Sant’Agnese di Boemia
Sant’Agnese di Boemia
Clarissa
– Praga 1211 + 1282
È figlia del re boemo Otakar I e di Costanza, sorella di Andrea II, re d’Ungheria. A tre anni fu affidata per l’educazione alla celebre Santa Edvige, che amorevolmente l’accolse nel monasterocistercense di Trzebnica.
A sei anni era di nuovo a Praga da dove nel 1220 fu condotta a Vienna come promessa sposa di Enrico VII, figlio dell’imperatore
Federico II Barbarossa. Vi rimase fino al 1225, sempre fedele ai principi della morale cristiana.
Quando si sciolse da questo impegno, imposto dal padre per il solito gioco di potere fra le dinastie, rientrò a Praga. Si diede ad una vita di preghiera e di opere di carità.
Consacrò a Dio la propria verginità. Ottenne di ciò riconoscimento dal papa Gregorio IX. Conobbe i primi frati Minori e, tramite loro, la vita di Santa Chiara. Ne fu entusiasta.
La fece propria integralmente. L’applicò al monastero di San Francesco, che lei stessa fondò e di cui, suo malgrado, rimarrà badessa fino alla morte. Ebbe corrispondenza epistolare con Santa Chiara. Questa le scrisse quattro lettere diventate poi famose. Insieme alla Santa di Assisi perorò presso il Pontefice l’approvazione della povertà evangelica come quella dei frati di San Francesco. È il celebre “Privilegium paupertatis”. La fama di santità e di prodigi della clarissa boema si sparse nel mondo.
La fiamma viva dell’ardore divino ardeva continuamente nell’altare del cuore di Agnese. Molto profondo l’amore all’Eucaristia, alla Croce e alla Madre di Gesù. Fu beatificata nel 1874 da Pio IX e canonizzata da Giovanni Paolo II nel 1989.
Sant’Agnese di Praga
tu ti presenti al mondo,
mentre in Assisi Chiara
s’invola in San Damiano.
La successione sembra
di due sapienti atti,
che il cielo stesso recita,
sul palco della terra.
Ti allatta la pia mamma,
in Slesia poi ti educa
la nobile Edwige
all’ombra cistercense.
Sei poi condotta a Vienna,
perché promessa sposa
al grande Enrico Settimo.
Hai solo nove anni!
Purtroppo arriva a tanto
la potestà paterna.
Del gioco dei poteri
poi si sbarazza Dio.
Tu sciogli quel legame;
nella tua patria torni.
Gregorio Nono invochi
per consacrarti a Dio.
Mentre proposte piovono
dai troni dell’Europa
tu costruisci già
il tuo monastero.
Hai dato tutto ai poveri
i beni del tuo rango,
ora te stessa doni
al Re dell’universo.
T’ispiri tutta a Chiara.
A lei con le tue lettere
chiedi celesti lumi
e lei ti fa da madre.
La povertà t’addita
qual titolo più bello
per esser vera sposa
di Cristo Crocifisso.
Lasciasti la corona,
ancella di Boemia.
Sei divenuta ancella
nel regno di Gesù.
Tu bella e pura vergine,
seguendo quelle sagge,
hai messo nella lampada
l’olio in abbondanza.
P.G. Alimonti OFM cap, Vento impetuoso, vol. 3, pp 143-144-145