosi da sé; perviene ad essere se stesso solo tramite gli altri. Ciò si verifica però in una sfera estremamente profonda.
Se infatti l’altro è soltanto un individuo qualunque, può anche divenire una causa d’irreparabile perdizione per l’uomo. L’essere umano è in ultima analisi preordinato sì all’altro, ma all’Altro per antonomasia, cioè a Dio; e tanto più è vicino a se stesso, quanto più è vicino a Dio.

Per contrario, la «chiusura» a Dio «disintegra» l’uomo. Il peccato in quanto rifiuto a Dio, è rifiuto della «sorgente della vita», e perciò morte. La morte fisica è il segno e la visibilizzazione della morte della persona. Il peccato è incomunicabilità, solitudine. C’è all’interno del peccato una dinamica di morte. La schiavitù, la fame, la miseria, l’infanzia abbandonata, la volontà di distruzione che va dalla lotta a coltello all’esplosione atomica è agli armamenti, sono i segni visibili del peccato (la lettura).

Quello che è impossibile all’uomo è possibile a Dio
L’uomo può togliersi la vita (non solo quella biologica) e toglierla agli altri, ma non può ridarsela né ridonarla. Non può rimettersi in comunicazione con Dio: è una impossibilità assoluta, radicale. Solo Dio può rimettere i peccati (Le 7,49). Quello che è impossibile all’uomo è possibile a Dio. Cristo che perdona è la rivelazione di Dio come amore-assoluto, gratuito; come amore-nonostante-tutto; come «accettazione» radicale dell’uomo; come amore che ridona la vita. Gesù smonta la falsa immagine di Dio nel quale «santità» vorrebbe dire un «no» assoluto al peccatore. Dio è « no » assoluto al peccato, non al peccatore. L’uomo per vivere ha bisogno di essere nella verità. E la verità è che egli è peccatore. Deve debellare la falsa coscienza di essere giusto, deve avere la consapevolezza di essere malato per invocare il medico. Non c’è peggior malato di chi si crede sano. Deve sentirsi peccatore.

L’uomo, liberato dall’amore di Dio, diventa liberatore
Ma allora che cosa può fare l’uomo peccatore? «Credere» di essere peccatore, di essere morto (Natan aiuta Davide a prendere coscienza di questo) e credere all’amore di Dio che ci è offerto in Gesù. La salvezza è appunto questa fede in Gesù (seconda lettura).
Chi «accetta» di essere amato gratuitamente, senza suo merito, vive, diventa capace di amare e di affrontare la vita. L’esperienza del perdono ricevuto è l’esperienza del grande amore di Dio. Il peccato più grande perdonato rivela il più grande amore (vangelo). L’essere perdonato è il motivo più forte per amare di più Dio e il prossimo. Per vivere abbiamo bisogno del perdono di Dio più che del pane che mangiamo.
Se il peccato è la vera, radicale alienazione dell’uomo, la radice unica e profonda di ogni altra alienazione, il perdono di Dio è la vera forza di liberazione dell’uomo. E l’uomo liberato dall’amore di Dio diventa liberatore.

Oggi c’è nel mondo un grande bisogno di rinnovamento. Che molte cose vadano male lo vedono tutti. I giornali ci offrono la razione quotidiana della malvagità e della sofferenza dell’uomo. Nel mondo però è presente anche un grande sforzo per renderlo più umano, per vincere le forze del male. Si cerca di liberare l’uomo dalla ignoranza, dalla fame, dalle malattie, dallo sfruttamento, dalle strutture oppressive. Ma è sufficiente lo sforzo umano, degli individui e della società, per creare un uomo nuovo, un mondo nuovo? Basta fare leggi più giuste, cambiare le strutture? Il male da cui l’uomo deve essere liberato è «dentro» l’uomo. L’impegno dell’uomo è necessario, ma insufficiente. Il sacramento della penitenza è il luogo in cui il cristiano incontra l’amore di Dio che perdona e rinnova: è lì che ritorna ad essere figlio di Dio e fratello dell’uomo. Accostarsi al sacramento della penitenza è riconoscere la radicale insufficienza a salvare la propria vita da se stessi, è aprirsi ad accogliere l’amore efficace di Dio, è impegnarsi a portare nel mondo la novità dell’amore.

La preghiera prorompa da un cuore umile

Dal trattato «Sul Padre nostro» di san Cipriano, vescovo e martire
(Nn. 4-6; CSEL 3, 268-270)

Per coloro che pregano, le parole e la preghiera siano fatte in modo da racchiudere in sé silenzio e timore. Pensiamo di trovarci al cospetto di Dio. Occorre essere graditi agli occhi divini sia con la posizione del corpo, sia con il tono della voce. Infatti come è da monelli fare fracasso con schiamazzi, così al contrario è confacente a chi è ben educato pregare con riserbo e raccoglimento. Del resto, il Signore ci ha comandato e insegnato a pregare in segreto, in luoghi appartati e lontani, nelle stesse abitazioni. E` infatti proprio della fede sapere che Dio è presente ovunque, che ascolta e vede tutti, e che con la pienezza della sua maestà penetra anche nei luoghi nascosti e segreti, come sta scritto: Io sono il Dio che sta vicino, e non il Dio che è lontano. Se l’uomo si sarà nascosto in luoghi segreti, forse per questo io non lo vedrò? Forse che io non riempio il cielo e la terra? (cfr. Ger 23, 23-24). E ancora: In ogni luogo gli occhi del Signore osservano attentamente i buoni e i cattivi (cfr. Pro 15, 3).
E allorché ci raduniamo con i fratelli e celebriamo con il sacerdote di Dio i divini misteri dobbiamo rammentarci del rispetto e della buona educazione: non sventolare da ogni parte le nostre preghiere con voci disordinate, né pronunziare con rumorosa loquacità una supplica che deve essere affidata a Dio in umile e devoto contegno. Dio non è uno che ascolta la voce, ma il cuore. Non è necessario gridare per richiamare l’attenzione di Dio, perché egli vede i nostri pensieri. Lo dimostra molto bene quando dice: «Perché mai pensate cose malvage nel vostro cuore?» (Mt 9, 4). E un altro luogo dice: «E tutte le chiese sapranno che io sono colui che scruta gli affetti e i pensieri» (Ap 2, 23).
Per questo nel primo libro dei Re, Anna, che conteneva in sé la figura della Chiesa, custodiva e conservava quelle cose che chiedeva a Dio, non domandandole a gran voce, ma sommessamente e con discrezione, anzi, nel segreto stesso del cuore. Parlava con preghiera nascosta, ma con fede manifesta. Parlava non con la voce ma con il cuore, poiché sapeva che così Dio ascolta. Ottenne efficacemente ciò che chiese, perché domandò con fiducia. Lo afferma chiaramente la divina Scrittura: Pregava in cuor suo e muoveva soltanto le sue labbra, ma la voce non si udiva, e l’ascolto il Signore (cfr. 1 Sam 1, 13). Allo stesso modo leggiamo nei salmi: Parlate nei vostri cuori, e pentitevi sul vostro giaciglio (cfr. Sal 4, 5). Per mezzo dello stesso Geremia lo Spirito Santo consiglia e insegna dicendo: Tu, o Signore, devi essere adorato nella coscienza (cfr. Bar 6, 5).
Pertanto, fratelli dilettissimi, chi prega non ignori in quale modo il pubblicano abbia pregato assieme al fariseo nel tempio. Non teneva gli occhi alzati al cielo con impudenza, non sollevava smodatamente le mani, ma picchiandosi il petto condannando i peccati racchiusi nel suo intimo, implorava l’aiuto della divina misericordia. E mentre il fariseo si compiaceva di se stesso, fu piuttosto il pubblicano che meritò di essere giustificato, perché pregava nel modo giusto, perché non aveva riposto la speranza di salvezza nella fiducia della sua innocenza, dal momento che nessuno è innocente. Pregava dopo aver confessato umilmente i suoi peccati. E così colui che perdona agli umili ascoltò la sua preghiera.

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  2 Sam 12, 7-10. 13
Il Signore ha perdonato il tuo peccato; tu non morirai.

Dal secondo libro di Samuele
In quei giorni, Natan disse a Davide: «Così dice il Signore, Dio d’Israele: Io ti ho unto re d’Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul, ti ho dato la casa del tuo padrone e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone, ti ho dato la casa d’Israele e di Giuda e, se questo fosse troppo poco, io vi aggiungerei anche altro.
Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai colpito di spada Urìa l’Ittìta, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammonìti.
Ebbene, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Urìa l’Ittìta».
Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!». Natan rispose a Davide: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai».

Salmo Responsoriale   Dal Salmo 31
Togli, Signore, la mia colpa e il mio peccato.

Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.

Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.

Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia,
mi circondi di canti di liberazione.
Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia!

Seconda Lettura   Gal 2, 16. 19-21
Non vivo più io, ma Cristo vive in me.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Fratelli, sapendo che l’uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno.
In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.
Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano.

Canto al Vangelo   1 Gv 4, 10
Alleluia, alleluia.

Dio ha amato noi e ha mandato il suo Figlio
come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Alleluia.

   
Vangelo
  Lc 7, 36 – 8, 3 Forma breve 7,36-50
Le sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato.

Dal vangelo secondo Luca
[In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo.
Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».
Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene».
E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco».
Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».]
In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.